[Pagina precedente]... assai l'acqua et il vento, sì come volle quel commesso amico d'Andrea. E perché finita l'opera avanzò de' colori e della calcina, Andrea, preso un tegolo, chiamò la Lucrezia sua donna e le disse: "Vien qua, poiché ci sono avanzati questi colori, io ti voglio ritrarre, acciò si veggia in questa tua età come ti sei ben conservata, e si conosca nondimeno quanto hai mutato effigie e sia per esser questo diverso dai primi ritratti". Ma non volendo la donna, che forse aveva altra fantasia, star ferma, Andrea, quasi indovinando esser vicino al suo fine, tolta una spera, ritrasse se medesimo in quel tegolo, tanto bene che par vivo e naturalissimo. Il qual ritratto è appresso alla detta Madonna Lucrezia sua donna, che ancor vive. Ritrasse similmente un canonico pisano suo amicissimo, et il ritratto, che è naturale e molto bello, è anco in Pisa. Cominciò poi, per la Signoria, i cartoni che si avevano a colorire, per far le spalliere della ringhiera di piazza con molte belle fantasie sopra i quartieri della città , con le bandiere delle capitudini tenute da certi putti, con ornamenti ancora dei simulacri di tutte le virtù, e parimente i monti e' fiumi più famosi del dominio di Fiorenza. Ma quest'opera così cominciata rimase imperfetta per la morte d'Andrea; come rimase anco, ma poco meno che finita, una tavola che fece per i monaci di Vallombrosa alla loro badia di Poppi in Casentino; nella quale tavola fece una Nostra Donna Assunta con molti putti intorno, San Giovanni Gualberto, San Bernardo cardinale loro monaco, come s'è detto, S. Caterina e San Fedele. La quale tavola così imperfetta è oggi in detta Badia di Poppi. Il simile avvenne d'una tavola non molto grande, che finita doveva andar a Pisa. Lasciò bene finito del tutto un molto bel quadro, che oggi è in casa di Filippo Salviati, et alcuni altri. Quasi ne' medesimi tempi Giovanbattista della Palla, avendo compere quante sculture e pitture notabili aveva potuto, facendo ritrarre quelle che non poteva avere, aveva spogliato Fiorenza d'una infinità di cose elette, senza alcun rispetto, per ordinare al re di Francia un appartamento di stanze, che fusse il più ricco di così fatti ornamenti che ritrovare si potesse. Costui dunque, desiderando che Andrea tornasse in grazia et al servigio del re, gli fece fare due quadri: in uno dipinse Andrea Abramo in atto di volere sacrificare il figliuolo; e ciò con tanta diligenza, che fu giudicato che insino allora non avesse mai fatto meglio. Si vedeva nella figura del vecchio espressa divinamente quella viva fede e constanza che senza punto spaventarlo, lo faceva di buonissima voglia pronto a uccidere il proprio figliuolo. Si vedeva anco il medesimo volgere la testa verso un bellissimo putto, il quale parea gli dicesse che fermasse il colpo. Non dirò quali fussero l'attitudini, l'abito, i calzari et altre cose di quel vecchio, perché non è possibile dirne a bastanza. Dirò bene che si vedeva il bellissimo e tenero putto Isaac tutto nudo tremare per timore della morte e quasi morto senza esser ferito. Il medesimo aveva, non che altro, il collo tinto dal calor del sole e candidissime quelle parti che nel viaggio di tre giorni avevano ricoperto i panni. Similmente il montone fra le spine pareva vivo et i panni di Isaac in terra più tosto veri e naturali che dipinti. Vi erano, oltre ciò, certi servi ignudi che guardavano un asino che pasceva et un paese tanto ben fatto che quel proprio dove fu il fatto non poteva esser più bello né altrimenti. La qual pittura, avendo dopo la morte d'Andrea e la cattura di Battista compera Filippo Strozzi, ne fece dono al signor Alfonso Davalos marchese del Vasto, il quale la fece portar nell'isola d'Ischia, vicina a Napoli, e porre in alcune stanze in compagnia d'altre dignissime pitture. Nell'altro quadro fece una Carità bellissima con tre putti, e questo comperò poi dalla donna d'Andrea, essendo egli morto, Domenico Conti pittore, che poi lo vendé a Niccolò Antinori, che lo tiene come cosa rara, che ell'è veramente. Venne in questo mentre desiderio al Magnifico Ottaviano de' Medici, vedendo quanto Andrea aveva in quest'ultimo migliorata la maniera, d'avere un quadro di sua mano; onde Andrea, che desiderava servirlo, per esser molto obligato a quel signore, che sempre aveva favorito i begli ingegni e particolarmente i pittori, gli fece in un quadro una Nostra Donna, che siede in terra con un putto in su le gambe a cavalcione, che volge la testa a un San Giovannino, sostenuto da una S. Elisabetta vecchia, tanto ben fatta e naturale, che par viva, sì come anco ogni altra cosa è lavorata con arte, disegno e diligenza incredibile. Finito che ebbe questo quadro, Andrea lo portò a Messer Ottaviano; ma perché, essendo allora l'assedio attorno a Firenze, aveva quel signore altri pensieri, gli rispose che lo desse a chi voleva, scusandosi e ringraziandolo sommamente. Al che Andrea non rispose altro se non: "La fatica è durata per voi e vostro sarà sempre". "Vendilo", rispose Messer Ottaviano "e serveti de' danari, perciò che io so quel che io mi dico." Partitosi dunque Andrea, se ne tornò a casa, né per chieste che gli fussino fatte volle mai dare il quadro a nessuno, anzi, fornito che fu l'assedio et i Medici tornati in Firenze, riportò Andrea il quadro a Messer Ottaviano, il quale presolo ben volentieri e ringraziandolo, glielo pagò doppiamente. La qual opera è oggi in camera di Madonna Francesca, sua donna, e sorella del reverendissimo Salviati; la quale non tiene men conto delle belle pitture lasciateli dal Magnifico suo consorte che ella si faccia del conservare e tener conto degl'amici di lui. Fece un altro quadro Andrea, quasi simile a quello della Carità già detta, a Giovanni Borgherini, dentrovi una Nostra Donna, un S. Giovanni putto che porge a Cristo una palla, figurata per il mondo, et una testa di S. Giuseppo molto bella. Venne voglia a Pavolo da Terra Rossa, veduta la bozza del sopra detto Abramo, d'avere qualche cosa di mano d'Andrea, come amico universalmente di tutti i pittori. Per che richiestolo d'un ritratto di quello Abramo, Andrea volentieri lo servì, e glielo fece tale che nella sua piccolezza non fu punto inferiore alla grandezza dell'originale. Laonde, piacendo molto a Pavolo, gli domandò del prezzo per pagarlo, stimando che dovesse costarli quello che veramente valeva; ma chiedendoli Andrea una miseria, Pavolo quasi si vergognò e strettosi nelle spalle gli diede tutto quello che chiese. Il quadro fu poi mandato da lui a Napoli... et in quel luogo è la più bella et onorata pittura che vi sia. Erano per l'assedio di Firenze fuggitisi con le paghe alcuni capitani della città , onde essendo richiesto Andrea di dipignere nella facciata del palazzo del podestà et in piazza non solo detti capitani, ma ancora alcuni cittadini fuggiti e fatti ribelli, disse che gli farebbe; ma per non si acquistare, come Andrea dal Castagno, il cognome degli Impiccati, diede nome di fargli fare a un suo garzone, chiamato Bernardo del Buda. Ma fatta una turata grande, dove egli stesso entrava e usciva di notte, condusse quelle figure di maniera che parevano coloro stessi vivi e naturali. I soldati che furon dipinti in piazza nella facciata della Mercatanzia Vecchia vicino alla condotta furono, già sono molt'anni, coperti di bianco perché non si vedesseno. E similmente i cittadini che egli finì tutti di sua mano nel palazzo del podestà guasti.
Essendo dopo Andrea in questi suoi ultimi anni molto familiare d'alcuni che governavano la Compagnia di San Bastiano che è dietro a' Servi, fece loro di sua mano un San Bastiano dal bellico in su tanto bello, che ben parve che quelle avessero a essere l'ultime pennellate che egli avesse a dare. Finito l'assedio se ne stava Andrea aspettando che le cose si allargassino, se bene con poca speranza, che il disegno di Francia gli dovesse riuscire, essendo stato preso Giovambatista della Palla, quando Fiorenza si riempié dei soldati del campo e di vettovaglie. Fra i quali soldati essendo alcuni Lanzi appestati, diedero non piccolo spavento alla città e poco appresso la lasciarono infetta. Laonde, o fusse per questo sospetto o pure perché avesse disordinato nel mangiare, dopo aver molto in quello assedio patito, si ammalò un giorno Andrea gravemente. E postosi nel letto giudicatissimo senza trovar rimedio al suo male e senza molto governo, standoli più lontana che poteva la moglie, per timor della peste, si morì (dicono) che quasi nissuno se n'avide; e così con assai poche cirimonie gli fu nella chiesa de' Servi vicino a casa sua dato sepoltura dagli uomini dello Scalzo, dove sogliono sepellirsi tutti quelli di quella Compagnia. Fu la morte d'Andrea di grandissimo danno alla sua città et all'arte, perché insino all'età di quarantadue anni che visse, andò sempre di cosa in cosa migliorando di sorte, che quanto più fusse vivuto, sempre averebbe accresciuto miglioramento all'arte; perciò che meglio si va acquistando a poco a poco, andandosi col piede più sicuro e fermo nelle difficultà dell'arte, che non si fa in volere sforzare la natura e l'ingegno a un tratto. Né è dubbio che se Andrea si fusse fermo a Roma, quando egli vi andò per vedere l'opere di Raffaello e di Michelagnolo, e parimente le statue e le rovine di quella città , che egli averebbe molto arrichita la maniera ne' componimenti delle storie et averebbe dato un giorno più finezza e maggior forza alle sue figure. Il che non è venuto fatto interamente, se non a chi è stato qualche tempo in Roma a praticarle e considerarle minutamente. Avendo egli dunque dalla natura una dolce e graziosa maniera nel disegno et un colorito facile e vivace molto, così nel lavorare in fresco, come a olio, si crede senza dubbio, se si fusse fermo in Roma, che egli averebbe avanzati tutti gl'artefici del tempo suo. Ma credono alcuni che da ciò lo ritraesse l'abondanza dell'opere che vidde in quella città di scultura e pittura, e così antiche come moderne, et il vedere molti giovani discepoli di Raffaello e d'altri essere fieri nel disegno e lavorare sicuri e senza stento; i quali, come timido che egli era, non gli diede il cuore di passare. E così, facendosi paura da sé, si risolvé per lo meglio tornarsene a Firenze, dove, considerando a poco a poco quello che avea veduto, fece tanto profitto che l'opere sue sono state tenute in pregio et amirate, e, che è più, imitate più dopo la morte che mentre visse. E chi n'ha le tien care, e chi l'ha volute vendere n'ha cavato tre volte più che non furono pagate a lui, atteso che delle sue cose ebbe sempre poco prezzo, sì perché era, come si è detto, timido di natura, e sì perché certi maestri di legname, che allora lavoravano le migliori cose in casa de' cittadini, non gli facevano mai allogare alcun'opera, per servire gl'amici loro, se non quando sapevano che Andrea avesse gran bisogno, nel qual tempo si contentava d'ogni pregio. Ma questo non toglie che l'opere sue non siano rarissime e che non ne sia tenuto grandissimo conto e meritamente, per essere egli stato de' maggiori e migliori maestri, che siano stati insin qui.
Sono nel nostro libro molti disegni di sua mano, e tutti buoni, ma particolarmente è bello affatto quello della storia che fece al Poggio, quando a Cesare è presentato il tributo di tutti gl'animali orientali; il quale disegno, che è fatto di chiaro scuro, è cosa rara et il più finito che Andrea facesse mai; avenga che quando egli disegnava le cose di naturale per metterle in opera faceva certi schizzi così abbozzati, bastandogli vedere quello che faceva il naturale. Quando poi gli metteva in opera gli conduceva a perfezzione. Onde i disegni gli servivano più per memoria di quello che aveva visto che per copiare a punto da quelli le sue pitture.
Furono i discepoli d'Andrea infiniti, ma non tutti fecero il medesimo studio sotto la disciplina di lui, perché vi dimorarono chi poco e chi assai, non per colpa d'Andrea, ma della donna sua, che senza aver rispetto a nessuno, comandando a tutti imperiosamente gli teneva tribolati. Furono dunque suoi dis...
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