[Pagina precedente]... fra' Cherubino, e fu bellissimo scrittore e miniatore. Il terzo, che fu frate di San Domenico, osservante e chiamato fra' Girolamo, volle per umiltà esser converso, e fu non pur di santa e buona vita, ma anco ragionevole dipintore, come si vede nel convento di San Domenico in Mantoa, dove, oltre all'altre cose, fece nel refettorio un bellissimo Cenacolo e la passione del Signore, che per la morte sua rimase imperfetta. Dipinse il medesimo quel bellissimo Cenacolo che è nel rifettorio de' monaci di San Benedetto, nella ricchissima badia che hanno in sul mantoano. In San Domenico fece l'altare del Rosaio; et in Verona nel convento di Santa Nastasia fece a fresco una Madonna, San Remigio vescovo e Santa Nastasia, nel secondo chiostro; e sopra la seconda porta del Martello, in un archetto una Madonna, San Domenico e San Tommaso d'Aquino, e tutti di pratica. Fu fra' Girolamo persona semplicissima e tutto alieno dalle cose del mondo, e standosi in villa a un podere del convento, per fuggire ogni strepito et inquietudine, teneva i danari che gl'erano mandati dall'opere, de' quali si serviva a comperare colori et altre cose, in una scatola senza coperchio appiccata al palco, nel mezzo della sua camera, di maniera che ognuno che voleva potea pigliarne. E per non si avere a pigliar noia ogni giorno di quello che avesse a mangiare, coceva il lunedì un caldaio di fagiuoli per tutta la settimana. Venendo poi la peste in Mantoa, et essendo gl'infermi abbandonati da ognuno, come si fa in simili casi, fra' Girolamo, non da altro mosso che da somma carità , non abbandonò mai i poveri padri ammorbati; anzi con le proprie mani gli servì sempre; e così, non curando di perdere la vita per amore di Dio, s'infettò di quel male e morì di sessanta anni, con dolore di chiunche lo conobbe.
Ma tornando a Francesco Monsignori, egli ritrasse, il che mi si era di sopra scordato, il Conte Ercole Giusti veronese, grande di naturale con una roba d'oro indosso, come costumava di portare, che è bellissimo ritratto, come si può vedere in casa il conte Giusto suo figliuolo.
Domenico Moroni, il quale nacque in Verona circa l'anno 1430, imparò l'arte della pittura da alcuni che furono discepoli di Stefano, e dall'opere che egli vide e ritrasse del detto Stefano, di Iacopo Bellini, di Pisano e d'altri. E per tacere molti quadri, che fece sicondo l'uso di que' tempi, che sono ne' monasteri e nelle case di privati, dico ch'egli dipinse a chiaro scuro di terretta verde la facciata d'una casa della comunità di Verona sopra la piazza detta de' Signori, dove si veggiono molte fregiature et istorie antiche con figure et abiti de' tempi a dietro molto bene accomodati. Ma il meglio che si veggia di man di costui è in San Bernardino il Cristo menato alla croce, con moltitudine di gente e di cavalli, che è nel muro sopra la capella del Monte della Pietà , dove fece Liberale la tavola del Deposto con quegl'Angeli che piangono. Al medesimo fece dipignere dentro e fuori la capella, che è vicina a questa, con ricchezza d'oro e molta spesa, Messer Niccolò de' Medici cavaliere, il quale era in quei tempi stimato il maggior ricco di Verona; et il quale spese molti danari in altre opere pie, sì come quello che era a ciò da natura inclinato. Questo gentiluomo, dopo aver molti monasterii e chiese edificato, né lasciato quasi luogo in quella città ove non facesse qualche segnalata spesa in onore di Dio, si elesse la sopra detta capella per sua sepoltura, negl'ornamenti della quale si servì di Domenico allora più famoso d'altro pittore in quella città , essendo Liberale a Siena. Domenico adunque dipinse nella parte di dentro di questa capella miracoli di Santo Antonio da Padoa, a cui è dedicata, e vi ritrasse il detto cavaliere in un vecchio raso col capo bianco e senza berretta, con veste lunga d'oro, come costumavano di portare i cavalieri in que' tempi; la quale opera per cosa in fresco è molto ben disegnata e condotta. Nella volta poi di fuori, che è tutta messa a oro, dipinse in certi tondi i quattro Evangelisti, e nei pilastri dentro e fuori fece varie figure di Santi; e fra l'altre Santa Elisabetta del terzo Ordine di San Francesco, Santa Elena e Santa Caterina, che sono figure molto belle, e per disegno, grazia e colorito molto lodate. Quest'opera dunque può far fede della virtù di Domenico e della magnificenza di quel cavaliere.
Morì Domenico molto vecchio e fu sepolto in San Bernardino, dove sono le dette opere di sua mano, lasciando erede delle facultà e della virtù sua Francesco Morone, suo figliuolo, il quale avendo i primi principii dell'arte apparati dal padre, s'affaticò poi di maniera che in poco tempo riuscì molto miglior maestro che il padre stato non era; come l'opere che fece a concorrenza di quelle del padre chiaramente ne dimostrano.
Dipinse adunque Francesco, sotto l'opera di suo padre, all'altare del Monte nella chiesa, detta di San Bernardino, a olio le portelle che chiuggono la tavola di Liberale. Nelle quali, dalla parte di dentro, fece in una la Vergine e nell'altra San Giovanni Evangelista grandi quanto il naturale, e bellissime nelle facce che piangono, nei panni et in tutte l'altre parti. Nella medesima capella dipinse a basso, nella facciata del muro che fa capo al tramezzo, il miracolo che fece il Signore dei cinque pani e due pesci che saziarono le turbe: dove sono molte figure belle e molti ritratti di naturale; ma sopra tutto è lodato un San Giovanni Evangelista che è tutto svelto e volge le reni in parte al popolo. Appresso fece nell'istesso luogo, allato alla tavola, nei vani del muro la quale è appoggiata, un San Lodovico vescovo e frate di San Francesco, et un'altra figura; e nella volta, in un tondo che fora, certe teste che scortano. E queste opere tutte sono molto lodate dai pittori veronesi.
Dipinse nella medesima chiesa, fra questa capella e quella de' Medici, all'altare della Croce, dove sono tanti quadri di pittura, un quadro, che è nel mezzo sopra tutti, dove è Cristo in croce, la Madonna e San Giovanni, che è molto bello; e dalla banda manca di detto altare, dipinse in un altro quadro, che è sopra quello del Carota, il Signore che lava i piedi agl'Apostoli, che stanno in varie attitudini; nella quale opera dicono che ritrasse questo pittore se stesso in figura d'uno che serve a Cristo a portar l'acqua. Lavorò Francesco alla capella degl'Emilii nel Duomo un San Iacopo e San Giovanni, che hanno in mezzo Cristo che porta la croce, e sono queste due figure di tanta bellezza e bontà , quanto più non si può disiderare. Lavorò il medesimo molte cose a Lonico, in una badia de' monaci di Monte Oliveto, dove concorrono molti popoli a una figura della Madonna che in quel luogo fa miracoli assai.
Essendo poi Francesco amicissimo e come fratello di Girolamo dai Libri pittore e miniatore, presero a lavorare insieme le portelle degl'organi di Santa Maria in Organo de' frati di Monte Oliveto, in una delle quali fece Francesco, nel difuori, un San Benedetto vestito di bianco e San Giovanni Evangelista, e nel didentro Daniello et Isaia profeti, con due Angioletti in aria et il campo tutto pieno di bellissimi paesi. E dopo dipinse l'ancona dell'altare della Muletta, facendovi un San Piero et un San Giovanni che sono poco più d'un braccio d'altezza, ma lavorati tanto bene e con tanta diligenza, che paiono miniati. E gl'intagli di quest'opera fece fra' Giovanni da Verona, maestro di tarsie e d'intaglio.
Nel medesimo luogo dipinse Francesco nella facciata del coro due storie a fresco, cioè quando il Signore va sopra l'asina in Ierusalem e quando fa orazione nell'orto dove sono in disparte le turbe armate che, guidate da Giuda, vanno a prenderlo. Ma sopra tutte è bellissima la sagrestia in volta, tutta dipinta dal medesimo, eccetto il Santo Antonio battuto dai demonii, il quale si dice essere di mano di Domenico suo padre. In questa sagrestia dunque, oltre il Cristo che è nella volta et alcuni Angioletti che scortano all'insù, fece nelle lunette diversi papi, a due a due per nicchia, in abito pontificale, i quali sono stati dalla Relligione di San Benedetto assunti al pontificato. Intorno poi alla sagrestia, sotto le dette lunette della volta, è tirato un fregio alto quattro piedi e diviso in certi quadri nei quali sono in abito monastico dipinti alcuni imperatori, re, duchi et altri principi, che lasciati gli stati e' principati che avevano, si sono fatti monaci. Nelle quale figure ritrasse Francesco dal naturale molti dei monaci che mentre vi lavorò abitarono o furono per passaggio in quel monasterio. E fra essi vi sono ritratti molti novizii et altri monaci d'ogni sorte, che sono bellissime teste e fatte con molta diligenza. E nel vero fu allora, per questo ornamento, quella la più bella sagrestia che fusse in tutta Italia, perché, oltre alla bellezza del vaso ben proporzionato e di ragionevole grandezza, e le pitture dette che sono bellissime, vi è anco da basso una spalliera di banchi lavorati di tarsie e d'intaglio con belle prospettive, così bene che in que' tempi, e forse anche in questi nostri, non si vede gran fatto meglio, perciò che fra' Giovanni da Verona, che fece quell'opera, fu eccellentissimo in quell'arte, come si disse nella vita di Raffaello da Urbino, e come ne dimostrano, oltre molte opere fatte nei luoghi della sua Relligione, quelle che sono a Roma nel palazzo del papa, quelle di Monte Oliveto di Chiusuri in sul sanese et in altri luoghi. Ma quelle di questa sagrestia sono di quante opere fece mai fra' Giovanni le migliori; perciò che si può dire che quanto nell'altre vinse gl'altri, tanto in queste avanzasse se stesso. Intagliò fra' Giovanni per questo luogo, fra l'altre cose, un candeliere alto più di quattordici piedi per lo cero pasquale, tutto di noce, con incredibile diligenza; onde non credo che per cosa simile si possa veder meglio.
Ma tornando a Francesco, dipinse nella medesima chiesa la tavola che è alla capella de' conti Giusti, nella quale fece la Madonna e Santo Agostino e San Martino in abiti pontificali. E nel chiostro fece un Deposto di croce con le Marie et altri Santi che per cose a fresco in Verona sono molto lodate. Nella chiesa della Vettoria dipinse la capella de' Fumanelli, sotto il tramezzo che sostiene il coro, fatto edificare da Messer Niccolò de' Medici cavaliere, e nel chiostro una Madonna a fresco. E dopo ritrasse di naturale Messer Antonio Fumanelli, medico famosissimo per l'opere da lui scritte in quella professione. Fece anco a fresco sopra una casa, che si vede quando si cala il ponte delle Navi per andar a San Polo, a man manca, una Madonna con molti Santi che è tenuta, per disegno e per colorito, opera molto bella. Et in Brà , sopra la casa de' Sparvieri, dirimpetto all'orto de' frati di San Fermo, ne dipinse un'altra simile. Altre cose assai dipinse Francesco, delle quali non accade far menzione essendosi dette le migliori; basta che egli diede alle sue pitture grazia, disegno, unione e colorito vago et acceso quanto alcun altro.
Visse Francesco anni cinquantacinque e morì a dì sedici di maggio 1529, e fu sepolto in San Domenico accanto a suo padre, e volle essere portato alla sepoltura vestito da frate di San Francesco. Fu persona tanto da bene e così relligiosa e costumata, che mai s'udì uscire di sua bocca parola che meno fusse che onesta.
Fu discepolo di Francesco e seppe molto più che il maestro Paulo Cavazzuola veronese, il quale fece molte opere in Verona: dico in Verona, perché in altro luogo non si sa che mai lavorasse. In San Nazzario, luogo de' monaci neri in Verona, dipinse molte cose a fresco, vicino a quelle di Francesco suo maestro, che tutte sono andate per terra nel rifarsi quella chiesa dalla pia magnanimità del reverendo padre don Mauro Lonichi, nobile veronese et abbate di quel monasterio. Dipinse similmente a fresco, sopra la casa vecchia de' Fumanelli nella via del Paradiso, la Sibilla che mostra ad Augusto il Signor Nostro in aria nelle braccia della Madre; la quale opera, per delle prime che Paulo facesse, è assai bella. Alla ...
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