[Pagina precedente]... fare. Per queste cagioni adunque fu tanto Lorenzo dal suo maestro amato, che quando Andrea andò a Vinezia a gettare di bronzo il cavallo e la statua di Bartolomeo da Bergamo, egli lasciò a Lorenzo tutto il maneggio et amministrazione delle sue entrate e de' negozii e parimente tutti i disegni, rilievi, statue e masserizie dell'arte. Et all'incontro amò tanto Lorenzo esso Andrea suo maestro, che oltre all'adoperarsi in Firenze con incredibile amore in tutte le cose di lui, andò anco più d'una volta a Vinezia a vederlo e rendergli conto della sua buona amministrazione; e ciò con tanta sodisfazione d'Andrea, che se Lorenzo l'avesse acconsentito egli se l'arebbe instituito erede; né di questo buono animo fu punto ingrato Lorenzo, poi che egli, morto Andrea, andò a Vinezia e condusse il corpo di lui a Firenze; et agl'eredi poi consegnò ciò che si trovava in mano d'Andrea, eccetto i disegni, pitture, sculture et altre cose dell'arte.
Le prime pitture di Lorenzo furono un tondo d'una Nostra Donna, che fu mandato al re di Spagna, il disegno della qual pittura ritrasse da una d'Andrea suo maestro; et un quadro, molto meglio che l'altro, che fu similmente da Lorenzo ritratto da uno di Lionardo da Vinci e mandato anch'esso in Ispagna, ma tanto simile a quello di Lionardo, che non si conosceva l'uno dall'altro. È di mano di Lorenzo una Nostra Donna in una tavola molto ben condotta, la quale è a canto alla chiesa grande di San Iacopo di Pistoia. E parimente una che n'è nello spedale del Ceppo, che è delle migliori pitture che siano in quella città . Fece Lorenzo molti ritratti e quando era giovane fece quello di se stesso, che è oggi appresso Gianiacopo suo discepolo, pittore in Fiorenza, con molte altre cose lasciategli da Lorenzo, fra le quali sono il ritratto di Pietro Perugino e quello d'Andrea del Verrocchio suo maestro. Ritrasse anco Girolamo Benivieni, uomo dottissimo e suo molto amico. Lavorò nella Compagnia di S. Bastiano dietro la chiesa de' Servi in Fiorenza in una tavola la Nostra Donna, S. Bastiano et altri Santi, e fece all'altare di S. Giuseppo in Santa Maria del Fiore esso Santo. Mandò a Monte Pulciano una tavola, che è nella chiesa di Santo Agostino, dentrovi un Crucifisso, la Nostra Donna e S. Giovanni, fatti con molta diligenza. Ma la migliore opera che Lorenzo facesse mai, e quella in cui pose maggiore studio e diligenza per vincere se stesso, fu quella che è in Cestello a una capella dove in una tavola è la Nostra Donna, S. Giuliano e S. Niccolò; e chi vuol conoscere che il lavorare pulito a olio è necessario a volere che l'opere si conservino, veggia questa tavola lavorata con tanta pulitezza che non si può più. Dipinse Lorenzo essendo ancor giovane, in un pilastro d'Or S. Michele, un San Bartolomeo, et alle monache di Santa Chiara in Fiorenza una tavola della Natività di Cristo, con alcuni pastori et Angeli; et in questa, oltre l'altre cose, mise gran diligenza in contrafare alcune erbe tanto bene, che paiono naturali; nel medesimo luogo fece in un quadro una S. Madalena in penitenza, et in un altro appresso la casa di Messer Ottaviano de' Medici fece un tondo d'una Nostra Donna. In S. Friano fece una tavola, et in San Matteo dello spedale di Lelmo lavorò alcune figure; in Santa Reparata dipinse l'angelo Michele in un quadro, e nella Compagnia dello Scalzo una tavola fatta con molta diligenza; et oltre a queste opere, fece molti quadri di Madonne e d'altre pitture, che sono per Fiorenza nelle case de' cittadini.
Avendo dunque Lorenzo, mediante queste fatiche, messo insieme alcune somme di danari, come quello che più tosto che arrichire disiderava quiete, si commise in S. Maria Nuova di Fiorenza, là dove visse et ebbe commoda abitazione insino alla morte. Fu Lorenzo molto parziale della setta di fra' Girolamo da Ferrara e visse sempre come uomo onesto e di buona vita, usando amorevolmente cortesia dovunque se gliene porgeva occasione. Finalmente pervenuto al 78 anno della sua vita, si morì di vecchiezza e fu sepellito in S. Piero Maggiore l'anno 1530. Fu costui tanto finito e pulito ne' suoi lavori, che ogni altra pittura a comparazione delle sue parrà sempre abbozzata e mal netta. Lasciò molti discepoli e fra gl'altri Giovanni Antonio Sogliani e Tommaso di Stefano. Ma perché del Sogliano si parlerà in altro luogo, dirò quanto a Tommaso ch'egli imitò molto nella pulitezza il suo maestro e fece in Fiorenza e fuori molte opere; nella villa d'Arcetri a Marco del Nero una tavola d'una Natività di Cristo condotta molto pulitamente. Ma la principal professione di Tommaso fu col tempo di dipignere drapperie, onde lavorò i drappelloni meglio che alcun'altro. E perché Stefano, padre di Tommaso, era stato miniatore et anco aveva fatto qualche cosa d'architettura, Tommaso per imitarlo condusse dopo la morte di esso suo padre il ponte a Sieve, lontano a Fiorenza X miglia, che allora era per una piena rovinato; e similmente quello di S. Piero a ponte in sul fiume di Bisenzio, che è una bell'opera. E dopo molte fabriche fatte per monasterii et altri luoghi, ultimamente, essendo architettore dell'Arte della Lana, fece il modello delle case nuove che fece fare quell'Arte dietro alla Nunziata; e finalmente si morì essendo già vecchio di 70 anni o più, l'anno 1564, e fu sepolto in S. Marco, dove fu onorevolmente accompagnato dall'Accademia del Disegno.
Ma tornando a Lorenzo, ei lasciò molte opere imperfette alla sua morte, e particolarmente un quadro d'una Passione di Cristo, molto bello, che venne nelle mani d'Antonio da Ricasoli et una tavola di Messer Francesco da Castiglioni canonico di Santa Maria del Fiore, che la mandò a Castiglioni, molto bella. Non si curò Lorenzo di fare molte opere grandi, perché penava assai a condurle e vi durava fatica incredibile e massimamente perché i colori ch'egli adoperava erano troppo sottilmente macinati; oltre che, purgava gl'olii di noce e stillavagli e faceva in sulle tavolelle le mestiche de' colori in gran numero, tanto che dalla prima tinta chiara all'ultima oscura si conduceva a poco a poco con troppo e veramente soverchio ordine, onde n'aveva alcuna volta in sulla tavolella 25 e trenta e per ciascuna teneva il suo pennello appartato, e dove egli lavorava non voleva che si facesse alcun movimento che potesse far polvere, la quale troppo estrema diligenza non è forse più lodevole punto che si sia una strema negligenza: perché in tutte le cose si vuole avere un certo mezzo e star lontano dagl'estremi che sono comunemente viziosi.
VITA DI LORENZETTO SCULTORE ET ARCHITETTO FIORENTINO E DI BOCCACCINO PITTORE CREMONESE
Quando la fortuna ha tenuto un pezzo a basso con la povertà la virtù di qualche bell'ingegno, alcuna volta suole ravvedersi et in un punto non aspettato procacciare a colui, che dianzi gl'era nimico, in varii modi beneficii, per ristorare in un anno i dispetti e l'incomodità di molti.
Il che si vide in Lorenzo di Lodovico campanaio fiorentino, il quale si adoperò così nelle cose d'architettura, come di scultura, e fu tanto amato da Raffaello da Urbino, che non solo fu da lui aiutato et adoperato in molte cose, ma ebbe dal medesimo per moglie una sorella di Giulio Romano, discepolo di esso Raffaello. Finì Lorenzetto (che così fu sempre chiamato) nella sua giovanezza, la sepoltura del cardinale Forteguerri, posta in San Iacopo di Pistoia e stata già cominciata da Andrea del Verrocchio; e fra l'altre cose vi è di mano di Lorenzetto una Carità che non è se non ragionevole; e poco dopo fece a Giovanni Bartolini per il suo orto una figura, la quale finita, andò a Roma, dove lavorò ne' primi anni molte cose, delle quali non accade fare altra memoria.
Dopo, essendogli allogata da Agostino Ghigi per ordine di Raffaello da Urbino, la sua sepoltura in Santa Maria del Popolo, dove aveva fabricato una capella, Lorenzo si mise a questa opera con tutto quello studio, diligenza e fatica che mai gli fu possibile, per uscirne con lode, per piacere a Raffaello, dal quale poteva molti favori et aiuti sperare, e per esserne largamente rimunerato dalla liberalità d'Agostino, uomo ricchissimo. Né cotali fatiche furono se non benissimo spese, perché, aiutato dal giudizio di Raffaello, condusse a perfezzione quelle figure, cioè un Iona ignudo uscito del ventre del pesce, per la ressurezzione de' morti, et uno Elia, che col vaso d'acqua e col pane subcinerizio vive di grazia sotto il ginepro. Queste statue, dunque, furono da Lorenzo a tutto suo potere con arte e diligenza a somma bellezza finite, ma egli non ne conseguì già quel premio che il bisogno della sua famiglia e tante fatiche meritavano; perciò che avendo la morte chiusi gl'occhi ad Agostino e quasi in un medesimo tempo a Raffaello, le dette figure, per la poca pietà degl'eredi d'Agostino, se gli rimasono in bottega dove stettono molti anni; pure oggi sono state messe in opera nella detta chiesa di Santa Maria del Popolo alla detta sepoltura. Lorenzo dunque, caduto d'ogni speranza per le dette cagioni, si trovò per allora avere gettato il tempo e la fatica. Dovendosi poi essequire il testamento di Raffaello gli fu fatta fare una statua di marmo di quattro braccia d'una Nostra Donna, per lo sepolcro di esso Raffaello nel tempio di Santa Maria Ritonda, dove per ordine suo fu restaurato quel tabernacolo. Fece il medesimo Lorenzo per un mercante de' Perini alla Trinità di Roma una sepoltura con due fanciulli di mezzo rilievo. E d'architettura fece il disegno di molte case e particolarmente quello del palazzo di Messer Bernardino Caffarelli; e nella Valle la facciata di dentro e così il disegno delle stalle et il giardino di sopra, per Andrea cardinale della Valle, dove accomodò nel partimento di quell'opera colonne basse e capitegli antichi, e spartì attorno per basamento di tutta quell'opera pili antichi pieni di storie. E più alto fece sotto certe nicchione un altro fregio di rottami di cose antiche, e di sopra nelle dette nicchie pose alcune statue pur antiche e di marmo, le quali se bene non erano intere, per essere quale senza testa, quale senza braccia et alcuna senza gambe, et insomma ciascuna con qualche cosa meno, l'accomodò non di meno benissimo, avendo fatto rifare a buoni scultori tutto quello che mancava. La quale cosa fu cagione che altri signori hanno poi fatto il medesimo e restaurato molte cose antiche, come il cardinale Cefis, Ferrara, Farnese e, per dirlo in una parola, tutta Roma. E nel vero hanno molto più grazia queste anticaglie in questa maniera restaurate, che non hanno que' tronchi imperfetti e le membra senza capo o in altro modo difettose e manche.
Ma tornando al giardino detto, fu posto sopra le nicchie la fregiatura che vi si vede di storie antiche di mezzo rilievo bellissima e rarissima. La quale invenzione di Lorenzo gli giovò infinitamente, perché passati gl'infortunii di papa Clemente, egli fu adoperato con suo molto onore et utile; perciò che avendo il Papa veduto, quando si combatté Castello Santo Agnolo, che due cappellette di marmo, che erano all'entrare del ponte, avevano fatto danno, perché standovi dentro alcuni soldati archibugieri amazzavano chiunche s'affacciava alle mura e con troppo danno, stando essi al sicuro levavano le diffese, si risolvé Sua Santità levare le dette cappelle e ne' luoghi loro mettere sopra due basamenti due statue di marmo. E così, fatto metter su il San Paulo di Paulo Romano, del quale si è in altro luogo ragionato, fu data a fare l'altra, cioè un San Pietro, a Lorenzetto, il quale si portò assai bene, ma non passò già quella di Paulo Romano. Le quali due statue furono poste e si veggiono oggi all'entrata del ponte. Venuto poi a morte papa Clemente, furono allogate a Baccio Bandinelli le sepolture di esso Clemente e quella di Leone Decimo et a Lorenzo data la cura del lavoro di quadro che vi si aveva a fare di marmo; onde egli si andò in questa opera qualche tempo trattenendo.
Finalmente quando fu creato pontefice papa Paulo III, essendo Lorenzo molto male condotto et assai consumato, e non avendo altro che una casa, la qual...
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