[Pagina precedente]...ello, e quelli che non mangiarono, scherzando fra loro, se le trassero dietro per tutta quella contrada. La quale cosa, avendo risaputa il re, dopo essersi preso spasso della burla con i cortigiani, ringraziò il frate di quanto, per piacere a lui, avea fatto, facendogli appresso sì fatto dono, che restò consolato.
Fu uomo fra' Iocondo di santa e bonissima vita, e molto amato da tutti i grandi uomini di lettere dell'età sua, e particolarmente da Domizio Calderino, Matteo Basso e Paulo Emilio, che scrisse l'istorie franzese, e tutti e tre suoi compatrioti. Fu similmente suo amicissimo il Sanazzaro, il Budeo et Aldo Manuzio e tutta l'Accademia di Roma, e fu suo discepolo Iulio Cesare Scaligero, uomo litteratissimo de' tempi nostri. Morì finalmente vecchissimo, ma non si sa in che tempo a punto, né in che luogo, e per consequenza né dove fusse sotterrato.
Sì come è vero che la città di Verona, per sito, costumi et altre parti, è molto simile a Firenze, così è vero che in essa, come in questa, sono fioriti sempre bellissimi ingegni in tutte le professioni più rare e lodevoli. E per non dire dei litterati, non essendo questa mia cura, e seguitando il parlare degl'uomini dell'arti nostre che hanno sempre avuto in quella nobilissima città onorato albergo, dico che Liberale veronese, discepolo di Vincenzio di Stefano della medesima patria, del quale si è in altro luogo ragionato, et il quale fece l'anno 1463 a Mantoa, nella chiesa d'Ogni Santi de' monaci di S. Benedetto, una Madonna, che fu, secondo que' tempi, molto lodata; immitò la maniera di Iacopo Bellini per che, essendo giovanetto, mentre lavorò il detto Iacopo la capella di S. Nicolò di Verona, attese sotto di lui per sì fatta guisa agli studii del disegno che, scordatosi quello che imparato avea da Vincenzio di Stefano, prese la maniera del Bellini, e quella si tenne sempre.
Le prime pitture di Liberale furono nella sua città in S. Bernardino alla capella del Monte della Pietà , dove fece nel quadro principale un Deposto di croce e certi Angeli, alcuni de' quali hanno in mano i misterii, come si dice, della Passione, e tutti in volto mostrano pianto e mestizia per la morte del Salvatore. E nel vero hanno molto del vivo, sì come hanno l'altre cose simili di costui, il quale volle mostrare in più luoghi che sapea fare piangere le figure; come che si vide in Santa Nastasia pur di Verona, e chiesa de' frati di S. Domenico, dove, nel frontespizio della capella de' Buonaveri, fece un Cristo morto e pianto dalle Marie. E della medesima maniera e pittura che è l'altra opera sopra detta, fece molti quadri che sono sparsi per Verona in casa di diversi gentiluomini. Nella medesima capella fece un Dio Padre con molti Angeli attorno che suonano e cantano, e dagli lati fece tre figure per parte: da una S. Piero, San Domenico e San Tommaso d'Aquino; e dall'altra Santa Lucia, Santa Agnesa et un'altra Santa; ma le prime tre son migliori, meglio condotte e con più rilievo. Nella facciata di detta capella fece la Nostra Donna e Cristo fanciullo che sposa Santa Caterina vergine e martire; et in questa opera ritrasse Messer Piero Buonanni, padrone della capella; et intorno sono alcuni Angeli che presentano fiori e certe teste che ridono, e sono fatte allegre con tanta grazia, che mostrò così sapere fare il riso come il pianto avea fatto in altre figure. Dipinse nella tavola della detta capella Santa Maria Madalena in aria, sostenuta da certi Angeli, et a basso Santa Caterina, che fu tenuta bell'opera.
Nella chiesa di Santa Maria della Scala de' frati de' Servi, all'altare della Madonna, fece la storia de' Magi in due portegli, che chiuggono quella Madonna tenuta in detta città in somma venerazione. Ma non vi stettero molto che, essendo guasti dal fumo delle candele, fu levata e posta in sagrestia, dove è molto stimata dai pittori veronesi. Dipinse a fresco nella chiesa di San Bernardino, sopra la capella della Compagnia della Madalena, nel tramezzo, la storia della purificazione, dove è assai lodata la figura di Simeone et il Cristo puttino che bacia con molto affetto quel vecchio che lo tiene in braccio. È molto bello anco un sacerdote che vi è da canto, il quale levato il viso al cielo et aperte le braccia, pare che ringrazii Dio della salute del mondo. A canto a questa capella è di mano del medesimo Liberale la storia de' Magi e la morte della Madonna nel frontespizio della tavola, di figurine piccole molto lodate. E nel vero si dilettò molto di far cose piccole, e vi mise sempre tanta diligenza che paiono miniate, non dipinte; come si può vedere nel Duomo di quella città , dove è in un quadro di sua mano la storia de' Magi, con un numero infinito di figure piccole e di cavalli, cani et altri diversi animali, et appresso un gruppo di Cherubini di color rosso, che fanno appoggiatoio alla madre di Gesù; nella quale opera sono le teste finite et ogni cosa condotta con tanta diligenza che, come ho detto, paiono miniate. Fece ancora per la capella della detta Madonna, in Duomo, in una predelletta pure a uso di minio, storie di Nostra Donna. Ma questa fu poi fatta levar di quel luogo da monsignor Messer Giovan Matteo Giberti, vescovo di Verona, e posta in Vescovado alla capella del palazzo, dove è la residenza de' vescovi e dove odono messa ogni mattina. La quale predella in detto luogo è accompagnata da un Crucifisso di rilievo bellissimo, fatto da Giovanbatista scultore veronese che oggi abita in Mantoa. Dipinse Liberale una tavola in San Vitale alla capella degl'Allegni, dentrovi San Mastro confessore e veronese, uomo di molta santità , posto in mezzo da un San Francesco e San Domenico. Nella Vittoria, chiesa e convento di certi frati eremiti, dipinse nella capella di San Girolamo, in una tavola per la famiglia de' Scaltritegli, un San Girolamo in abito di cardinale et un San Francesco e San Paulo molto lodati. Nel tramezzo della chiesa di San Giovanni in Monte dipinse la Circoncisione di Cristo et altre cose, che furono, non ha molto, rovinate, perché pareva che quel tramezzo impedisse la bellezza della chiesa.
Essendo poi condotto Liberale dal generale de' monaci di Monte Oliveto a Siena, miniò per quella Relligione molti libri, i quali gli riuscirono in modo ben fatti, che furono cagione che egli ne finì di miniar alcuni rimasi imperfetti, cioè solamente scritti, nella libreria de' Piccolomini. Miniò anco per il Duomo di quella città alcuni libri di canto fermo; e vi sarebbe dimorato più e fatto molte opere che aveva per le mani, ma cacciato dall'invidie e dalle persecuzioni se ne partì per tornare a Verona con ottocento scudi, che egli avea guadagnati, i quali prestò poi ai monaci di Santa Maria in Organo di Monte Oliveto, traendone alcune entrate per vivere giornalmente. Tornato dunque a Verona, diede più che ad altro opera al miniare tutto il rimanente della sua vita.
Dipinse a Bardolino, castello sopra il lago di Garda, una tavola che è nella Pieve; et un'altra per la chiesa di San Tommaso Apostolo; et una similmente nella chiesa di S. Fermo, convento de' frati di San Francesco, alla capella di San Bernardo, il quale Santo dipinse nella tavola, e nella predella fece alcune istorie della sua vita. Fece anco nel medesimo luogo et in altri, molti quadri da spose, de' quali n'è uno in casa di Messer Vincenzio de' Medici in Verona, dentrovi la Nostra Donna et il Figliuolo in collo che sposa Santa Caterina. Dipinse a fresco in Verona una Nostra Donna e San Giuseppo sopra il cantone della casa de' Cartai, per andare dal ponte nuovo a Santa Maria in Organo, la quale opera fu molto lodata. Arebbe voluto Liberale dipignere in Santa Eufemia la capella della famiglia de' Rivi, la quale fu fatta per onorare la memoria di Giovanni Riva, capitano d'uomini d'arme nella giornata del Taro, ma non l'ebbe; perché essendo allogata ad alcuni forestieri, fu detto a lui che per essere già molto vecchio, non lo serviva la vista. Onde scoperta questa capella, nella quale erano infiniti errori, disse Liberale che chi l'aveva allogata aveva avuto peggior vista di lui.
Finalmente essendo Liberale d'anni ottantaquattro o meglio, si lasciava governare dai parenti, e particolarmente da una sua figliuola maritata, la quale lo trattava insieme con gl'altri malissimamente; per che sdegnatosi con esso lei e con gl'altri parenti, e trovandosi sotto la sua custodia Francesco Torbido detto il Moro, allora giovane e suo affezionatissimo e diligente pittore, lo instituì erede della casa e giardino che aveva a San Giovanni in Valle, luogo in quella città amenissimo; e con lui si ridusse, dicendo volere che anzi godesse il suo uno che amasse la virtù, che chi disprezzava il prossimo. Ma non passò molto che si morì nel dì di Santa Chiara l'anno 1536, e fu sepolto in San Giovanni in Valle, d'anni 85. Furono suoi discepoli Giovan Francesco e Giovanni Caroti, Francesco Torbido detto il Moro, e Paulo Cavazzuola, de' quali, perché invero sono bonissimi maestri, si farà menzione a suo luogo.
Giovanfrancesco Caroto nacque in Verona l'anno 1470, e dopo avere apparato i primi principii delle lettere, essendo inclinato alla pittura, levatosi dagli studii della grammatica, si pose a imparare la pittura con Liberale veronese, promettendogli ristorarlo delle sue fatiche. Così giovinetto, dunque, attese Giovanfrancesco con tanto amore e diligenza al disegno, che con esso e col colorito fu nei primi anni di grande aiuto a Liberale. Non molti anni dopo, essendo con gl'anni cresciuto il giudizio, vide in Verona l'opere d'Andrea Mantegna e parendogli, sì come era in effetto, che elle fussero d'altra maniera e migliori che quelle del suo maestro, fece sì col padre che gli fu conceduto, con buona grazia di Liberale, acconciarsi col Mantegna. E così andato a Mantoa e postosi con esso lui, acquistò in poco tempo tanto che Andrea mandava fuori dell'opere di lui per di sua mano. Insomma non andarono molti anni che riuscì valente uomo.
Le prime opere che facesse, uscito che fu di sotto al Mantegna, furono in Verona nella chiesa dello spedale di S. Cosimo all'altare de' tre Magi, cioè i portegli che chiuggono il detto altare, ne' quali fece la Circoncisione di Cristo et il suo fuggire in Egitto, con altre figure. Nella chiesa de' frati Ingesuati, detta San Girolamo, in due angoli d'una capella fece la Madonna e l'Angelo che l'annunzia. Al priore de' frati di San Giorgio lavorò in una tavola piccola un presepio, nel quale si vede che aveva assai migliorata la maniera, perché le teste de' pastori e di tutte l'altre figure hanno così bella e dolce aria, che questa opera gli fu molto e meritamente lodata. E se non fusse che il gesso di quest'opera, per essere stato male stemperato, si scrosta e la pittura si va consumando, questa sola sarebbe cagione di mantenerlo vivo sempre nella memoria de' suoi cittadini. Essendogli poi allogato dagl'uomini che governavano la Compagnia dell'Agnol Raffaello una loro capella nella chiesa di Santa Eufemia, vi fece dentro a fresco due storie dell'Agnolo Raffaello, e nella tavola a olio tre Agnoli grandi, Raffaello in mezzo e Gabriello e Michele dagli lati, e tutti con buon disegno e ben coloriti, ma nondimeno le gambe di detti Angeli gli furono riprese come troppo sottili e poco morbide; a che egli, con piacevole grazia rispondendo, diceva che poi che si fanno gl'Angeli con l'ale e con i corpi quasi celesti et aerei, sì come fussero uccegli, che ben si può far loro le gambe sottili e secche, acciò possano volare et andare in alto con più agevolezza. Dipinse nella chiesa di San Giorgio all'altare, dove è un Cristo che porta la croce, San Rocco e San Bastiano, con alcune storie nella predella di figure piccole e bellissime. Alla Compagnia della Madonna, in San Bernardino, dipinse nella predella dell'altar di detta Compagnia la natività della Madonna e gl'innocenti, con varie attitudini negl'ucisori e ne' gruppi de' putti difesi vivamente dalle lor madri; la quale opera è tenuta in venerazione e coperta, perché meglio si conservi. E questa fu cagione che gl'uomini della Fraterni...
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