[Pagina precedente]...ù che non potevano. Uno di questi fu Antonio del Ceraiuolo fiorentino, il quale essendo molti anni stato con Lorenzo di Credi aveva da lui particolarmente imparato a ritrarre tanto bene di naturale, che con facilità grandissima faceva i suoi ritratti similissimi al naturale, ancor che in altro non avesse molto disegno. Et io ho veduto alcune teste di sua mano ritratte dal vivo che, ancor che abbiano, verbi grazia, il naso torto, un labro piccolo et un grande et altre sì fatte disformità , somigliano nondimeno il naturale, per aver egli ben preso l'aria di colui. Là dove per contrario molti eccellenti maestri hanno fatto pitture e ritratti di tutta perfezzione in quanto all'arte, ma non somigliano, né poco, né assai colui per cui sono stati fatti. E per dire il vero chi fa ritratti, dee ingegnarsi, senza guardare a quello che si richiede in una perfetta figura, fare che somiglino colui per cui si fanno. Ma quando somigliano e sono anco belli allora si possono dir opere singolari e gl'artefici loro eccellentissimi. Questo Antonio dunque, oltre a molti ritratti fece molte tavole per Firenze, ma farò solamente, per brevità , menzione di due che sono una in San Jacopo tra' Fossi al canto agl'Alberti, nella quale fece un Crocifisso con Santa Maria Madalena e San Francesco; nell'altra, che è nella Nunziata, è un San Michele che pesa l'anime.
L'altro dei due sopra detti fu Domenico Puligo, il quale fu di tutti gl'altri sopra nominati più eccellente nel disegno e più vago e grazioso nel colorito. Costui dunque, considerando che il suo dipignere con dolcezza senza tignere l'opere o dar loro crudezza, ma che il fare a poco a poco sfuggire i lontani, come velati da una certa nebbia, dava rilievo e grazia alle sue pitture, e che se bene i contorni delle figure che faceva si andavano perdendo, in modo che occultando gl'errori non si potevano vedere ne' fondi dove erano terminate le figure; che nondimeno il suo colorire e la bell'aria delle teste facevano piacere l'opere sue; tenne sempre il medesimo modo di fare e la medesima maniera che lo fece essere in pregio mentre che visse. Ma lasciando da canto il far memoria de' quadri e de' ritratti che fece stando in bottega di Ridolfo, che parte furono mandati di fuori e parte servirono la città , dirò solamente di quelle che fece quando fu più tosto amico e concorrente di esso Ridolfo che discepolo; e di quelle che fece essendo tanto amico d'Andrea del Sarto, che niuna cosa aveva più cara che vedere quell'uomo in bottega sua, per imparare da lui, mostrargli le sue cose e pigliarne parere, per fuggire i diffetti e gl'errori in che incorrono molte volte coloro che non mostrano a nessuno dell'arte quello che fanno; i quali, troppo fidandosi del proprio giudizio, vogliono anzi essere biasimati dall'universale, fatte che sono l'opere, che corregerle mediante gl'avvertimenti degl'amorevoli amici. Fece fra le prime cose Domenico un bellissimo quadro di Nostra Donna a Messer Agnolo della Stufa, che l'ha alla sua badia di Capalona nel contado d'Arezzo e lo tiene carissimo, per essere stato condotto con molta diligenza e bellissimo colorito. Dipinse un altro quadro di Nostra Donna, non meno bello che questo, a Messer Agnolo Niccolini, oggi arcivescovo di Pisa e cardinale, il quale l'ha nelle sue case a Fiorenza al Canto de' Pazzi. E parimente un altro di simile grandezza e bontà , che è oggi appresso Filippo dell'Antella in Fiorenza. In un altro, che è grande circa tre braccia, fece Domenico una Nostra Donna intera col Putto fra le ginocchia, un San Giovannino et un'altra testa; il qual quadro, che è tenuto delle migliori opere che facesse, non si potendo vedere il più dolce colorito, è oggi appresso Messer Filippo Spini, tesauriere dell'illustrissimo Prencipe di Fiorenza magnifico gentiluomo e che molto si diletta delle cose di pittura.
Fra' molti ritratti che Domenico fece di naturale, che tutti sono belli e molto somigliano, quello è bellissimo che fece di monsignore Messer Piero Carnesecchi allora bellissimo giovinetto, al quale fece anco alcuni altri quadri tutti belli e condotti con molta diligenza. Ritrasse anco in un quadro la Barbara Fiorentina in quel tempo famosa, bellissima cortigiana e molto amata da molti non meno che per la bellezza, per le sue buone creanze e particolarmente per essere bonissima musica e cantare divinamente. Ma la migliore opera che mai condusse Domenico fu un quadro grande, dove fece quanto il vivo una Nostra Donna con alcuni Angeli e putti et un San Bernardo che scrive; il qual quadro è oggi appresso Giovangualberto del Giocondo e Messer Niccolò suo fratello, canonico di San Lorenzo di Firenze. Fece il medesimo molti altri quadri che sono per le case de' cittadini e particolarmente alcuni dove si vede la testa di Cleopatra, che si fa mordere da un aspide la poppa; et altri dove è Lucrezia romana, che si uccide con un pugnale. Sono anco di mano del medesimo alcuni ritratti di naturale e quadri molto belli alla porta a Pinti in casa di Giulio Scali, uomo non meno di bellissimo giudizio nelle cose delle nostre arti che in tutte l'altre migliori e più lodate professioni. Lavorò Domenico a Francesco del Giocondo, in una tavola per la sua capella nella tribuna maggiore della chiesa de' Servi in Fiorenza, un San Francesco che riceve le stimmate; la quale opera è molto dolce di colorito e morbidezza e lavorata con molta diligenza. E nella chiesa di Cestello intorno al tabernacolo del Sagramento lavorò a fresco due Angeli; e nella tavola d'una cappella della medesima chiesa fece la Madonna co'l Figliuolo in braccio, San Giovanni Battista e San Bernardo et altri Santi. E perché parve ai monaci di quel luogo che si portasse in queste opere molto bene, gli feciono fare alla loro Badia di Settimo fuor di Fiorenza in un chiostro le visioni del conte Ugo, che fece sette badie. E non molto dopo dipinse il Puligo in sul canto di via Mozza da Santa Caterina in un tabernacolo una Nostra Donna ritta col Figliuolo in collo, che sposa Santa Caterina; et un San Piero martire. Nel castello d'Anghiari fece in una Compagnia un Deposto di Croce, che si può fra le sue migliori opere annoverare. Ma perché fu più sua professione attendere a quadri di Nostre Donne, ritratti et altre teste che a cose grandi, consumò quasi tutto il tempo in quelle. E se egli avesse seguitato le fatiche dell'arte e non più tosto i piaceri del mondo come fece, arebbe fatto senza alcun dubbio molto profitto nella pittura, e massimamente avendolo Andrea del Sarto suo amicissimo aiutato in molte cose di disegni e di consiglio. Onde molte opere di costui si veggiono non meno ben disegnate che colorite, con bella e buona maniera. Ma l'avere per suo uso Domenico non volere durare molta fatica e lavorare più per fare opere e guadagnare che per fama, fu cagione che non passò più oltre: perché praticando con persone allegre e di buon tempo e con musici e con femmine, seguitando certi suoi amori, si morì d'anni cintuantadua l'anno MDXXVII per avere presa la peste in casa d'una sua innamorata.
Furono da costui i colori con sì buona et unita maniera adoperati, che più per questo merita lode che per altro. Fu suo discepolo fra gl'altri Domenico Beceri fiorentino, il quale, adoperando i colori pulitamente, con buonissima maniera conduce l'opere sue.
VITA DI ANDREA DA FIESOLE SCULTORE E D'ALTRI FIESOLANI
Perché non meno si richiede agli scultori avere pratica de' ferri che a chi esercita la pittura quella de' colori, di qui avviene che molti fanno di terra benissimo, che poi di marmo non conducono l'opere a veruna perfezzione; et alcuni per lo contrario lavorano bene il marmo, senza avere altro disegno che un non so che che hanno nell'idea di buona maniera, la imitazione della quale si trae da certe cose che al giudizio piacciano, e che poi, tolte all'imaginazione, si mettono in opera. Onde è quasi una maraviglia vedere alcuni scultori, che senza saper punto disegnare in carta, conducono nondimeno coi ferri l'opere loro a buono e lodato fine; come si vide in Andrea di Piero di Marco Ferrucci, scultore da Fiesole, il quale nella sua prima fanciullezza imparò i principii della scultura da Francesco di Simone Ferucci, scultore da Fiesole. E, se bene da principio imparò solamente a intagliare fogliami, acquistò nondimeno a poco a poco tanta pratica nel fare che non passò molto che si diede a far figure; di maniera che, avendo la mano resoluta e veloce, condusse le sue cose di marmo più con un certo giudizio e pratica naturale, che per disegno che egli avesse. Ma nondimeno attese un poco più all'arte, quando poi seguitò nel colmo della sua gioventù Michele Maini scultore, similmente da Fiesole. Il quale Michele fece nella Minerva di Roma il San Sebastiano di marmo, che fu tanto lodato in que' tempi. Andrea dunque, essendo condotto a lavorare a Imola, fece negl'Innocenti di quella città una cappella di macigno che fu molto lodata. Dopo la quale opera se n'andò a Napoli, essendo là chiamato da Antonio di Giorgio da Settignano, grandissimo ingegneri et architetto del re Ferrante, appresso al quale era in tanto credito Antonio, che non solo maneggiava tutte le fabriche del regno, ma ancora tutti i più importanti negozii dello stato. Giunto Andrea in Napoli, fu messo in opera e lavorò molte cose nel castello di San Martino et in altri luoghi della città per quel re. Ma venendo a morte Antonio, poi che fu fatto sepelire da quel re non con esequie da architettore, ma reali e con venti coppie d'imbastiti che l'accompagnarono alla sepoltura, Andrea si partì da Napoli, conoscendo che quel paese non faceva per lui, e se ne tornò a Roma, dove stette per qualche tempo attendendo agli studi dell'arte et a lavorare.
Dopo, tornato in Toscana, lavorò in Pistoia, nella chiesa di San Iacopo, la cappella di marmo dove è il battesimo, e con molta diligenza condusse il vaso di detto battesimo con tutto il suo ornamento. E nella faccia della cappella fece due figure grandi quanto il vivo di mezzo rilievo, cioè San Giovanni che battezza Cristo, molto ben condotta e con bella maniera. Fece nel medesimo tempo alcune altre opere piccole, delle quali non accade far menzione. Dirò bene che, ancora che queste cose fussero fatte da Andrea più con pratica che con arte, si conosce nondimeno in loro una resoluzione et un gusto di bontà molto lodevole. E nel vero se così fatti artefici avessero congiunto alla buona pratica et al giudizio il fondamento del disegno, vincerebbono d'eccellenza coloro che, disegnando perfettamente, quando si mettono a lavorare il marmo lo graffiano e con istento in mala maniera lo conducono, per non avere pratica e non sapere maneggiare i ferri con quella pratica che si richiede. Dopo queste cose, lavorò Andrea nella chiesa del Vescovado di Fiesole una tavola di marmo, posta nel mezzo fra le due scale che sagliono al coro di sopra, dove fece tre figure tonde et alcune storie di basso rilievo. Et in San Girolamo di Fiesole fece la tavolina di marmo che è murata nel mezzo della chiesa. Per la fama di queste opere venuto Andrea in cognizione, gli fu da gl'Operai di Santa Maria del Fiore, allora che Giulio cardinale de' Medici governava Fiorenza, dato a fare la statua d'uno Apostolo di quattro braccia, in quel tempo dico che altre quattro simili ne furono allogate in un medesimo tempo: una a Benedetto da Maiano, una a Iacopo Sansovino, una a Baccio Bandinelli e l'altra a Michelagnolo Buonarroti; le quali statue avevano a essere insino al numero di dodici e doveano porsi dove i detti Apostoli sono in quel magnifico tempio dipinti di mano di Lorenzo di Bicci.
Andrea, dunque, condusse la sua con più bella pratica e giudizio che con disegno e n'acquistò, se non lode quanto gl'altri, nome di assai buono e pratico maestro. Onde lavorò poi quasi di continuo per l'opera di detta chiesa e fece la testa di Marsilio Ficino, che in quella si vede dentro alla porta che va alla canonica. Fece anco una fonte di marmo che fu mandata al re d'Ungheria, la quale gli acquistò grande onore; fu di sua mano ancora un...
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