[Pagina precedente]... d'Andrea Odoni è il suo ritratto di mano di Lorenzo, che è molto bello. Et in casa Tommaso da Empoli fiorentino è un quadro d'una Natività di Cristo, finta in una notte, che è bellissimo, massimamente perché vi si vede che lo splendore di Cristo con bella maniera illumina quella pittura, dove è la Madonna ginocchioni, et in una figura intera, che adora Cristo, ritratto Messer Marco Loredano. Ne' frati carmelitani fece il medesimo in una tavola San Niccolò sospeso in aria et in abito pontificale con tre Angeli, et a piedi Santa Lucia e San Giovanni, in alto certe nuvole et abbasso un paese bellissimo con molte figurette et animali in varii luoghi. Da un lato è San Giorgio a cavallo che amazza il serpente, e poco lontana la donzella, con una città appresso et un pezzo di mare. In San Giovanni e Paulo, alla capella di Santo Antonio arcivescovo di Firenze, fece Lorenzo in una tavola esso Santo a sedere con due ministri preti, e da basso molta gente.
Essendo anco questo pittore giovane et imitando parte la maniera de' Bellini e parte quella di Giorgione, fece in San Domenico di Ricanati la tavola dell'altar maggiore partita in sei quadri. In quello del mezzo è la Nostra Donna col Figliuolo in braccio che mette, per le mani d'un Angelo, l'abito a San Domenico, il quale sta ginocchioni dinanzi alla Vergine. Et in questo sono anche due putti che suonano uno un liuto e l'altro un ribechino. In un altro quadro è San Gregorio e Santo Urbano papi, e nel terzo San Tommaso d'Aquino et un altro Santo, che fu vescovo di Ricanati. Sopra questi sono gl'altri tre quadri: nel mezzo, sopra, la Madonna e Cristo morto sostenuto da un Angelo, e la madre che gli bacia un braccio, e Santa Madalena; sopra quello di San Gregorio è Santa Maria Madalena e San Vincenzio; e nell'altro, cioè sopra San Tommaso d'Aquino, è San Gismondo e Santa Caterina da Siena. Nella predella, che è di figure piccole e cosa rara, è nel mezzo quando Santa Maria di Loreto fu portata dagl'Angeli dalle parti di Schiavonia, là dove ora è posta. Delle due storie, che la mettono in mezzo, in una è San Domenico che predica, con le più graziose figurine del mondo, e nell'altra papa Onorio che conferma a San Domenico la Regola. È di mano del medesimo in mezzo a questa chiesa un San Vincenzio frate lavorato a fresco. Et una tavola a olio è nella chiesa di Santa Maria di Castelnuovo con una Trasfigurazione di Cristo e con tre storie di figure piccole nella predella: quando Cristo mena gl'Apostoli al Monte Tabor, quando ora nell'orto, e quando ascende in cielo. Dopo queste opere, andando Lorenzo in Ancona quando a punto Mariano da Perugia avea fatto in Santo Agostino la tavola dell'altar maggiore con un ornamento grande, la quale non sodisfece molto, gli fu fatto fare, per la medesima chiesa, in una tavola che è posta a mezzo, la Nostra Donna col Figliuolo in grembo e due Angeli in aria che scortando le figure incoronano la Vergine.
Finalmente, essendo Lorenzo vecchio et avendo quasi perduta la voce, dopo aver fatto alcune altre opere di non molta importanza in Ancona, se n'andò alla Madonna di Loreto, dove già avea fatto una favola a olio, che è in una capella a man ritta entrando in chiesa, e quivi, risoluto di voler finire la vita in servigio della Madonna et abitare quella santa casa, mise mano a fare istorie di figure alte un braccio e minori intorno al coro sopra le sedie de' sacerdoti. Fecevi il Nascere di Gesù Cristo in una storia, e quando i Magi l'adorano in un'altra; il presentarlo a Simeone seguitava, e, dopo questa, quando è batezzato da Giovanni nel Giordano. Eravi la adultera condotta inanzi a Cristo, condotte con grazia. Così vi fece dua altre storie copiose di figure: una era Davit quando faceva sagrificare, et in l'altra San Michele Arcangelo che combatte con Lucifero avendolo cacciato di cielo. E quelle finite, non passò molto che, come era vivuto costumatamente e buon cristiano, così morì, rendendo l'anima al Signore Dio. I quali ultimi anni della sua vita provò egli felicissimi e pieni di tranquillità d'animo e, che è più, gli fecero, per quello che si crede, far acquisto dei beni di vita eterna. Il che non gli sarebbe forse avenuto se fusse stato, nel fine della sua vita, oltre modo inviluppato nelle cose del mondo, le quali, come troppo gravi a chi pone in loro il suo fine, non lasciano mai levar la mente ai veri beni dell'altra vita et alla somma beatitudine e felicità .
Fiorì in questo tempo, ancora in Romagna, il Rondinello pittore eccellente, del quale nella vita di Giovan Bellino, per essere stato suo discepolo e servitosene assai nell'opere sue, ne facemmo un poco di memoria. Costui dopo che si partì da Giovan Bellino si affaticò nell'arte di maniera che, per esser diligentissimo, fé molte opere degne di lode, come in Furlì nel Duomo fa fede la tavola dello altar maggiore, che egli vi dipinse di suo mano, dove Cristo comunica gli Apostoli, che è molto ben condotta. Fecevi sopra, nel mezzo tondo di quella, un Cristo morto, e nella predella alcune storie di figure piccole coi fatti di Santa Elena, madre di Gostantino imperadore, quando ella ritruova la croce, condotte con gran diligenza. Fecevi ancora un San Bastiano che è molto bella figura, sola in un quadro, nella chiesa medesima. Nel Duomo di Ravenna, allo altar di Santa Maria Madalena, dipinse una tavola a olio dentrovi la figura sola di quella Santa, e sotto vi fece di figure piccole, in una predella, molto graziose, tre storie: Cristo che appare a Maria Madalena in forma d'ortolano; et in un'altra quando San Pietro uscendo di nave camina sopra l'acque verso Cristo; e nel mezz'a queste el battesimo di Gesù Cristo, molto belle. Fece in San Giovanni Evangelista nella medesima città dua tavole: in una è San Giovanni quando consacra la chiesa, nell'altra è tre martiri dentro, San Cancio e San Conciano e Santa Cancionila bellissime figure. In Santo Appollinare nella medesima città duo quadri con due figure, in ciascuno la sua, San Giovanni Batista e San Bastiano, molto lodate. Nella chiesa dello Spirito Santo è una tavola, pur di sua mano, dentrovi la Nostra Donna in mezzo con Santa Caterina vergine e martire e San Ieronimo. Dipinse parimente in San Francesco dua tavole: in una è Santa Caterina e San Francesco, e nell'altra dipinse la Nostra Donna con molte figure e San Iacopo Apostolo e S. Francesco. Du' altre tavole fé medesimamente in San Domenico, che n'è una a man manca dello altar maggiore, dentrovi la Nostra Donna con molte figure, e l'altra è in una facciata della chiesa, assai bella. Nella chiesa di San Niccolò, convento de' frati di Santo Agostino, dipinse un'altra tavola con San Lorenzo e San Francesco; che ne fu commendato tanto di quest'opere, che mentre che visse fu tenuto non solo in Ravenna, ma per tutta la Romagna in gran conto. Visse Rondinello fino alla età di 60 anni e fu sepolto in San Francesco di Ravenna.
Costui dopo di lui lassò Francesco da Cotignuola, pittore anch'egli stimato in quella città , il quale dipinse molte opere, e particolarmente nella chiesa della Badia di Classi dentro in Ravenna una tavola allo altar maggiore assai grande, dentrovi la resurrezione di Lazzaro, con molte figure, dove l'anno 1548 Giorgio Vasari dirimpetto a questa fece per don Romualdo da Verona, abate di quel luogo, un'altra tavola con Cristo deposto di croce, dentrovi gran numero di figure. Fece Francesco ancora una tavola in San Niccolò con la Natività di Cristo, che è una gran tavola; in San Sebastiano parimente dua tavole con varie figure. Nello spedale di Santa Caterina dipinse una tavola con la Nostra Donna e Santa Caterina con molte altre figure; et in Santa Agata dipinse una tavola con Cristo in croce e la Nostra Donna a' piedi con altre figure assai, che ne fu lodato. Dipinse in Santo Apollinari di quella città tre tavole, una allo altar maggiore, dentrovi la Nostra Donna, San Giovanni Batista e Santo Apollinari con San Ieronimo et altri Santi. Nell'altra fé pur la Madonna con San Piero e Santa Caterina; nella terza et ultima, Gesù Cristo quando e' porta la croce, la quale egli non poté finire intervenendo la morte. Colorì assai vagamente, ma non ebbe tanto disegno quanto aveva Rondinello, ma ne fu tenuto da' Ravennati conto assai. Costui volse essere, doppo la morte sua, sepolto in Santo Apollinari, dove egli aveva fatto queste figure, contentandosi dove egli avea faticato e vissuto, essere in riposo con l'ossa dopo la morte.
VITE DI FRA' IOCONDO E DI LIBERALE E D'ALTRI VERONESI
Se gli scrittori delle storie vivesseno qualche anno più di quello che è comunemente conceduto al corso dell'umana vita, io per me non dubito punto che arebbono, per un pezzo, che aggiugnere alle passate cose già scritte da loro; perciò che, come non è possibile che un solo, per diligentissimo che sia, sappia a un tratto così a punto il vero, e in picciol tempo, i particolari delle cose che scrive, così è chiaro come il sole che il tempo, il quale si dice padre della verità , va giornalmente scoprendo agli studiosi cose nuove. Se quando io scrissi, già molti anni sono, quelle vite de' pittori et altri, che allora furono publicate, io avesse avuto quella piena notizia di fra' Iocondo Veronese, uomo rarissimo et universale in tutte le più lodate facultà , che n'ho avuto poi, io averei senza dubbio fatta di lui quella onorata memoria che m'apparecchio di farne ora a benefizio degl'artefici, anzi del mondo. E non solamente di lui, ma di molti altri Veronesi stati veramente eccellentissimi. Né si maravigli alcuno se io gli porrò tutti sotto l'effigie d'un solo di loro, perché non avendo io potuto avere il ritratto di tutti, sono forzato a così fare; ma non per questo sarà defraudata, per quanto potrò io, la virtù di niuno di quello che se le deve.
E perché l'ordine de' tempi et i meriti così richieggiono, parlerò prima di fra' Iocondo, il quale, quando si vestì l'abito di San Domenico, non fra' Iocondo semplicemente, ma fra' Giovan Iocondo fu nominato. Ma come gli cascasse quel Giovanni non so, so bene che egli fu sempre fra' Iocondo chiamato da ognuno. E se bene la sua principal professione furono le lettere, essendo stato non pur filosofo e teologo eccellente, ma bonissimo greco, il che in quel tempo era cosa rara cominciando a punto allora a risorgere le buone lettere in Italia, egli nondimeno fu anco come quello che di ciò si dilettò sempre sommamente, eccellentissimo architetto: sì come racconta lo Scaligero contra il Cardano, et il dottissimo Budeo ne' suoi libri de Asse e nell'osservazioni che fece sopra le pandette. Costui, dunque, essendo gran literato, intendente dell'architettura e bonissimo prospettivo, stette molti anni appresso Massimiliano imperatore, e fu maestro nella lingua greca e latina del dottissimo Scaligero, il quale scrive aver udito dottamente disputar fra' Iocondo innanzi al detto Massimiliano di cose sottilissime.
Raccontano alcuni, che ancor vivono e di ciò benissimo si ricordano, che rifaccendosi in Verona il ponte detto della Pietra nel tempo che quella città era sotto Massimiliano imperatore, e dovendosi rifondare la pila di mezzo, la quale molte volte per avanti era rovinata, fra' Iocondo diede il modo di fondarla e di conservarla ancora per sì fatta maniera che per l'avenire non rovinasse. Il qual modo di conservarla fu questo, che egli ordinò che detta pila si tenesse sempre fasciata intorno di doppie travi lunghe e fitte nell'acqua d'ogn'intorno, acciò la difendessino in modo che il fiume non la potesse cavare sotto, essendo che in quel luogo, dove è fondata, è il principal corso del fiume che ha il fondo tanto molle che non vi si truova sodezza di terreno da potere altrimenti fondarla. Et invero fu ottimo, per quello che si è veduto, il consiglio di fra' Iocondo, perciò che da quel tempo in qua è durata e dura, senza avere mai mostrato un pelo, e si spera, osservandosi quanto diede in ricordo quel buon padre, che durerà perpetuamente.
Stette fra' Iocondo in Roma nella sua giovinezza molti anni, e dando opera alla cognizione delle cos...
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