LA VITA DI CASTRUCCIO CASTRACANI, di Niccolo' Machiavelli - pagina 2
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Il che Castruccio cognobbe, e attese per alcuni giorni ad accrescere in loro questa opinione, mostrando di temere, non lasciando uscire alcuno delle munizioni del campo; e dall'altra parte i Guelfi, quanto più vedevano questo timore, tanto più diventavano insolenti, e ciascuno giorno, ordinati alla zuffa, si presentavano allo esercito di Castruccio.
Il quale, parendoli avere dato loro assai animo, e cognosciuto l'ordine loro, deliberò fare la giornata con quegli; e prima con le parole fermò l'animo de' suoi soldati, e mostrò loro la vittoria certa quando volessino ubbidire agli ordini suoi.
Aveva Castruccio veduto come gli inimici avevano messe tutte le loro forze nel mezzo delle schiere, e le gente più debole nelle corna di quelle; onde che esso fece el contrario, perché messe nelle corna del suo esercito la più valorosa gente avesse e, nel mezzo, quella di meno stima.
E uscito de' suoi alloggiamenti con questo ordine, come prima venne alla vista dello esercito inimico, el quale insolentemente, secondo l'uso, lo veniva a trovare, comandò che le squadre del mezzo andassero adagio e quelle delle corna con prestezza si movessino.
Tanto che, quando venne alle mani con i nimici, le corna sole dell'uno e dell'altro esercito combattevono, e le schiere del mezzo si posavano; perché le gente di mezzo di Castruccio erano rimaste tanto indietro, che quelle di mezzo degli inimici non le aggiugnevano; e così venivano le più gagliarde genti di Castruccio a combattere con le più debole degli inimici, e le più gagliarde loro si posavano, sanza potere offendere quelli avieno allo incontro, o dare alcuno aiuto alli suoi.
Tale che, sanza molta difficultà, e' nimici dall'uno e l'altro corno si missono in volta; e quegli di mezzo ancora, vedendosi nudati da' fianchi de' suoi, sanza avere potuto mostrare alcuna loro virtù, si fuggirono.
Fu la rotta e la uccisione grande, perché vi furono morti meglio che diecimila uomini, con molti caporali e grandi cavalieri di tutta Toscana di parte guelfa e di più molti principi che erano venuti in loro favore, come furono Piero fratello del re Ruberto e Carlo suo nipote e Filippo signore di Taranto.
E dalla parte di Castruccio non aggiunsono a trecento; intra quali morì Francesco figliuolo di Uguccione, il quale, giovinetto e volenteroso, nel primo assalto fu morto.
Fece questa rotta al tutto grande il nome di Castruccio; in tanto che a Uguccione entrò tanta gelosia e sospetto dello stato suo, che non mai pensava se non come lo potessi spegnere, parendogli che quella vittoria gli avessi non dato ma tolto lo imperio.
E stando in questo pensiero, aspettando occasione onesta di mandarlo ad effetto, occorse che e' fu morto Pier Agnolo Micheli in Lucca, uomo qualificato e di grande estimazione, l'ucciditore del quale si rifuggì in casa Castruccio; dove andando e' sergenti del capitano per prenderlo, furono da Castruccio ributtati, in tanto che lo omicida mediante gli aiuti suoi si salvò.
La qual cosa sentendo Uguccione, che allora si trovava a Pisa, e parendogli avere giusta cagione a punirlo, chiamò Neri suo figliuolo, al quale aveva già data la signoria di Lucca, e gli commisse che, sotto titolo di convitare Castruccio, lo prendessi e facessi morire.
Donde che Castruccio, andando nel palazzo del signore domesticamente, non temendo di alcuna ingiuria, fu prima da Neri ritenuto a cena, e di poi preso.
E dubitando Neri che nel farlo morire sanza alcuna giustificazione il popolo non si alterasse, lo serbò vivo, per intendere meglio da Uguccione come gli paressi da governarsi.
Il quale, biasimando la tardità e viltà del figliuolo, per dare perfezione alla cosa con quattrocento cavagli si uscì di Pisa per andarne a Lucca; e non era ancora arrivato ai Bagni, che i Pisani presono le armi e uccisono il vicario di Uguccione e gli altri di sua famiglia che erano restati in Pisa, e feciono loro signore il conte Gaddo della Gherardesca.
Sentì Uguccione, prima che arrivasse a Lucca, lo accidente seguito in Pisa, né gli parse da tornare indietro, acciò che i Lucchesi, con lo esemplo de' Pisani, non gli serrassino ancora quegli le porte.
Ma i Lucchesi, sentendo i casi di Pisa, nonostante che Uguccione fussi venuto in Lucca, presa occasione dalla liberazione di Castruccio, cominciorono prima ne' circuli per le piazze a parlare sanza rispetto, di poi a fare tumulto, e da quello vennono alle armi, domandando che Castruccio fusse libero; tanto che Uguccione, per timore di peggio, lo trasse di prigione.
Donde che Castruccio, subito ragunati sua amici, col favore del popolo fece èmpito contro a Uguccione.
Il quale, vedendo non avere rimedio, se ne fuggì con gli amici suoi, e ne andò in Lombardia a trovare e' signori della Scala; dove poveramente morì.
Ma Castrucio, di prigioniero diventato come principe di Lucca, operò, con gli amici suoi e con el favore fresco del popolo, in modo che fu fatto capitano delle loro gente per uno anno.
Il che ottenuto, per darsi riputazione nella guerra, disegnò di recuperare ai Lucchesi molte terre che si erano ribellate dopo la partita di Uguccione; e andò, con il favore de' Pisani con i quali si era collegato, a campo a Serezana; e per espugnarla, fece sopra essa una bastìa, la quale, di poi murata dai Fiorentini, si chiama oggi Serezanello; e in tempo di dua mesi prese la terra.
Di poi con questa reputazione occupò Massa, Carrara e Lavenza, e in brevissimo tempo occupò tutta Lunigiana; e per serrare il passo che di Lombardia viene in Lunigiana, espugnò Pontriemoli, e ne trasse messer Anastasio Palavisini che ne era signore.
Tornato a Lucca con questa vittoria, fu da tutto il popolo incontrato.
Né parendo a Castruccio da differire il farsi principe, mediante Pazzino dal Poggio, Puccinello dal Portico, Francesco Boccansacchi e Cecco Guinigi, allora di grande reputazione in Lucca, corrotti da lui, se ne fece signore, e solennemente e per deliberazione del popolo fu eletto principe.
Era venuto in questo tempo in Italia Federigo di Baviera, re de' Romani, per prendere la corona dello Imperio.
Il quale Castruccio si fece amico, e lo andò a trovare con cinquecento cavagli; e lasciò in Lucca suo luogotenente Pagolo Guinigi, del quale, per la memoria del padre, faceva quella stimazione che se e' fussi nato di lui.
Fu ricevuto Castruccio da Federigo onoratamente e datogli molti privilegi, e lo fece suo luogotenente in Toscana.
E perché i Pisani avevono cacciato Gaddo della Gherardesca, e per paura di lui erano ricorsi a Federigo per aiuto, Federigo fece Castruccio signore di Pisa; e i Pisani per timore di parte guelfa, e in particulare de' Fiorentini, lo accettorono.
Tornatosene pertanto Federigo nella Magna, e lasciato uno governatore a Roma, tutti e' Ghibellini toscani e lombardi, che seguivano le parti dello imperadore, si rifuggirono a Castruccio, e ciascuno gli prometteva lo imperio della sua patria, quando per suo mezzo vi rientrasse; intra quali furono Matteo Guidi, Nardo Scolari, Lapo Uberti, Gerozzo Nardi e Piero Buonaccorsi, tutti ghibellini e fuora usciti fiorentini.
E disegnando Castruccio per il mezzo di costoro e con le sue forze farsi signore di tutta Toscana, per darsi più reputazione si accostò con messer Matteo Visconti principe di Milano, e ordinò tutta la città e il suo paese alle armi.
E perché Lucca aveva cinque porte, divise in cinque parti el contado, e quello armò e distribuì sotto capi e insegne, tale che in uno subito metteva insieme ventimila uomini, sanza quegli che gli potevano venire in aiuto da Pisa.
Cinto adunque di queste forze e di questi amici, accadde che messer Matteo Visconti fu assaltato dai Guelfi di Piacenza; i quali avevono cacciati i Ghibellini, in aiuto de' quali e' Fiorentini e il re Ruberto avevono mandate loro gente.
Donde che messer Matteo richiese Castruccio che dovesse assaltare e' Fiorentini, acciò che quegli, costretti a difendere le case loro revocassino le loro gente di Lombardia.
Così Castruccio con assai gente assaltò il Valdarno, e occupò Fucecchio e San Miniato con grandissimo danno del paese; onde che i Fiorentini per questa necessità rivocorono le loro genti.
Le quali a fatica erono tornate in Toscana, che Castruccio fu costretto da un'altra necessità tornare a Lucca.
Era, in quella città, la famiglia di Poggio potente per avere fatto non solamente grande Castruccio ma principe; e non le parendo essere remunerata secondo i suoi meriti, convenne con altre famiglie di Lucca di ribellare la città e cacciarne Castruccio.
E presa una mattina occasione, corsono armate al luogotenente che Castruccio sopra la giustizia vi teneva, e lo ammazzorono.
E volendo seguire di levare il popolo a romore, Stefano di Poggio, antico e pacifico uomo il quale nella congiura non era intervenuto, si fece innanzi, e costrinse con la autorità sua i suoi a posare le armi, offerendosi di essere mediatore intra loro e Castruccio a fare ottenere a quegli i desiderii loro.
Posorono pertanto coloro le arme, non con maggiore prudenza che le avessero prese; per che Castruccio, sentita la novità seguita a Lucca, sanza mettere tempo in mezzo, con parte delle sue genti, lasciato Pagolo Guinigi capo del resto, se ne venne in Lucca.
E trovato, fuora di sua opinione, posato el romore, parendogli avere più facilità di assicurarsi, dispose e' suoi partigiani armati per tutti e' luoghi opportuni.
Stefano di Poggio, parendogli che Castruccio dovessi avere obligo seco, lo andò a trovare, e non pregò per sé, perché giudicava non avere di bisogno, ma per gli altri di casa, pregandolo che condonasse molte cose alla giovanezza, molte alla antica amicizia e obligo che quello aveva con la loro casa.
Al quale Castruccio rispose gratamente e lo confortò a stare di buono animo mostrandogli avere più caro avere trovati posati e' tumulti, che non aveva avuto per male la mossa di quelli, e confortò Stefano a fargli venire tutti a lui, dicendo che ringraziava Dio di avere avuto occasione di dimostrare la sua clemenza e liberalità.
Venuti adunque sotto la fede di Stefano e di Castruccio, furono insieme con Stefano imprigionati e morti.
Avevano in questo mezzo e' Fiorentini recuperato San Miniato; onde che a Castruccio parve di fermare quella guerra, parendogli, infino ch'e' non si assicurava di Lucca, di non si potere discostare da casa.
E fatto tentare e' Fiorentini di triegua, facilmente gli trovò disposti, per essere ancora quegli stracchi e desiderosi di fermare la spesa.
Fecero adunque triegua per dua anni, e che ciascuno possedessi quello che possedeva.
Liberato dunque Castruccio dalla guerra, per non incorrere più ne' pericoli era incorso prima, sotto varii colori e cagioni spense tutti quegli in Lucca che potessero per ambizione aspirare al principato; né perdonò ad alcuno, privandogli della patria e della roba, e, quegli che poteva avere nelle mani, della vita, affermando di avere conosciuto per esperienza niuno di quegli potergli essere fedele.
E per più sua sicurtà, fondò una fortezza in Lucca, e si servì della materia delle torre di coloro ch'egli aveva cacciati e morti.
Mentre che Castruccio aveva posate le armi co' Fiorentini e che e' si affortificava in Lucca, non mancava di fare quelle cose che poteva sanza manifesta guerra operare, per fare maggiore la sua grandezza.
E avendo desiderio grande di occupare Pistoia, parendogli, quando ottenessi la possessione di quella città, di avere un piè in Firenze, si fece in varii modi tutta la montagna amica; e con le parti di Pistoia si governava in modo che ciascuna confidava in lui.
Era allora quella città divisa, come fu sempre, in Bianchi e Neri.
Capo de' Bianchi era Bastiano di Possente, de' Neri, Iacopo da Gia; de' quali ciascuno teneva con Castruccio strettissime pratiche, e qualunque di loro desiderava cacciare l'altro; tanto che l'uno e l'altro, dopo molti sospetti, vennono alle armi.
Iacopo si fece forte alla Porta Fiorentina, Bastiano alla Lucchese, e confidando l'uno e l'altro più in Castruccio che ne' Fiorentini, giudicandolo più espedito e più presto in su la guerra, mandorono a lui secretamente, l'uno e l'altro, per aiuti; e Castruccio all'uno e all'altro gli promisse, dicendo a Iacopo che verrebbe in persona, e a Bastiano che manderebbe Pagolo Giunigi suo allievo.
E dato loro il tempo a punto, mandò Pagolo per la via di Pescia, ed esso a dirittura se n'andò a Pistoia; e in su la mezza notte, ché così erano convenuti Castruccio e Pagolo, ciascuno fu a Pistoia, e l'uno e l'altro fu ricevuto come amico.
Tanto che entrati dentro, quando parve a Castruccio, fece il cenno a Pagolo; dopo il quale l'uno uccise Iacopo da Gia e l'altro Bastiano di Possente; e tutti gli altri loro partigiani furono parte presi e parte morti; e corsono sanza altre opposizioni Pistoia per loro; e tratta la Signoria di palagio, costrinse Castruccio il popolo a dargli obedienza, faccendo a quello molte rimessioni di debiti vecchi e molte offerte; e così fece a tutto el contado, il quale era corso in buona parte a vedere il nuovo principe; tale che ognuno, ripieno di speranza, mosso in buona parte dalle virtù sue, si quietò.
Occorse, in questi tempi, che il popolo di Roma cominciò a tumultuare per il vivere caro, causandone l'assenzia del pontefice che si trovava in Avignone, e biasimando i governi tedeschi in modo che e' si facevano ogni dì degli omicidii e altri disordini, sanza che Enrico luogotenente dello imperadore vi potesse rimediare, tanto che ad Enrico entrò un gran sospetto, che i Romani non chiamassino el re Ruberto di Napoli, e lui cacciassero di Roma, e restituissenla al papa.
Né avendo el più propinquo amico a chi ricorrere che Castruccio, lo mandò a pregare fussi contento, non solamente mandare aiuti, ma venire in persona a Roma.
Giudicò Castruccio che non fussi da differire, sì per rendere qualche merito allo imperadore, sì perché giudicava, qualunche volta lo imperadore non fussi a Roma, non avere rimedio.
Lasciato adunque Pagolo Guinigi a Lucca, se ne andò con secento cavagli a Roma, dove fu ricevuto da Enrico con grandissimo onore; e in brevissimo tempo la sua presenza rendé tanta riputazione alla parte dello Imperio che, sanza sangue o altra violenza, si mitigò ogni cosa; perché, fatto venire Castruccio per mare assai frumento del paese di Pisa, levò la cagione dello scandalo; di poi, parte ammunendo, parte gastigando i capi di Roma, gli ridusse volontariamente sotto il governo di Enrico.
E Castruccio fu fatto senatore di Roma, e datogli molti altri onori dal popolo romano.
Il quale ufficio Castruccio prese con grandissima pompa, e si misse una toga di broccato indosso, con lettere dinanzi che dicevano: «Egli è quel che Dio vuole», e di dietro dicevano: «E' sarà quel che Dio vorrà».
In questo mezzo e' Fiorentini, e' quali erano mali contenti che Castruccio si fussi ne' tempi della triegua insignorito di Pistoia, pensavano in che modo potessino farla ribellare; il che per la assenzia sua giudicavano facile.
Era intra gli usciti Pistolesi che a Firenze si trovavano, Baldo Cecchi e Iacopo Baldini, tutti uomini di autorità e pronti a mettersi a ogni sbaraglio.
Costoro tennono pratica con loro amici di dentro, tanto che, con lo aiuto de' Fiorentini, entrorno di notte in Pistoia e ne cacciorno e' partigiani e ufficiali di Castruccio, e parte ne ammazzorono, e renderono la libertà alla città.
La quale nuova dette a Castruccio noia e dispiacere grande; e presa licenza da Enrico, a gran giornate con le sue genti se ne venne a Lucca.
I Fiorentini, come intesono la tornata di Castruccio, pensando che ei non dovessi posare, deliberorono di anticiparlo e, con le loro gente, entrare prima in Val di Nievole che quello, giudicando che se eglino occupassino quella valle, gli venivano a tagliare la via di potere recuperare Pistoia; e contratto uno grosso esercito di tutti gli amici di parte guelfa, vennono nel Pistolese.
Dall'altra parte Castruccio con le sue gente ne venne a Montecarlo; e inteso dove lo esercito de' Fiorentini si trovava, deliberò di non andare a incontrarlo nel piano di Pistoia né di aspettarlo nel piano di Pescia, ma, se fare potesse, di affrontarsi seco nello stretto di Serravalle, giudicando, quando tale disegno gli riuscisse, di riportarne la vittoria certa, perché intendeva i Fiorentini avere insieme trentamila uomini, ed esso ne aveva scelti de' suoi dodicimila.
E benché si confidassi nella industria sua e virtù loro, pure dubitava, appiccandosi nel luogo largo, di non essere circundato dalla moltitudine de' nimici.
È Serravalle uno castello tra Pescia e Pistoia, posto sopra uno colle che chiude la Val di Nievole, non in sul passo proprio, ma di sopra a quello dua tratti di arco.
Il luogo donde si passa è più stretto che repente, perché da ogni parte sale dolcemente; ma è in modo stretto, massimamente in sul colle dove le acque si dividono, che venti uomini accanto l'uno all'altro lo occuperebbeno.
In questo luogo aveva disegnato Castruccio affrontarsi con gli inimici, sì perché le sue poche gente avessero vantaggio, sì per non iscoprire e' nimici prima che in su la zuffa, dubitando che i suoi, veggendo la moltitudine di quegli, non isbigottissino.
Era signore del castello di Serravalle messer Manfredi, di nazione tedesca; il quale, prima che Castruccio fussi signore di Pistoia, era stato riserbato in quel castello come in luogo comune ai Lucchesi e a' Pistolesi, né di poi ad alcuno era accaduto offenderlo, promettendo quello a tutti stare neutrale, né si obligare ad alcuno di loro; sì che per questo, e per essere in luogo forte, era stato mantenuto.
Ma venuto questo accidente, divenne Castruccio desideroso di occupare quello luogo; e avendo stretta amicizia con uno terrazzano, ordinò in modo, con quello, che la notte davanti che si avessi a venire alla zuffa ricevesse quattrocento uomini de' suoi, e ammazzasse il signore.
E stando così preparato, non mosse lo esercito da Montecarlo, per dare più animo ai Fiorentini a passare.
E' quali perché desideravono discostare la guerra da Pistoia e ridurla in Val di Nievole si accamporono sotto Serravalle con animo di passare, el dì di poi, il colle.
Ma Castruccio, avendo sanza tumulto preso la notte il castello, si partì in su la mezza notte da Montecarlo, e tacito con le sue genti arrivò la mattina a piè di Serravalle; in modo che a un tratto i Fiorentini ed esso, ciascuno dalla sua parte incominciò a salire la costa.
Aveva Castruccio le sue fanterie diritte per la via ordinaria, e una banda di quattrocento cavagli aveva mandata in su la mano manca verso il castello.
I Fiorentini, dall'altra banda, avieno mandati innanzi quattrocento cavagli, e di poi avevono mosse le fanterie e, dietro a quelle, le genti d'arme; né credevano trovare Castruccio in sul colle, perché non sapevano ch'ei si fusse insignorito del castello.
In modo che, insperatamente, i cavagli de' Fiorentini, salita la costa, scopersono le fanterie di Castruccio, e trovoronsi tanto propinqui a loro, che con fatica ebbono tempo ad allacciarsi le celate.
Sendo pertanto gli impreparati assaltati dai preparati e ordinati, con grande animo li spinsono, e quelli con fatica resisterono; pure si fece testa per qualcuno di loro, ma, disceso il romore per il resto del campo de' Fiorentini, si riempié di confusione ogni cosa.
I cavagli erono oppressi dai fanti, i fanti dai cavagli e dai carriaggi; i capi non potevono per la strettezza del luogo andare né innanzi né indietro, di modo che niuno sapeva in tanta confusione quello si potesse o dovesse fare.
Intanto e' cavagli, che erono alle mani con le fanterie nimiche, erano ammazzati e guasti sanza potere difendersi, perché la malignità del sito non gli lasciava; pure più per forza che per virtù resistevono, perché, avendo dai fianchi i monti, di dietro gli amici e dinanzi gli inimici, non restava loro alcuna via aperta alla fuga.
Intanto Castruccio, veduto che i suoi non bastavano a fare voltare e' nimici, mandò mille fanti per la via del castello; e fattogli scendere con quattrocento cavagli che quello aveva mandati innanzi, li percossono per fianco con tanta furia, che le genti fiorentine non potendo sostenere lo impeto di quelli, vinti più da il luogo che da' nimici, cominciorno a fuggire.
E cominciò la fuga da quelli che erono di dietro verso Pistoia, i quali distendendosi per il piano, ciascuno, dove meglio gli veniva, provvedeva alla sua salute.
Fu questa rotta grande, e piena di sangue.
Furono presi molti capi, intra quali furono Bandino de' Rossi, Francesco Brunelleschi e Giovanni della Tosa, tutti nobili fiorentini, con di molti altri Toscani e regnicoli, i quali, mandati da il re Ruberto in favore de' Guelfi, con i Fiorentini militavano.
I Pistolesi, udita la rotta, sanza differire, cacciata la parte amica a' Guelfi, si dettono a Castruccio.
Il quale, non contento di questo, occupò Prato e tutte le castella del piano, così di là come di qua d'Arno; e si pose con le genti nel piano di Peretola, propinquo a Firenze a dua miglia; dove stette molti giorni a dividere la preda e a fare festa della vittoria avuta, faccendo in dispregio de' Fiorentini battere monete, correre palii a cavagli, a uomini e a meretrici.
Né mancò di volere corrompere alcuno nobile cittadino, perché gli aprisse la notte le porte di Firenze; ma, scoperta la congiura, furono presi e decapitati Tommaso Lupacci e Lambertuccio Frescobaldi.
Sbigottiti, adunque, i Fiorentini per la rotta, non vedevono rimedio a potere salvare la loro libertà; e per essere più certi degli aiuti, mandorono oratori a Ruberto re di Napoli, a dargli la città e il dominio di quella.
Il che da quel re fu accettato, non tanto per lo onore fattogli dai Fiorentini, quanto perché sapeva di quale momento era allo stato suo che la parte guelfa mantenessi lo stato di Toscana.
E convenuto con i Fiorentini di avere dugentomila fiorini l'anno, mandò a Firenze Carlo, suo figliuolo, con quattromila cavagli.
Intanto e' Fiorentini si erano alquanto sollevati dalle genti di Castruccio, perché egli era stato necessario partirsi di sopra e' loro terreni e andarne a Pisa, per reprimere una congiura fatta contro di lui da Benedetto Lanfranchi, uno de' primi di Pisa.
Il quale, non potendo sopportare che la sua patria fussi serva d'uno Lucchese, gli congiurò contra, disegnando occupare la cittadella e, cacciatane la guardia, ammazzare i partigiani di Castruccio.
Ma perché in queste cose se il poco numero è sufficiente al segreto, non basta alla esecuzione, mentre che e' cercava di ridurre più uomini a suo proposito, trovò chi questo suo disegno scoperse a Castruccio.
Né passò questa revelazione sanza infamia di Bonifacio Cerchi e Giovanni Guidi fiorentini, i quali si trovavano confinati a Pisa; onde, posto le mani addosso a Benedetto, lo ammazzò, e tutto el restante di quella famiglia mandò in esilio, e molti altri nobili cittadini decapitò.
E parendogli avere Pistoia e Pisa poco fedeli, con industria e forza attendeva ad assicurarsene; il che dette tempo ai Fiorentini di ripigliare le forze, e potere aspettare la venuta di Carlo.
Il quale venuto, deliberarono di non perdere tempo, e ragunorono insieme grande gente, perché convocorono in loro aiuto quasi tutti i Guelfi di Italia, e feciono uno grossissimo esercito di più di trentamila fanti e diecimila cavagli.
E consultato quale dovessino assalire prima, o Pistoia o Pisa, si risolverono fusse meglio combattere Pisa, come cosa più facile a riuscire per la fresca congiura che era stata in quella, e di più utilità, giudicando, avuta Pisa, Pistoia per se medesima si arrendesse.
Usciti adunque i Fiorentini fuora con questo esercito, allo entrare di maggio del milletrecentoventotto, occuparono subito la Lastra, Signa, Montelupo ed Empoli, e ne vennono con lo esercito a San Miniato.
Castruccio, dall'altra parte, sentendo el grande esercito che i Fiorentini gli avieno mosso contra, non sbigottito in alcuna parte, pensò che questo fusse quel tempo che la fortuna gli dovesse mettere in mano lo imperio di Toscana, credendo che gli inimici non avessero a fare migliore prova in quello di Pisa che si facessero a Serravalle, ma che non avessino già speranza di rifarsi come allora; e ragunato ventimila de' suoi uomini a piè e quattromila cavagli, si pose con lo esercito a Fucecchio, e Pagolo Guinigi mandò con cinquemila fanti in Pisa.
È Fucecchio posto in luogo più forte che alcuno altro castello di quello di Pisa, per essere in mezzo intra la Gusciana e
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