[Pagina precedente]...ele in Bosco, insieme col ritratto del reverendo padre don Cipriano da Verona, che due volte fu generale de' monaci di Monte Oliveto, acciò io me ne servissi, come feci, in una di quelle tavole. Il quale ritratto mandatomi da Giovanni è oggi in casa mia in Fiorenza con altre pitture di mano di diversi maestri.
Giovanni finalmente d'anni sessanta in circa, essendo vivuto senza figliuoli e senza ambizione e con buone facultà , si morì, essendo molto lieto per vedere alcuni suoi discepoli in buona reputazione, cioè Anselmo Canneri e Paulo Veronese, che oggi lavora in Vinezia et è tenuto buon maestro. Anselmo ha lavorato molte opere a olio et in fresco, e particolarmente alla Soranza in sul Tesino, et a Castel Franco nel palazzo de' Soranzi et in altri molti luoghi, e più che altrove in Vicenza. Ma per tornare a Giovanni, fu sepolto in Santa Maria dell'Organo, dove aveva dipinto di sua mano la capella.
Francesco Torbido detto il Moro, pittore veronese, imparò i primi principii dell'arte, essendo ancor giovinetto, da Giorgione da Castel Franco, il quale immitò poi sempre nel colorito e nella morbidezza. Ma essendo il Moro a punto in sull'acquistare venuto a parole con non so chi, lo conciò di maniera che fu forzato partirsi di Vinezia e tornare a Verona, dove, dismessa la pittura, per essere alquanto manesco e praticare con giovani nobili, sì come colui che era di bonissime creanze, stette senza essercitarsi un tempo. E così praticando fra gl'altri con i conti Sanbonifazii e' conti Giusti, famiglie illustri di Verona, si fece tanto loro domestico, che non solo abitava le case loro come se in quelle fusse nato, ma non andò molto che il conte Zenoello Giusti gli diede una sua naturale figliuola per moglie, dandogli nelle proprie case un apparamento commodo per lui, per la moglie e per i figli che gli nacquero.
Dicono che Francesco, stando ai servigi di que' signori, portava sempre il lapis nella scarsella, et in ogni luogo dove andava, pur che n'avesse agio, dipignea qualche testa o altro sopra le mura. Per che il detto conte Zenovello. vedendolo tanto inclinato alla pittura, alleggeritolo d'altri negozii, fece, come generoso signore, ch'egli si diede tutto all'arte, e perché egli si era poco meno che scordato ogni cosa, si mise, col favor di detto signore, sotto Liberale, allora famoso dipintore e miniatore. E così non lasciando mai di praticare col maestro, andò tanto di giorno in giorno acquistando, che non solo si risvegliarono in lui le cose dimenticate, ma n'ebbe in poco tempo acquistate tanto dell'altre, quante bastarono a farlo valentuomo. Ma è ben vero che, se bene tenne sempre la maniera di Liberale, immitò nondimeno nella morbidezza e colorire sfumato Giorgione suo primo precettore, parendogli che le cose di Liberale, buone per altro, avessero un poco del secco.
Liberale, adunque, avendo conosciuto il bello spirito di Francesco, gli pose tanto amore, che venendo a morte lo lasciò erede del tutto e l'amò sempre come figliuolo; e così morto Liberale e rimaso Francesco nell'aviamento, fece molte cose che sono per le case private. Ma quelle che sopra l'altre meritano essere comendate, e sono in Verona, sono primieramente la capella maggiore del Duomo, colorita a fresco, nella volta della quale sono, in quattro gran quadri, la natività della Madonna, la presentazione al tempio, et in quello di mezzo, che pare che sfondi, sono tre Angeli in aria che scortano all'insù e tengono una corona di stelle per coronar la Madonna, la quale è poi nella nicchia accompagnata da molti Angeli mentre è assunta in cielo, e gl'Apostoli in diverse maniere et attitudini guardano in su, i quali Apostoli sono figure il doppio più che il naturale. E tutte queste pitture furono fatte dal Moro col disegno di Giulio Romano, come volle il vescovo Giovan Matteo Giberti, che fece far quest'opera, e fu come si detto amicissimo del detto Giulio. Appresso dipinse il Moro la facciata della casa de' Manuelli, fondata sopra la spalla del ponte nuovo, e la facciata di Torello Saraina dottore, il quale fece il sopra detto libro dell'antichità di Verona.
Nel Friuli dipinse similmente a fresco la capella maggiore della badia di Rosazzo per lo vescovo Giovan Matteo, che l'aveva in comenda e riedificò, come signor da bene e veramente relligioso, essendo stata empiamente lasciata, come le più si ritrovano essere, in rovina da chi avanti a lui l'aveva tenuta in comenda et atteso a trarne l'entrate senza spendere un picciolo in servigio di Dio e della chiesa. A olio poi dipinse il Moro in Verona e Vinezia molte cose; et in Santa Maria in Organo fece, nella facciata prima, le figure che vi sono a fresco, eccetto l'Angelo Michele e l'Angiolo Raffaello, che sono di mano di Paulo Cavazzuola, et a olio fece la tavola della detta capella, dove nella figura d'un San Iacopo ritrasse Messer Iacopo Fontani che la fece fare, oltre la Nostra Donna et altre bellissime figure; e sopra la detta tavola, in un semicirculo grande quanto il foro della capella, fece la Trasfigurazione del Signore e gl'Apostoli a basso, che furono tenute delle migliori figure che mai facesse. In Santa Eufemia alla capella de' Bombardieri fece in una tavola Santa Barbara in aria, e nel mezzo e da basso un Santo Antonio che la mano alla barba, che è una bellissima testa, e dall'altro lato un San Rocco similmente tenuto bonissima figura, onde meritamente è tenuta quest'opera per lavorata con estrema diligenza et unione di colori. Nella Madonna della Scala all'altare della santificazione fece un San Bastiano in un quadro a concorrenza di Paulo Cavazzuola, che in un altro fece un San Rocco, e dopo fece una tavola, che fu portata a Bagolino, terra nelle montagne di Brescia.
Fece il Moro molti ritratti, e nel vero le sue teste sono belle a maraviglia, e molto somigliano coloro per cui son fatte. In Verona ritrasse il conte Francesco San Bonifazio detto, per la grandezza del corpo, il conte Lungo, et uno de' Franchi, che fu una testa stupenda. Ritrasse anco Messer Girolamo Verità , ma perché il Moro era anzi lungo nelle sue cose che no, questo si rimase imperfetto. Ma nondimeno così imperfetto è appresso i figliuoli di quel buon signore. Ritrasse anco, oltre molti altri, monsignor de' Martini viniziano, cavalier di Rodi, et al medesimo vendé una testa maravigliosa per bellezza e bontà , la quale aveva fatta molti anni prima per ritratto d'un gentiluomo viniziano, figliuolo d'uno allora capitano in Verona. La quale testa, per avarizia di colui che mai non la pagò, si rimase in mano del Moro, che n'accomodò detto monsignor Martini, il quale fece quello del viniziano mutare in abito di pecoraio o pastore, la quale testa, che è così rara, come qual si voglia uscita da altro artefice, è oggi in casa gl'eredi di detto monsignore tenuta, e meritamente, in somma venerazione. Ritrasse in Vinezia Messer Alessandro Contarino, procuratore di S. Marco e provveditore dell'armata; e Messer Michele San Michele per un suo carissimo amico, che portò quel ritratto ad Orvieto; et un altro, si dice, che ne fece del medesimo Messer Michele architetto, che è ora appresso Messer Paulo Ramusio figliuolo di Messer Giovambatista. Ritrasse il Fracastoro celebratissimo poeta ad instanza di monsignor Giberti, che lo mandò al Giovio, il quale lo pose nel suo museo. Fece il Moro molte altre cose, delle quali non accade far menzione, come che tutte sieno dignissime di memoria, per essere stato così diligente coloritore quanto altro che visse a' tempi suoi, e per avere messo nelle sue opere molto tempo e fatica. Anzi tanta diligenza era in lui, come si vede anco talora in altri, che più tosto gli dava biasimo, atteso che tutte l'opere accettava e da ognuno l'arra, e poi le finiva quando Dio voleva. E se così fece in giovanezza, pensi ogni uomo quello che dovette fare negl'ultimi anni, quando, alla sua natural tardità , s'aggiunse quella che porta seco la vecchiezza. Per lo quale suo modo di fare, ebbe spesso con molti degl'impacci e delle noie più che voluto non arebbe. Onde mossosi a compassione di lui Messer Michele San Michele, se lo tirò in casa in Vinezia e lo trattò come amico e virtuoso.
Finalmente richiamato il Moro dai conti Giusti suoi vecchi padroni in Verona, si morì appresso di loro nei bellissimi palazzi di Santa Maria in Stella e fu sepolto nella chiesa di quella villa, essendo accompagnato da tutti quegli amorevolissimi signori alla sepoltura; anzi riposto dalle loro proprie mani con affezzione incredibile, amandolo essi come padre, sì come quelli erano nati e cresciuti mentre egli stava in casa loro.
Fu il Moro nella sua giovanezza destro e valoroso della persona e maneggiò benissimo ogni sorte d'arme. Fu fedelissimo agl'amici e patroni suoi, et ebbe spirito in tutte le sue azzioni. Ebbe amici particolari Messer Michele San Michele architetto, il Danese da Carrara scultore eccellente, et il molto reverendo e dottissimo fra' Marco de' Medici, il quale dopo i suoi studii andava spesso a starsi col Moro per vederlo lavorare e ragionar seco amichevolmente, per ricrear l'animo quando era stracco negli studi.
Fu discepolo e genero del Moro (avendo egli avuto due figliuole) Battista d'Agnolo, che fu poi detto Battista del Moro, il quale, se bene ebbe che fare un pezzo per l'eredità che gli lasciò molto intrigata il Moro, ha lavorato nondimeno molte cose che non sono se non ragionevoli. In Verona ha fatto un San Giovambatista, nella chiesa delle monache di San Giuseppo; et a fresco in Santa Eufemia, nel tramezzo sopra l'altare di San Paulo, l'istoria di quel Santo quando, convertito da Cristo, s'appresenta ad Anania; la quale opera, se ben fece essendo giovinetto, è molto lodata. Ai signori conti Canossi dipinse due camere et in una sala due fregi di battaglie, molto belli e lodati da ognuno. In Vinezia dipinse la facciata d'una casa vicina al Carmine, non molto grande, ma ben molto lodata: dove fece una Vinezia coronata e sedente sopra un lione, insegna di quella republica. [A] Camillo Trivisano dipinse la facciata della sua casa a Murano, et insieme con Marco suo figliuolo dipinse il cortile di dentro d'istorie di chiaro scuro bellissime. Et a concorrenza di Paulo Veronese dipinse nella medesima casa un camerone che riuscì tanto bello, che gl'acquistò molto onore et utile. Ha lavorato il medesimo molte cose di minio, et ultimamente in una carta bellissima un Santo Eustachio che adora Cristo apparitogli fra le corna d'una cervia, e due cani appresso che non possono essere più belli, oltre un paese pieno d'alberi che, andando pian piano alontanandosi e diminuendo, è cosa rarissima. Questa carta è stata lodata sommamente da infiniti che l'hanno veduta, e particolarmente dal Danese da Carrara, che la vide trovandosi in Verona a metter in opera la capella de' signori Fregosi, che è cosa rarissima fra quante ne sieno oggidì in Italia. Il Danese adunque, veduta questa carta, restò stupefatto per la sua bellezza, e persuase al sopra detto fra' Marco de' Medici suo antico e singolare amico, che per cosa del mondo non se la lasciasse uscir di mano, per metterla fra l'altre sue cose rare che ha in tutte le professioni. Per che avendo inteso Battista che il detto padre n'aveva disiderio, per la stessa amicizia, la quale sapea che aveva con il suo suocero tenuta, gliele diede, e quasi lo sforzò, presente il Danese, ad accettarla. Ma nondimeno gli fu di pari cortesia quel buon padre non ingrato. Ma perché il detto Battista e Marco suo figliuolo sono vivi, e tuttavia vanno operando, non si dirà altro di loro al presente.
Ebbe il Moro un altro discepolo chiamato Orlando Fiacco, il quale è riuscito buon maestro e molto pratico in far ritratti, come si vede in molti che n'ha fatti bellissimi e molto simili al naturale. Ritrasse il cardinal Caraffa nel suo ritorno di Germania, e lo rubò a lume di torchi mentre che nel Vescovado di Verona cenava; e fu tanto simile al vero, che non si sarebbe potuto migliorare. Ritrasse anco, e molto vivamente, il cardinal Lorena quando venendo dal Concilio di Trento passò ...
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