[Pagina precedente]...cepoli Iacopo da Puntormo, Andrea Sguazzella, che tenendo la maniera d'Andrea, ha lavorato in Francia un palazzo fuor di Parigi, che è cosa molto lodata; il Solosmeo, Pierfrancesco di Iacopo di Sandro, il qual ha fatto in Santo Spirito tre tavole, e Francesco Salviati e Giorgio Vasari aretino, che fu compagno del detto Salviati, ancor che poco dimorasse con Andrea; Iacopo del Conte fiorentino e Nannoccio, ch'oggi è in Francia col cardinale Tornone in bonissimo credito. Similmente Iacopo, detto Iacone fu discepolo d'Andrea e molto amico suo et imitatore della sua maniera. Il quale Iacone, mentre visse Andrea si valse assai di lui, come appare in tutte le sue opere e massimamente nella facciata del cavalier Buondelmonti in sulla piazza di S. Trinità . Restò dopo la sua morte erede dei disegni d'Andrea e dell'altre cose dell'arte Domenico Conti, che fece poco profitto nella pittura, al quale furono da alcuni (come si crede) dell'arte rubati una notte tutti i disegni e cartoni et altre cose che aveva d'Andrea. Né mai si è potuto sapere chi que' tali fussero. Domenico Conti adunque, come non ingrato de' benefizii ricevuti dal suo maestro e disideroso di dargli dopo la morte quelli onori che meritava, fece sì che la cortesia di Raffaello da Montelupo gli fece un quadro assai ornato di marmo, il quale fu nella chiesa de' Servi murato in un pilastro, con questo epitaffio fattogli dal dottissimo Messer Pier Vettori, allora giovane:
ANDREAE SARTIO
Admirabilis ingenii pictori, ac veteribus illis omnium
iudicio comparando.
Dominicus Contes, discipulus, pro laboribus,
in se instituendo susceptis, grato animo posuit.
Vixit annos XLII. Obiit Anno MDXXX.
Dopo non molto tempo alcuni cittadini Operai della detta chiesa, più tosto ignoranti che nemici delle memorie onorate, sdegnandosi che quel quadro fusse in quel luogo stato messo senza loro licenza, operarono di maniera che ne fu levato, né per ancora è stato rimurato in altro luogo. Nel che volle forse mostrarci la fortuna che non solo gl'influssi de' fati possono in vita, ma ancora nelle memorie dopo la morte. Ma a dispetto loro sono per vivere l'opere et il nome d'Andrea lunghissimo tempo e per tenerne, spero, questi miei scritti, molti secoli, memoria. Conchiudiamo adunque che se Andrea fu d'animo basso nell'azzioni della vita, contentandosi di poco, egli non è perciò che nell'arte non fusse d'ingegno elevato e speditissimo e pratico in ogni lavoro; avendo con l'opere sue, oltre l'ornamento ch'elle fanno a' luoghi dove elle sono, fatto grandissimo giovamento ai suoi artefici nella maniera, nel disegno e nel colorito; et il tutto con manco errori che altro pittor fiorentino; per avere egli, come si è detto inanzi, inteso benissimo l'ombre et i lumi e lo sfuggire delle cose negli scuri e dipinte le sue cose con una dolcezza molto viva, senzaché egli mostrò il modo di lavorare in fresco con perfetta unione e senza ritoccare molto a secco: il che fa parer fatta ciascuna opera sua tutta in un medesimo giorno. Onde può agli artefici toscani stare per essempio in ogni luogo et avere fra i più celebrati ingegni loro lode grandissima et onorata palma.
IL FINE DELLA VITA D'ANDREA DEL SARTO, PITTOR FIORENTINO
VITA DI MADONNA PROPERZIA DE' ROSSI SCULTRICE BOLOGNESE
È gran cosa che in tutte quelle virtù et in tutti quelli esercizii ne' quali, in qualunque tempo, hanno voluto le donne intromettersi con qualche studio, elle siano sempre riuscite eccellentissime e più che famose, come con una infinità di esempli agevolmente potrebbe dimostrarsi. E certamente ognun sa quanto elleno universalmente tutte nelle cose economiche vagliono, oltra che nelle cose della guerra, medesimamente si sa chi fu Camilla, Arpalice, Valasca, Tomiri, Pantasilea, Molpadia, Orizia, Antiope, Ippolita, Semiramide, Zenobia; chi finalmente Fulvia di Marcantonio che, come dice Dione istorico, tante volte s'armò per defender il marito e se medesima. Ma nella poesia ancora sono state maravigliosissime: come racconta Pausania, Corinna fu molto celebre nel versificare, et Eustachio, nel catalogo delle navi d'Omero, fa menzione di Safo, onoratissima giovane; il medesimo fa Eusebio nel libro de' tempi, la quale invero se ben fu donna, ella fu però tale che superò di gran lunga tutti gli eccellenti scrittori di quella età . E Varrone loda anch'egli fuor di modo, ma meritamente Erinna, che con trecento versi s'oppose alla gloriosa fama del primo lume della Grecia, e con un suo picciol volume, chiamato Elecate, equiperò la numerosa Iliade del grand'Omero. Aristofane celebra Carissena, nella medesima professione, per dottissima et eccellentissima femina; e similmente Teano, Merone, Polla, Elpe, Cornificia e Telisilla, alla quale fu posta nel tempio di Venere per maraviglia delle sue tante virtù, una bellissima statua. E per lassar tant'altre versificatrici, non leggiamo noi che Arete nelle difficultà di filosofia fu maestra del dotto Aristippo? E Lastenia et Assiotea discepole del divinissimo Platone? E nell'arte oratoria Sempronia et Ortensia, femmine romane, furono molto famose. Nella grammatica, Agallide (come dice Ateneo) fu rarissima, e nel predir delle cose future, o diasi questo all'astrologia, o alla magica, basta che Temi e Cassandra e Manto ebbero ne' tempi loro grandissimo nome. Come ancora Iside e Cerere nelle necessità dell'agricultura. Et in tutte le scienze universalmente, le figliuole di Tespio. Ma certo in nessun'altra età s'è ciò meglio potuto conoscere che nella nostra; dove le donne hanno acquistato grandissima fama, non solamente nello studio delle lettere, com'ha fatto la signora Vittoria del Vasto, la signora Veronica Gambara, la signora Caterina Anguisola, la Schioppa, la Nugarola, Madonna Laura Battiferra e cent'altre, sì nella volgare, come nella latina e nella greca lingua, dottissime; ma eziandio in tutte l'altre facultà . Né si son vergognate, quasi per torci il vanto della superiorità , di mettersi con le tenere e bianchissime mani nelle cose mecaniche e fra la ruvidezza de' marmi e l'asprezza del ferro, per conseguir il desiderio loro e riportarsene fama, come fece ne' nostri dì Properzia de' Rossi da Bologna, giovane virtuosa, non solamente nelle cose di casa, come l'altre, ma in infinite scienze che non che le donne, ma tutti gli uomini gl'ebbero invidia. Costei fu del corpo bellissima e sonò e cantò ne' suoi tempi meglio che femmina della sua città . E perciò ch'era di capriccioso e destrissimo ingegno, si mise ad intagliar noccioli di pesche, i quali sì bene e con tanta pazienza lavorò, che fu cosa singulare e maravigliosa il vederli. Non solamente per la sottilità del lavoro, ma per la sveltezza delle figurine che in quegli faceva e per la delicatissima maniera del compartirle. E certamente era un miracolo veder in su un nocciolo così piccolo tutta la Passione di Cristo, fatta con bellissimo intaglio, con una infinità di persone, oltre i crucifissori e gli Apostoli. Questa cosa le diede animo, dovendosi far l'ornamento delle tre porte della prima facciata di San Petronio, tutta a figure di marmo, che ella per mezzo del marito, chiedesse agli Operai una parte di quel lavoro, i quali di ciò furon contentissimi, ogni volta ch'ella facesse veder loro qualche opera di marmo condotta di sua mano. Onde ella subito fece al conte Alessandro de' Peppoli un ritratto di finissimo marmo, dov'era il conte Guido suo padre di naturale. La qual cosa piacque infinitamente, non solo a coloro, ma a tutta quella città , e perciò gl'Operai non mancarono di allogarle una parte di quel lavoro. Nel quale ella finì, con grandissima maraviglia di tutta Bologna, un leggiadrissimo quadro, dove (perciò che in quel tempo la misera donna era innamoratissima d'un bel giovane, il quale parea che poco di lei si curasse) fece la moglie del maestro di casa di Faraone, che innamoratasi di Giosep, quasi disperata del tanto pregarlo, all'ultimo gli toglie la veste d'attorno con una donnesca grazia e più che mirabile. Fu questa opera da tutti riputata bellissima et a lei di gran sodisfazzione, parendole con questa figura del Vecchio Testamento avere isfogato in parte l'ardentissima sua passione. Né volse far altro mai per conto di detta fabbrica, né fu persona che non la pregasse ch'ella seguitar volesse, eccetto maestro Amico, che per l'invidia sempre la sconfortò e sempre ne disse male agli Operai, e fece tanto il maligno, che il suo lavoro le fu pagato un vilissimo prezzo. Fece ancor ella due Agnoli di grandissimo rilievo e di bella proporzione, ch'oggi si veggono, contra sua voglia però, nella medesima fabbrica. All'ultimo costei si diede ad intagliar stampe di rame e ciò fece fuor d'ogni biasimo e con grandissima lode. Finalmente alla povera innamorata giovane ogni cosa riuscì perfettissimamente, eccetto il suo infelicissimo amore.
Andò la fama di così nobile et elevato ingegno per tutt'Italia, et all'ultimo pervenne agli orecchi di papa Clemente VII, il quale, subito che coronato ebbe l'imperatore in Bologna, domandato di lei, trovò la misera donna esser morta quella medesima settimana et esser stata sepolta nello spedale della Morte, che così avea lasciato nel suo ultimo testamento. Onde al Papa, ch'era volenteroso di vederla, spiacque grandissimamente la morte di quella, ma molto più a' suoi cittadini, li quali mentre ella visse, la tennero per un grandissimo miracolo della natura ne' nostri tempi. Sono nel nostro libro alcuni disegni di mano di costei fatti di penna e ritratti dalle cose di Raffaello da Urbino, molto buoni, et il suo ritratto si è avuto da alcuni pittori che furono suoi amicissimi.
Ma non è mancato, ancor che ella disegnasse molto bene, chi abbia paragonato Properzia non solamente nel disegno, ma fatto così bene in pittura, com'ella di scultura. Di queste la prima è suor Plautilla, monaca et oggi priora nel monasterio di S. Caterina da Siena in Fiorenza in sulla piazza di San Marco. La quale cominciando a poco a poco a disegnare et ad imitar coi colori quadri e pitture di maestri eccellenti ha con tanta diligenza condotte alcune cose, che ha fatto maravigliare gl'artefici. Di mano di costei sono due tavole nella chiesa del detto monasterio di S. Caterina. Ma quella è molto lodata dove sono i Magi che adorano Gesù. Nel monasterio di S. Lucia di Pistoia è una tavola grande nel coro, nella quale è la Madonna col Bambino in braccio, San Tommaso, S. Agostino, S. Maria Maddalena, S. Caterina da Siena, S. Agnese, S. Caterina martire e S. Lucia. Et un'altra tavola grande di mano della medesima mandò di fuori lo spedalingo di Lemo. Nel reffettorio del detto monasterio di S. Caterina è un Cenacolo grande e nella sala del lavoro una tavola di mano della detta. E per le case de' gentiluomini di Firenze tanti quadri che troppo sarei lungo a volere di tutti ragionare. Una Nunziata in un gran quadro ha la moglie del signor Mondragone spagnuolo et un'altra simile ne ha Madonna Marietta de Fedini. Un quadretto di Nostra Donna è in S. Giovannino di Firenze. Et una predella d'altare è in S. Maria del Fiore, nella quale sono istorie della vita di S. Zanobi molto belle. E perché questa veneranda e virtuosa suora, inanzi che lavorasse tavole et opere d'importanza, attese a far di minio, sono di sua mano molti quadretti belli affatto in mano di diversi, dei quali non accade far menzione. Ma quelle cose di mano di costei sono migliori che ella ha ricavato da altri, nelle quali mostra che arebbe fatto cose maravigliose se, come fanno gl'uomini, avesse avuto commodo di studiare et attendere al disegno e ritrarre cose vive e naturali. E che ciò sia vero, si vede manifestamente in un quadro d'una Natività di Cristo, ritratto da uno che già fece il Bronzino a Filippo Salviati. Similmente, il vero di ciò si dimostra in questo: che nelle sue opere i volti e fattezze delle donne, per averne veduto a suo piacimento, sono assai migliori che le teste degli uomini non sono e più simili al vero. Ha ritratto in alcuna delle sue opere in volti di donne Madonna Gostanza de' Doni, stata ne' tempi nostri e...
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