[Pagina precedente]...che egli vi fece uno che gli dà certe pugna, come si usa ne' tempi nostri per ricordanza delle nozze. Et in uno ignudo espresse felicemente l'ira et il desio, inducendolo a rompere la verga sua che non era fiorita, e di questo, con molti altri, è il disegno nel nostro libro. In compagnia ancora della Nostra Donna fece alcune femmine con bellissime arie et acconciature di teste, de le quali egli si dilettò sempre. Et in tutta questa istoria, non fece cosa che non fusse benissimo considerata: come è una femmina con un putto in collo che va in casa, et ha dato de le busse ad un altro putto che postosi a sedere non vuole andare e piagne e sta con una mano al viso molto graziatamente. E certamente che in ogni cosa, e grande e piccola, mise in quella istoria molta diligenza et amore, per lo sprone et animo che aveva di mostrare in tal cosa agli artefici et agli altri intendenti, quanto egli le difficultà dell'arte sempre avesse in venerazione, e quelle imitando a buon termine riducesse.
Volendo non molto dopo i frati per la solennità d'una festa, che le storie d'Andrea si scoprissero e quelle del Francia similmente, la notte che il Francia aveva finita la sua dal basamento in fuori, come temerari e prosontuosi gliela scopersero, pensando, come ignoranti di tale arte, che il Francia ritoccare o fare altra cosa nelle figure non dovesse. La mattina, scoperta così quella del Francia come quelle d'Andrea, fu portato la nuova al Francia che l'opere d'Andrea e la sua erano scoperte: di che ne sentì tanto dolore, che ne fu per morire. E venutagli stizza contra a' frati per la presunzione loro, che così poco rispetto gli avevano usato, di buon passo caminando pervenne all'opera. E salito su 'l ponte, che ancora non era disfatto se bene era scoperta la storia, con una martellina da muratori, che era quivi, percosse alcune teste di femmine e guastò quella della Madonna, e così uno ignudo che rompe una mazza, quasi tutto lo scalcinò dal muro. Per il che i frati corsi al rumore, et alcuni secolari gli tennero le mani, ché non la guastasse tutta. E benché poi co 'l tempo gli volessero dar doppio pagamento, egli però non volle mai, per l'odio che contra di loro aveva concetto, racconciarla. E per la riverenza avuta a tale opera et a lui, gli altri pittori non l'hanno voluta finire. E così si resta fino a ora, per quella memoria. La quale opera è lavorata in fresco con tanto amore e con tanta diligenza e con sì bella freschezza, che si può dire che 'l Francia in fresco lavorasse meglio che uomo del tempo suo; e meglio con i colori sicuri da 'l ritoccare, in fresco le sue cose unisse et isfumasse. Onde per questa e per l'altre sue opere merita molto d'esser celebrato. Fece ancor fuor della porta alla Croce di Fiorenza, a Rovezzano, un tabernacolo d'un Crocifisso et altri Santi, et a San Giovannino alla porta di San Pier Gattolino un cenacolo di Appostoli lavorò a fresco. Non molto dopo nell'andare in Francia Andrea del Sarto pittore, il quale aveva incominciato alla Compagnia dello Scalzo di Fiorenza un cortile di chiaro e scuro, dentrovi le storie di San Giovanni Batista, gli uomini di quella avendo desiderio dar fine a tal cosa presero il Francia, acciò, come imitatore della maniera di Andrea, l'opera cominciata da lui, seguitasse. Laonde in quel luogo fece il Francia intorno intorno gli ornamenti a una parte; e condusse a fine due storie di quelle lavorate con diligenza. Le quali sono quando San Giovanni Batista piglia licenzia dal padre suo Zacheria, per andare al deserto; e l'altra lo incontrare che si fecero per viaggio Cristo e San Giovanni con Giuseppo e Maria, ch'ivi stanno a vederli abbracciare. Né seguì più innanzi per lo ritorno d'Andrea, il quale continuò poi di dar fine al resto dell'opere. Fece con Ridolfo Ghirlandai uno apparato bellissimo per le nozze del duca Lorenzo, con due prospettive per le comedie che si fecero, lavorate molto con ordine e maestrevole gudicio e grazia; per le quali acquistò nome e favore appresso a qual Principe. La qual servitù fu cagione ch'egli ebbe l'opera della volta della sala del Poggio a Caiano a mettersi d'oro, in compagnia d'Andrea di Cosimo; e poi cominciò per concorrenza di Andrea del Sarto e di Iacopo da Puntormo una facciata di detta: quando Cicerone dai cittadini romani è portato per gloria sua. La quale opera aveva fatto cominciare la liberalità di papa Leone per memoria di Lorenzo suo padre, che tale edifizio aveva fatto fabbricare, e di ornamenti e di storie antiche a suo proposito fatto dipignere. Le quali dal dottissimo istorico Messer Paolo Giovio vescovo di Nocera, allora primo appresso a Giulio cardinale de' Medici, erano state date ad Andrea del Sarto et Iacopo da Puntormo et al Francia Bigio, che il valore e la perfezzione di tale arte in quella mostrassero; et avevano il Magnifico Ottaviano de' Medici che ogni mese dava loro trenta scudi per ciascuno. Laonde il Francia fece nella parte sua, oltra la bellezza della storia, alcuni casamenti misurati molto bene in prospettiva. Ma questa opera per la morte di Leone rimase imperfetta, e poi fu di commissione del Duca Alessandro de' Medici l'anno 1532 ricominciata da Iacopo da Puntormo, il quale la mandò tanto per la lunga, che il Duca si morì et il lavoro restò a dietro.
Ma per tornare al Francia, egli ardeva tanto vago delle cose dell'arte, che non era giorno di stare, che e' non ritraesse di naturale per istudio uno ignudo in bottega sua, tenendo del continuo per ciò uomini salariati. Fece in Santa Maria Nuova una notomia a requisizione di maestro Andrea Pasquali medico fiorentino eccellentissimo, il che fu cagione ch'egli migliorò molto nell'arte della pittura e la seguitò poi sempre con più amore. Lavorò poi nel convento di Santa Maria Novella sopra la porta della libreria nel mezzo tondo un San Tommaso, che confonde gli eretici con la dottrina, la quale opera è molto lavorata con diligenza e buona maniera. E fra gli altri particulari vi son due fanciulli, che servono a tenere nell'ornamento un'arme, i quali sono di molta bontà e di bellissima grazia ripieni, e di maniera vaghissimi lavorati. Fece ancora un quadro di figure piccole a Giovanni Maria Benintendi, a concorrenza di Iacopo da Puntormo che glie ne fece un altro d'una simil grandezza, con la storia de' Magi; e due altri Francesco d'Albertino. Fece il Francia nel suo quando David vede Bersabè lavarsi in un bagno, dove lavorò alcune femmine con troppo leccata e saporita maniera, e tirovvi un casamento in prospettiva, nel quale fa David che dà lettere a' corrieri, che le portino in campo perché Uria Eteo sia morto. E sotto una loggia fece in pittura un pasto regio bellissimo. La quale storia fu di molto utile alla fama et onore del Francia, il quale se molto valse nelle figure grandi, valse molto più nelle piccole. Fece anco il Francia molti e bellissimi ritratti di naturale; uno particolarmente a Matteo Sofferroni suo amicissimo, et un altro a un lavoratore e fattore di Pierfrancesco de' Medici al palazzo di San Girolamo da Fiesole, che par vivo, e molti altri. E perché lavorò universalmente d'ogni cosa, senza vergognarsi di far l'arte sua, mise mano a qualunque lavoro gli fu dato da fare; onde oltre a molti lavori di cose bassissime, fece per Arcangelo tessitore di drappi in porta Rossa, sopra una torre che serve per terrazzo, un Noli me tangere, bellissimo, et altre infinite simile minuzie delle quali non fa bisogno dirne altro, per essere stato il Francia persona di buona e dolce natura, e molto servente. Amò costui di starsi in pace, e per questa cagione non volle mai prender donna, usando di dire quel trito proverbio, che chi ha moglie ha pene e doglie. Non volle mai uscir di Firenze, perché avendo vedute alcune opere di Raffaello da Urbino e parendogli non esser pari a tanto uomo, né a molti altri di grandissimo nome, non si volle mettere a paragone d'artefici così eccellenti e rarissimi. E nel vero la maggior prudenza e saviezza, che possa essere in un uomo, è conoscersi, e non presumere di sé più di quello che sia il valore. Finalmente avendo molto acquistato nel lavorare assai, come che non avesse dalla natura molto fiera invenzione, né altro che quello che s'aveva acquistato con lungo studio, si morì l'anno 1524, d'età d'anni 42.
Fu discepolo del Francia Agnolo suo fratello, che avendo fatto un fregio che è nel chiostro di San Brancazio e poche altre cose, si morì. Fece il medesimo Agnolo a Ciano profumiero, uomo capriccioso et onorato par suo, in un'insegna da botega una zingana che dà con molta grazia la ventura a una donna. La quale invenzione di Ciano non fu senza misterio. Imparò la pittura dal medesimo Antonio di Donnino Mazzieri, che fu fiero disegnatore et ebbe molta invenzione in far cavalli e paesi; et il quale dipinse di chiaro scuro il chiostro di Santo Agostino al Monte San Savino, nel quale fece istorie del Testamento Vecchio, che furono molto lodate. Nel Vescovado d'Arezzo fece la capella di San Matteo, e fra l'altre cose quando battezza un re, dove ritrasse tanto bene un tedesco, che par vivo. A Francesco del Giocondo fece dietro al coro della chiesa de' Servi di Fiorenza in una capella la storia de' martiri, ma si portò tanto male, che avendo oltre modo perso il credito, si condusse a lavorare d'ogni cosa. Insegnò anco il Francia l'arte a un giovane detto Visino, il quale sarebbe riuscito eccellente, per quello che si vide, se non fusse, come avvenne, morto giovane, et a molti altri de' quali non si farà altra menzione. Fu sepolto il Francia dalla compagnia di San Giobbe in S. Brancazio, dirimpetto alla sua casa, l'anno 1525, e certo con molto dispiacere de' buoni artefici, essendo egli stato ingegnoso e pratico maestro, e modestissimo in tutte le sue azzioni.
VITA DEL MORTO DA FELTRO PITTORE E DI ANDREA DI COSIMO FELTRINI
Morto, pittore da Feltro, il quale fu astratto nella vita come era nel cervello e nelle novità nelle grottesche ch'egli faceva, le quali furono cagione di farlo molto stimare, si condusse a Roma nella sua giovanezza in quel tempo che il Pinturicchio per Alessandro VI dipigneva le camere papali, et in Castel Sant'Angelo, le logge e stanze da basso nel torrione e sopra altre camere. Per che egli, che era maninconica persona, di continuo alle anticaglie studiava, dove spartimenti di volte et ordini di facce alla grottesca vedendo e piacendogli, quelle sempre studiò. E sì i modi del girar le foglie all'antica prese, che di quella professione a nessuno fu al suo tempo secondo. Per il che non restò di vedere sotto terra ciò che poté in Roma di grotte antiche et infinitissime volte. Stette a Tivoli molti mesi nella villa Adriana disegnando tutti i pavimenti e grotte, che sono in quella sotto e sopra terra. E sentendo che a Pozzuolo, nel Regno, vicino a Napoli dieci miglia, erano insieme muraglie piene di grottesche, di rilievo, di stucchi e dipinte, antiche, tenute bellissime, attese parecchi mesi in quel luogo a cotale studio. Né restò che in Campana, strada antica in quel luogo, piena di sepolture antiche, ogni minima cosa non disegnasse; et ancora al Trullo, vicino alla marina, molti di quei tempii e grotte sopra e sotto ritrasse. Andò a Baia et a Mercato di Sabato, tutti luoghi pieni d'edificii guasti e storiati, cercando di maniera che con lunga et amorevole fatica in quella virtù crebbe infinitamente di valore e di sapere. Ritornato poi a Roma, quivi lavorò molti mesi et attese alle figure, parendogli che di quella professione egli non fosse tale, quale nel magisterio delle grottesche era tenuto. E poi che era venuto in questo desiderio, sentendo i romori che in tale arte avevano Lionardo e Michelagnolo per li loro cartoni fatti in Fiorenza, subito si mise per andare a Fiorenza; e vedute l'opere, non gli parve poter fare il medesimo miglioramento, che nella prima professione aveva fatto. Laonde egli ritornò a lavorare alle sue grottesche.
Era allora in Fiorenza Andrea di Cosimo de' Feltrini pittor fiorentino, giovane diligente, il quale raccolse in casa il Morto, e lo tratt...
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