[Pagina precedente]...ero, che era una maraviglia.
Fece Valerio le medaglie de' dodici imperatori co' lor rovesci, cavate dallo antico, più belle, e gran numero di medaglie greche; intagliò tante altre cose di cristallo, che non si vede altro che pieno le botteghe degli orefici et il mondo che delle cose sua formate o di gesso o di zolfo o d'altre mesture da encavi, dove e' fece storie o figure o teste. Costui aveva una pratica tanto terribile che non fu mai nessuno del suo mestiero che facesse più opere di lui. Condusse ancora a papa Clemente molti vasi di cristalli quale parte donò a diversi principi e parte fur posti in Fiorenza nella chiesa di San Lorenzo insieme con molti vasi che erano in casa Medici, già del Magnifico Lorenzo Vecchio e d'altri di quella illustrissima casa, per conservare le reliquie di molti Santi, che quel pontefice donò per memoria sua a quella chiesa, che non è possibile veder la varietà de' garbi di que' vasi, che son parte di sardoni, agate, amatisti, lapislazzari e parte plasme et elitropie e diaspri, cristalli, corniuole che, per la valuta e bellezza loro, non si può desiderar più.
Fece a papa Paulo Terzo una croce e dua candellieri pur di cristallo, intagliatovi dentro storie della Passione di Gesù Cristo in varii spartimenti di quell'opera, et infinito numero di pietre piccole e grandi che troppo lungo saria il volerne far memoria. Trovasi appresso il cardinal Farnese molte cose di man di Valerio, il quale non lasciò manco cose lavorate, che facesse Giovanni sopra detto, e d'anni settantotto ha fatto con l'occhio e con le mani miracoli stupendissimi, et ha insegnato l'arte a una sua figliuola, che lavora benissimo. [Era] Valerio tanto vago di procacciare antiquità di marmi et impronte di gesso antiche e moderne, e disegni e pitture di mano di rari uomini, che non guardava a spesa niuna. Onde la sua casa in Vicenza è piena e di tante varie cose adorna, che è uno stupore, e nel vero si conosce che quando uno porta amore alla virtù, egli non resta mai infino alla fossa; onde n'ha merito e lode in vita, e si fa doppo la morte inmortale.
Fu Valerio molto premiato delle fatiche sue, et ebbe ufizii e benefizii assai da que' principi che egli servì. Onde possono quegli che sono rimasi doppo lui, mercé d'esso, mantenersi in grado onorato. Costui quando non poté più, per li fastidi che porta seco la vecchiezza, attendere all'arte, né vivere, rese l'anima a Dio l'anno 1546.
Fu ne' tempi a dietro in Parma il Marmita, il quale un tempo attese alla pittura poi si voltò allo intaglio, e fu grandissimo imitatore degli antichi. Di costui si vidde molte cose bellissime. Insegnò l'arte a un suo figliuolo chiamato Lodovico, che stette in Roma gran tempo col cardinal Giovanni de' Salviati, e fece per questo signore quattro ovati intagliati di figure nel cristallo molto eccellenti, che fur messi in una cassetta d'argento bellissima, che fu donata poi alla illustrissima signora Leonora di Tolledo, duchessa di Fiorenza. Costui fece fra molte sue opere un cammeo con una testa di Socrate molto bella, e fu gran maestro di contrafar medaglie antiche, delle quali ne cavò grandissima utilità .
Seguitò in Fiorenza Domenico di Polo fiorentino, eccellente maestro d'incavo, il quale fu discepolo di Giovanni delle Corgnole di che s'è ragionato; il qual Domenico a' nostri giorni ritrasse divinamente il duca Alessandro de' Medici, e ne fé conii in acciaio e bellissime medaglie con un rovescio, dentrovi una Fiorenza. Ritrasse ancora il duca Cosimo il primo anno che fu eletto al governo di Fiorenza; e nel rovescio fece il segno del capricorno e molti altri intagli di cose piccole che non scade farne memoria, e morì d'età d'anni 65.
Morto Domenico, Valerio e il Marmita e Giovanni da Castel Bolognese, rimasono molti che gli hanno di gran lunga avanzati, come in Venezia Luigi Anichini ferrarese, il quale, di sottigliezza d'intaglio e di acutezza di fine, ha le sue cose fatto apparire mirabili; ma molto più ha passato innanzi a tutti in grazia, bontà et in perfezione e nell'essere universale, Alessandro Cesari, cognominato il Greco, il quale ne' cammei e nelle ruote ha fatto intagli di cavo e di rilievo con tanta bella maniera, e così in conii d'acciaio in cavo con i bulini, ha condotte le minutezze dell'arte con quella estrema diligenza, che maggior non si può imaginare, e chi vuole stupire de' miracoli suoi, miri una medaglia fatta a papa Pavolo Terzo del ritratto suo che par vivo, col suo rovescio, dove Alessandro Magno che, gettato a' piedi del gran sacerdote di Ierosolima, lo adora, che non figure da stupire e che non è possibile far meglio; e Michelagnolo Buonarroti stesso guardandole, presente Giorgio Vasari, disse che era venuto l'ora della morte nell'arte perciò che non si poteva veder meglio.
Costui fé per papa Iulio Terzo la sua medaglia l'anno santo 1550, con un rovescio di que' prigioni che al tempo degli antichi erano ne' lor giubilei liberati, che fu bellissima e rara medaglia, con molti altri conii e ritratti per le zecche di Roma, la quale ha tenuta esercitata molti anni. Ritrasse Pierluigi Farnese duca di Castro, il duca Ottavio suo figliuolo, et al cardinale Farnese fece in una medaglia il suo ritratto: cosa rarissima, ché la testa fu d'oro e 'l campo d'argento. Costui condusse la testa del re Arrigo di Francia per il cardinale Farnese della grandezza più d'un giulio in una corniuola, incavò d'intaglio in cavo che è stato uno de' più begli intagli moderni che si sia veduto mai, per disegno, grazia, bontà e diligenza. Vedesi ancora molti altri intagli di sua man in cammei, e perfettissima una femina ignuda fatta con grande arte, e così un altro dove è un leone e parimente un putto, e molti piccoli che non scade ragiornarne; ma quello che passò tutti, fu la testa di Fotione ateniese, che è miracolosa et il più bello cameo che si possa vedere.
Si adopera ancora oggi ne cammei Giovanantonio de' Rossi milanese, bonissimo maestro, il quale, oltra alle belle opere che ha fatto di rilievo e di cavo in varii intagli, ha per lo illustrissimo duca Cosimo de' Medici condotto un cammeo grandissimo, cioè un terzo di braccio alto e largo parimente, nel quale ha cavato dal mezzo in su due figure, cioè Sua Eccellenza e la illustrissima duchessa Leonora sua consorte, che ambidue tengano un tondo con le mani dentrovi una Fiorenza; sono apresso a questi ritratti di naturale il principe don Francesco con don Giovanni cardinale, don Garzia e don Arnando, e don Pietro insieme con donna Isabella e donna Lucrezia, tutti lor figliuoli, che non è possibile vedere la più stupenda opera di cammeo, né la maggior di quella, e perch'ella supera tutti i cammei et opere piccole che egli ha fatti, non ne farò altra menzione potendosi veder l'opere.
Cosimo, da Trezzo, ancora ha fatto molte opere degne di questa professione, il quale ha meritato, per le rare qualità sue, che il gran re Filippo Cattolico di Spagna lo tenga apresso di sé con premiallo et onorallo per le virtù sue nello intaglio in cavo e di rilievo della medesima professione, che non ha pari per far ritratti di naturale, nel quale egli vale infinitamente, e nell'altre cose.
Di Filippo Negrolo milanese, intagliatore di cesello in arme di ferro con fogliami e figure, non mi distenderò avendo operato, come si vede, in rame, cose che si veggono fuor di suo, che gli hanno dato fama grandissima. E Gasparo e Girolamo Misuroni milanesi intagliatori, di quali s'è visto vasi e tazze di cristallo bellissime, e particolarmente hanno condotti per il duca Cosimo dua che son miracolosi, oltre che ha fatto in un pezzo di elitropia un vaso di maravigliosa grandezza e di mirabile intaglio, così un vaso grande di lapislazari, che ne merita lode infinita; et Iacopo da Trezzo fa in Milano il medesimo; che nel vero hanno renduta questa arte molto bella e facile.
Molti sarebbano che io potrei raccontare, che nello intaglio di cavo per le medaglie, teste e rovesci, che hanno paragonato e passato gli antichi, come Benvenuto Cellini, che al tempo che egli esercitò l'arte dello orefice in Roma sotto papa Clemente, fece dua medaglie dove, oltra alla testa di papa Clemente che somigliò che par viva, fé in un rovescio la Pace che ha legato il Furore e bruscia l'armi, e nell'altra Moisè che, avendo percosso la pietra, ne cava l'acqua per il suo popolo assetato, che non si può far più in quell'arte così; poi nelle monete e medaglie che fece per il duca Alessandro in Fiorenza. Del cavalier Lione Aretino, che in questo fatto il medesimo, altrove se ne farà memoria e delle opere che ha fatto e che egli fa tuttavia.
Pietropavolo Galeotto romano, fece ancor lui, e fa appresso il duca Cosimo, medaglie de' suoi ritratti, e conii di monete, et opere di tarsia immitando gl'andari di maestro Salvestro, che in tale professione fece in Roma cose maravigliose, eccellentissimo maestro.
Pastorino da Siena ha fatto il medesimo nelle teste di naturale, che si può dire che abbi ritratto tutto il mondo di persone, e signori grandi e virtuosi, et altre basse genti; costui trovò uno stucco sodo da fare i ritratti che venissino coloriti a guisa de' naturali, con le tinte delle barbe, capelli e color di carni, che l'ha fatte parer vive; ma si debbe molto più lodare negli acciai, di che ha fatto conii di medaglie eccellenti. Troppo sarei lungo se io avessi di questi che fanno ritratti di medaglie di cera a ragionare, perché oggi ogni orefice fa, e gentiluomini assai vi si son dati e vi atendano, come Giovanbatista Sozini a Siena et il Rosso de' Giugni a Fiorenza et infiniti altri, che non vo' ora più ragionare, e, per dar fine a questi, tornerò agli intagliatori di acciaio, come Girolamo Fagiuoli bolognese, intagliatore di cesello e di rame, et in Fiorenza Domenico Poggini, che ha fatto e fa conii per la zecca con le medaglie del duca Cosimo, e lavora di marmo statue, imitando in quel che può i più rari et eccellenti uomini che abbin fatto mai cose rare in queste professioni.
VITA DI MARCANTONIO BOLOGNESE E D'ALTRI INTAGLIATORI DI STAMPE
Perché nelle teoriche della pittura si ragionò poco delle stampe di rame, bastando per allora mostrare il modo dell'intagliar l'argento col bulino - che è un ferro quadro tagliato a sghembo e che ha il taglio sottile - se ne dirà ora, con l'occasione di questa vita, quanto giudicheremo dovere essere a bastanza. Il principio dunque dell'intagliare le stampe venne da Maso Finiguerra fiorentino, circa gl'anni di nostra salute 1460, perché costui tutte le cose che intagliò in argento, per empierle di niello, le improntò con terra, e gittatovi sopra solfo liquifatto, vennero improntate e ripiene di fumo; onde a olio mostravano il medesimo che l'argento. E ciò fece ancora con carta umida e con la medesima tinta aggravandosi sopra con un rullo tondo, ma piano per tutto. Il che non solo le faceva apparire stampate, ma venivano come disegnate di penna. Fu seguitato costui da Baccio Baldini orefice fiorentino, il quale non avendo molto disegno, tutto quello che fece fu con invenzione e disegno di Sandro Botticello. Questa cosa venuta a notizia d'Andrea Mantegna in Roma, fu cagione che egli diede principio a intagliare molte sue opere, come si disse nella sua vita.
Passata poi questa invenzione in Fiandra, un Martino, che allora era tenuto in Anversa eccellente pittore, fece molte cose e mandò in Italia gran numero di disegni stampati, i quali tutti erano contrasegnati in questo modo: M C. Et i primi furono le cinque vergini stolte con le lampade spente e le cinque prudenti con le lampade accese, et un Cristo in croce con San Giovanni e la Madonna a' piedi; il quale fu tanto buono intaglio, che Gherardo miniatore fiorentino si mise a contrafarlo di bulino, e gli riuscì benissimo. Ma non seguitò più oltre, perché non visse molto. Dopo mandò fuora Martino in quattro tondi i quattro Evangelisti, et in carte piccole Gesù Cristo con i dodici Apostoli, e Veronica con sei Santi della medesima grandezza, et alcune arme di signori tedeschi sostenute da uomini nudi e vestiti e da donne; mandò ...
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