[Pagina precedente]...n gl'anni, si diede a disegnare e studiare, e così a poco a poco le migliorò, quanto si vide poi nelle finestre che fece nel palazzo del detto cardinale in Cortona et in quell'altro di fuori et in un occhio, che è nella detta pieve sopra la facciata dinanzi a man ritta entrando in chiesa, dove è l'arme di papa Leone X, e parimente in due finestre piccole che sono nella Compagnia del Gesù; in una delle quali è un Cristo e nell'altra un Santo Onofrio, le quali opere sono assai differenti e molto migliori delle prime. Dimorando dunque, come si è detto, costui in Cortona, morì in Arezzo Fabiano di Stagio Sassoli aretino, stato bonissimo maestro di fare finestre grande. Onde avendo gl'Operai del vescovado allogato tre finestre, che sono nella cappella principale di venti braccia l'una, a Stagio figliuolo del detto Fabiano et a Domenico Pecori pittore, quando furono finite e poste ai luoghi loro, non molto sodisfecero agl'Aretini, ancora che fossero assai buone e più tosto lodevoli che no. Ora avvenne che, andando in quel tempo Messer Lodovico Bellichini, medico eccellente e de' primi che governasse la città d'Arezzo, a medicare in Cortona la madre del detto cardinale, egli si dimesticò assai col detto Guglielmo, col quale, quando tempo gl'avanzava, ragionava molto volentieri e Guglielmo parimente, che allora si chiamava il priore, per avere di que' giorni avuto il beneficio d'una prioria, pose affezzione al detto medico; il quale un giorno domandò Guglielmo se con buona grazia del cardinale anderebbe a fare in Arezzo alcune finestre; et avendogli promesso, con licenza e buona grazia del cardinale, là si condusse. Stagio dunque, del quale si è ragionato di sopra, avendo divisa la compagnia con Domenico, raccettò in casa sua Guglielmo; il quale per la prima opera in una finestra di Santa Lucia, cappella degl'Albergotti nel Vescovado d'Arezzo, fece essa Santa et un S. Salvestro, tanto bene che questa opera può dirsi veramente fatta di vivissime figure e non di vetri colorati e trasparenti o, almeno, pittura lodata e maravigliosa perché, oltre al magisterio delle carni, sono squagliati i vetri, cioè levata in alcun luogo la prima pelle e poi colorita d'altro colore, come sarebbe a dire posto in sul vetro rosso squagliato opera gialla et in su l'azzurro bianca e verde lavorata, la qual cosa in questo mestiero è difficile e miracolosa.
Il vero, dunque, e primo colorato viene tutto da uno de' lati, come dire il colore rosso, azzurro o verde, e l'altra parte, che è grossa quanto il taglio d'un coltello o poco più, bianca. Molti per paura di non spezzare i vetri, per non avere gran pratica nel maneggiargli, non adoperano punta di ferro per squagliarli, ma in quel cambio, per più sicurtà , vanno incavando i detti vetri con una ruota di rame in cima un ferro, e così a poco a poco tanto fanno con lo smeriglio che lasciano la pelle sola del vetro bianco, il quale viene molto netto. Quando poi sopra detto vetro rimaso bianco si vuol fare di colore giallo, allora si dà , quando si vuole metter a fuoco a punto per cuocerlo, con un pennello, d'argento calcinato che è un colore simile al bolo, ma un poco grosso e questo al fuoco si fonde sopra il vetro e fa che scorrendo si attacca, penetrando a detto vetro, e fa un bellissimo giallo, i quali modi di fare niuno adoperò meglio, né con più artificio et ingegno del priore Guglielmo; et in queste cose consiste la difficultà , perché il tignere di colori a olio o in altro modo è poco o niente, e che sia diaffano e trasparente non è cosa di molto momento, ma il cuocergli a fuoco e fare che regghino alle percosse dell'acqua e si conservino sempre, è ben fatica degna di lode. Onde questo eccellente maestro merita lode grandissima, per non essere chi in questa professione di disegno, d'invenzione, di colore e di bontà abbia mai fatto tanto.
Fece poi l'occhio grande di detta chiesa dentrovi la veduta dello Spirito Santo e così il battesimo di Cristo, per San Giovanni, dove egli fece Cristo nel Giordano che aspetta San Giovanni, il quale ha preso una tazza d'acqua per battezarlo, mentre che un vecchio nudo si scalza e certi Angeli preparano la veste per Cristo, e sopra è il Padre, che manda lo Spirito Santo al Figliuolo. Questa finestra è sopra il battesimo in detto Duomo, nel quale ancora lavorò la finestra della resurrezione di Lazzaro quattriduano, dove è impossibile mettere in sì poco spazio tante figure, nelle quali si conosce lo spavento e lo stupire di quel popolo et il fetore del corpo di Lazaro, il quale fa piangere et insieme rallegrare le due sorelle della sua resurressione. Et in questa opera sono squagliamenti infiniti di colore sopra colore nel vetro e vivissima certo pare ogni minima cosa nel suo genere. E chi vuol vedere quanto abbia in questa arte potuto la mano del priore nella finestra di San Matteo sopra la cappella di esso Apostolo, guardi la mirabile invenzione di questa istoria e vedrà vivo Cristo chiamare Matteo dal banco, che lo seguiti, il quale aprendo le braccia per riceverlo in sé, abbandona le acquistate ricchezze e tesori. Et in questo mentre uno Apostolo, addormentato appiè di certe scale, si vede essere svegliato da un altro con prontezza grandissima, e nel medesimo modo vi si vede ancora un S. Piero favellare con San Giovanni, sì belli l'uno e l'altro che veramente paiono divini; in questa finestra medesima sono i tempi di prospettiva, le scale e le figure talmente composte, et i paesi sì proprii fatti che mai non si penserà che sien vetri, ma cosa piovuta da cielo a consolazione degli uomini. Fece in detto luogo la finestra di Santo Antonio e di San Niccolò bellissime e due altre, dentrovi nella una la storia quando Cristo caccia i vendenti del tempio e nell'altra l'adultera, opere veramente tutte tenute egregie e maravigliose. E talmente furono di lode, di carezze e di premii le fatiche e le virtù del priore dagli Aretini riconosciute et egli di tal cosa tanto contento e sodisfatto, che si risolvette eleggere quella città per patria, e di Franzese che era diventare Aretino.
Appresso, considerando seco medesimo l'arte de' vetri essere poco eterna per le rovine che nascono ognora in tali opre, gli venne desiderio di darsi alla pittura e così dagli Operai di quel Vescovo prese a fare tre grandissime volte a fresco, pensando lasciar di sé memoria. E gli Aretini in ricompensa, gli fecero dare un podere, ch'era della Fraternità di Santa Maria della Misericordia, vicino alla terra, con bonissime case a godimento della vita sua. E volsero che, finita tale opera, fosse stimato per uno egregio artefice il valor di quella e che gli Operai di ciò gli facessino buono il tutto. Perché egli si mise in animo di farsi in ciò valere et alla similitudine delle cose della cappella di Michelagnolo, fece le figure per la altezza grandissime. E poté in lui talmente la voglia di farsi eccellente in tale arte, che ancora che ei fosse di età di cinquanta anni, migliorò di cosa in cosa di modo che mostrò non meno conoscere et intendere il bello, che in opera dilettarsi contrafare il buono. Figurò i principi del Testamento Nuovo, come nelle tre grandi il principio del Vecchio aveva fatto. Onde per questa cagione voglio credere che ogni ingegno che abbia volontà di pervenire a la perfezzione, possa passare (volendo affaticarsi) il termine d'ogni scienza. Egli si spaurì bene nel principio di quelle per la grandezza e per non aver più fatto. Il che fu cagione ch'egli mandò a Roma per maestro Giovanni Franzese miniatore, il quale, venendo in Arezzo, fece in fresco sopra Santo Antonio uno arco con un Cristo e nella Compagnia il segno che si porta a processione, che gli furono fatti lavorare dal priore. Et egli molto diligentemente gli condusse. In questo medesimo tempo fece alla chiesa di San Francesco l'occhio della chiesa nella facciata dinanzi, opera grande, nel quale finse il papa nel consistoro e la residenza de' cardinali, dove San Francesco porta le rose di gennaio e per la confermazione della Regola va a Roma. Nella quale opera mostrò quanto egli de' componimenti s'intendesse, che veramente si può dire lui esser nato per quello essercizio. Quivi non pensi artefice alcuno, di bellezza, di copia di figure, né di grazia già mai paragonarlo. Sono infinite opere di finestre per quella città tutte bellissime e nella Madonna delle Lagrime l'occhio grande con l'Assunzione della Madonna et Apostoli et una d'una Annunziata bellissima. Un occhio con lo Sponsalizio et un altro dentrovi un San Girolamo per gli Spadari. Similmente giù per la chiesa tre altre finestre e nella chiesa di San Girolamo un occhio, con la Natività di Cristo, bellissimo, et ancora un altro in San Rocco. Mandonne eziandio in diversi luoghi come a Castiglion del Lago et a Fiorenza a Lodovico Capponi una per in Santa Felicita, dove è la tavola di Iacopo da Puntormo, pittore eccellentissimo, e la cappella lavorata da lui a olio in muro et in fresco et in tavola, la quale finestra venne nelle mani de' frati Gesuati, che in Fiorenza lavorano di tal mestiere, et essi la scommessero tutta per vedere i modi di quello e molti pezzi per saggi ne levarono e di nuovo vi rimessero, e finalmente la mutarono di quel ch'ella era.
Volse ancora colorire a olio e fece in San Francesco d'Arezzo alla cappella della Concezzione una tavola, nella quale sono alcune vestimenta molto ben condotte e molte teste vivissime e tanto belle che egli ne restò onorato per sempre, essendo questa la prima opera che egli avese mai fatta ad olio. Era il priore persona molto onorevole e si dilettava cultivare et acconciare, onde, avendo compero un bellissimo casamento, fece in quello infiniti bonificamenti. E come uomo religioso tenne di continuo costumi bonissimi et il rimorso della conscienza, per la partita che fece da' frati, lo teneva molto aggravato. Per il che a San Domenico d'Arezzo, convento della sua Religione, fece una finestra alla cappella dell'altar maggiore bellissima, nella quale fece una vite ch'esce di corpo a San Domenico e fa infiniti santi frati i quali fanno lo albero della Religione et a sommo è la Nostra Donna e Cristo che sposa Santa Caterina sanese, cosa molto lodata e di gran maestria della quale non volse premio, parendoli avere molto obligo a quella Religione. Mandò a Perugia in San Lorenzo una bellissima finestra et altre infinite in molti luoghi intorno ad Arezzo. E perché era molto vago delle cose d'architettura, fece per quella terra a' cittadini assai disegni di fabbriche e di ornamenti per la città , le due porte di San Rocco di pietra e lo ornamento di macigno che si mise alla tavola di maestro Luca in San Girolamo. Nella Badia a Cipriano d'Anghiari ne fece uno e nella Compagnia della Trinità alla cappella del Crocifisso un altro ornamento et un lavamani ricchissimo nella sagrestia, i quali Santi Scarpellino condusse in opera perfettamente. Laonde egli, che di lavorare sempre aveva diletto, continuando il verno e la state il lavoro del muro, il quale chi è sano fa divenire infermo, prese tanta umidità che la borsa de' granelli si gli riempié d'acqua, talmente che, foratagli da' medici, in pochi giorni rese l'anima a chi gliene aveva donata. E come buon cristiano prese i Sacramenti della chiesa e fece testamento. Appresso, avendo speziale divozione nei romiti camaldolesi, i quali vicino ad Arezzo venti miglia sul giogo d'Apennino fanno congregazione, lasciò loro l'avere et il corpo suo. Et a Pastorino da Siena suo garzone, ch'era stato seco molti anni, lasciò i vetri e le masserizie da lavorare et i suoi disegni che n'è nel nostro libro una storia, quando Faraone somerge nel Mar Rosso. Il Pastorino ha poi atteso a molte altre cose pur dell'arte et alle finestre di vetro, ancora che abbia fatto poi poche cose di quella professione. Lo seguitò anco molto un Maso Porro cortonese che valse più nel commetterle e nel cuocere i vetri che nel dipignerle. Furono suoi creati Battista Borro aretino, il quale delle fenestre molto lo va imitando et insegnò i primi principii a Benedetto Spadari et a Gior...
[Pagina successiva]