LA BOTTEGA DEL CAFFE', di Carlo Goldoni - pagina 1
La bottega del caffè
di Carlo Goldoni
L'AUTORE A CHI LEGGE
Quando composi da prima la presente Commedia, lo feci col Brighella e coll'Arlecchino, ed ebbe, a dir vero, felicissimo incontro per ogni parte.
Ciò non ostante, dandola io alle stampe, ho creduto meglio servire il Pubblico, rendendola più universale, cambiando in essa non solamente in toscano i due Personaggi suddetti, ma tre altri ancora, che col dialetto veneziano parlavano.
Corse in Firenze una Commedia con simil titolo e con vari accidenti a questa simili, perché da questa copiati.
Un amico mio di talento e di spirito fece prova di sua memoria; ma avendola uno o due volte sole veduta rappresentare in Milano, molte cose da lui inventate dovette per necessità framischiarvi.
Donata ho all'amicizia la burla, ed ho lodato l'ingegno; nulladimeno, né voglio arrogarmi il buono che non è mio, né voglio che passi per mia qualche cosa che mi dispiace.
Ho voluto pertanto informare il Pubblico di un simil fatto, perché confrontandosi la mia, che ora io stampo, con quella dell'amico suddetto, sia palese la verità, e ciascheduno profitti della sua porzione di lode, e della sua porzione di biasimo si contenti.
Questa Commedia ha caratteri tanto universali, che in ogni luogo ove fu ella rappresentata, credevasi fatta sul conio degli originali riconosciuti.
Il Maldicente fra gli altri trovò il suo prototipo da per tutto, e mi convenne soffrir talora, benché innocente, la taccia d'averlo maliziosamente copiato.
No certamente, non son capace di farlo.
I miei caratteri sono umani, sono verisimili, e forse veri, ma io li traggo dalla turba universale degli uomini, e vuole il caso che alcuno in essi si riconosca.
Quando ciò accade, non è mia colpa che il carattere tristo a quel vizioso somigli; ma colpa è del vizioso, che dal carattere ch'io dipingo, trovasi per sua sventura attaccato.
PERSONAGGI
RIDOLFO caffettiere
DON MARZIO gentiluomo napolitano
EUGENIO mercante
FLAMINIO sotto nome di Conte Leandro
PLACIDA moglie di Flaminio, in abito di pellegrina
VITTORIA moglie di Eugenio
LISAURA ballerina
PANDOLFO biscazziere
TRAPPOLA garzone di Ridolfo
Un garzone del parrucchiere, che parla
Altro garzone del caffettiere, che parla
Un cameriere di locanda, che parla
Capitano di birri, che parla
Birri, che non parlano
Altri camerieri di locanda, che non parlano
Altri garzoni della bottega di caffè, che non parlano
La scena stabile rappresenta una piazzetta in Venezia, ovvero una strada alquanto spaziosa con tre botteghe: quella di mezzo ad uso di caffè; quella alla diritta, di parrucchiere e barbiere; quella alla sinistra ad uso di giuoco, o sia biscazza; e sopra le tre botteghe suddette si vedono alcuni stanzini praticabili appartenenti alla bisca, colle finestre in veduta della strada medesima.
Dalla parte del barbiere (con una strada in mezzo) evvi la casa della ballerina, e dalla parte della bisca vedesi la locanda con porte e finestre praticabili.
ATTO PRIMO
Scena prima Ridolfo, Trappola e altri garzoni
RIDOLFO Animo, figliuoli, portatevi bene; siate lesti e pronti a servire gli avventori, con civiltà, con proprietà: perché tante volte dipende il credito di una bottega dalla buona maniera di quei che servono.
TRAPPOLA Caro signor padrone, per dirvi la verità, questo levarsi di buon ora, non è niente fatto per la mia complessione.
RIDOLFO Eppure bisogna levarsi presto; bisogna servir tutti.
A buon'ora vengono quelli che hanno da far viaggio, i lavoranti, i barcaruoli, i marinai, tutta gente che si alza di buon mattino.
TRAPPOLA E' veramente una cosa che fa crepar di ridere vedere anche i facchini venire a bevere il loro caffè.
RIDOLFO Tutti cercan di fare quello che fanno gli altri.
Una volta correva l'acquavite, adesso è in voga il caffè.
TRAPPOLA E quella signora, dove porto il caffè tutte le mattine, quasi sempre mi prega che io le compri quattro soldi di legna, e pur vuole bere il suo caffè.
RIDOLFO La gola è un vizio che non finisce mai, ed è quel vizio che cresce sempre quanto più l'uomo invecchia.
TRAPPOLA Non si vede venir nessuno a bottega; si poteva dormire un'altra oretta.
RIDOLFO Or ora verrà della gente; non è poi tanto di buon'ora.
Non vedete? Il barbiere ha aperto: è in bottega lavorando parrucche.
Guarda, anche il botteghino del giuoco è aperto.
TRAPPOLA Oh in quanto poi a questa biscazza, è aperta che è un pezzo.
Hanno fatto nottata.
RIDOLFO Buono! A messer Pandolfo avrà fruttato bene.
TRAPPOLA A quel cane frutta sempre bene: guadagna nelle carte, guadagna negli scrocchi, guadagna a far di balla coi baratori.
I denari di chi va là dentro sono tutti suoi.
RIDOLFO Non v'innamorate mai di questo guadagno, perché la farina del diavolo va tutta in crusca.
TRAPPOLA Quel povero signor Eugenio! Lo ha precipitato.
RIDOLFO Guardate anche quello, che poco giudizio! Ha moglie una giovane di garbo e di proposito, e corre dietro a tutte le donne, e poi di più giuoca da disperato.
TRAPPOLA Piccole galanterie della gioventù moderna.
RIDOLFO Giuoca con quel conte Leandro, e li ha persi sicuri.
TRAPPOLA Oh quel signor conte è un fior di virtù!
RIDOLFO Oh via, andate a tostare il caffè, per farne una caffettiera di fresco.
TRAPPOLA Vi metto gli avanzi di ieri sera?
RIDOLFO No, fatelo buono.
TRAPPOLA Signor padrone, ho poca memoria.
Quant'è che avete aperto bottega?
RIDOLFO Lo sapete pure.
Saranno circa otto mesi.
TRAPPOLA E' tempo di mutar costume.
RIDOLFO Come sarebbe a dire?
TRAPPOLA Quando si apre una bottega nuova, si fa il caffè perfetto.
Dopo sei mesi al più, acqua calda e brodo lungo.
(parte)
RIDOLFO E' grazioso costui! spero che farà bene per la mia bottega, perché in quelle botteghe dove vi è qualcheduno che sappia fare il buffone, tutti corrono.
Scena seconda Ridolfo e Messer Pandolfo dalla bottega del giuoco, strofinandosi gli occhi come assonnato.
RIDOLFO Messer Pandolfo, volete il caffè?
PANDOLFO Sì, fatemi il piacere.
RIDOLFO Giovanni, date il caffè a messer Pandolfo.
Sedete, accomodatevi.
PANDOLFO No, no, bisogna che io lo beva presto, e che ritorni al travaglio.
(un giovane porta il caffè a Pandolfo)
RIDOLFO Giuocano ancora in bottega?
PANDOLFO Si lavora a due telai.
RIDOLFO Così presto?
PANDOLFO Giuocano da ieri in qua.
RIDOLFO A che giuoco?
PANDOLFO A un giuoco innocente: prima e seconda.
RIDOLFO E come va?
PANDOLFO Per me va bene.
RIDOLFO Vi siete divertito anche voi a giuocare?
PANDOLFO Sì, anch'io ho tagliato un poco.
RIDOLFO Compatite, amico, io non ho da entrare ne' vostri interessi; ma non istà bene che il padrone della bottega giuochi anche lui perché se perde, si fa burlare, e se guadagna, fa sospettare.
PANDOLFO A me basta che non mi burlino; del resto poi, che sospettino quanto vogliono, non ci penso.
RIDOLFO Caro amico, siamo vicini, e non vorrei, che vi accadessero delle disgrazie.
Sapete che per il vostro giuoco siete stato dell'altre volte in cattura.
PANDOLFO Mi contento di poco.
Ho buscati due zecchini, e non ho voluto altro.
RIDOLFO Bravo! pelar la quaglia senza farla gridare.
A chi li avete vinti?
PANDOLFO Ad un garzone d'orefice.
RIDOLFO Male, malissimo: così si da mano ai giovani perché rubino ai loro padroni.
PANDOLFO Eh! non mi venite a moralizzare.
Chi è gonzo stia a casa sua.
Io tengo giuoco per chi vuole giocare.
RIDOLFO Tener giuoco stimo il meno; ma voi siete preso di mira per giuocator di vantaggio, e in questa sorta di cose si fa presto a precipitare.
PANDOLFO Io bricconate non ne fo.
So giuocare.
Son fortunato e per questo vinco.
RIDOLFO Bravo, tirate innanzi così.
Il signor Eugenio ha giuocato questa notte?
PANDOLFO Giuoca anche adesso.
Non ha cenato, non ha dormito e ha perso tutti i denari.
RIDOLFO (Povero giovine!)(da sé) Quanto avrà perduto?
PANDOLFO Cento zecchini in contanti, e ora perde sulla parola.
RIDOLFO Con chi giuoca?
PANDOLFO Col signor Conte.
RIDOLFO Con quello sì fatto?
PANDOLFO Appunto con quello.
RIDOLFO E con chi altri?
PANDOLFO Loro due soli: a testa a testa.
RIDOLFO Poveraccio! Sta fresco davvero!
PANDOLFO Che importa? A me basta che scozzino delle carte assai.
RIDOLFO Non terrei giuoco, se credessi di farmi ricco.
PANDOLFO No? Per quale ragione?
RIDOLFO Mi pare, che un galantuomo non debba soffrire di veder assassinar la gente.
PANDOLFO Eh, amico, se sarete così delicato di pelle, farete pochi quattrini.
RIDOLFO Non me ne importa niente.
Finora sono stato a servire, e ho fatto il mio debito onoratamente.
Mi sono avanzato quattro soldi, e coll'aiuto del mio padrone di allora, ch'era il padre, come sapete, del signor Eugenio, ho aperta questa bottega,e con questa voglio vivere onoratamente, e non voglio far torto alla mia professione.
PANDOLFO Oh! anche nella vostra professione vi sono de'bei capi d'opera!
RIDOLFO Ve ne sono in tutte le professioni.
Ma da quelli non vanno le persone ragguardevoli che vengono alla mia bottega.
PANDOLFO Avete anche voi gli stanzini segreti.
RIDOLFO E' vero; ma non si chiude la porta.
PANDOLFO Il caffè non potete negarlo a nessuno.
RIDOLFO Le chicchere non si macchiano.
PANDOLFO Eh via! si serra un occhio.
RIDOLFO Non si serra niente; in questa bottega non vien che gente onorata.
PANDOLFO Sì, sì, siete principiante.
RIDOLFO Che vorreste dire?
(Gente della bottega del giuoco chiama: Carte!)
PANDOLFO La servo.
(verso la sua bottega)
RIDOLFO Per carità, levate dal tavolino quel povero signore Eugenio.
PANDOLFO Per me, che perda anche la camicia, non ci penso.
(s'incammina verso la sua bottega)
RIDOLFO Amico, il caffé ho da notarlo?
PANDOLFO Niente, lo giuocheremo a primiera.
RIDOLFO Io non sono un gonzo, amico.
PANDOLFO Via, che serve? Sapete pure che i miei avventori si servono alla vostra bottega.
Mi meraviglio che attendiate a quete piccole cose.
(s'incammina)
(Tornano a chiamare)
PANDOLFO Eccomi.
(entra nel giuoco)
RIDOLFO Bel mestiere! vivere sulle disgrazie, sulla rovina della gioventù! Per me non vi sarà mai pericolo che tenga giuoco.
Si principia con i giuochetti, e poi si termina colla bassetta.
No, no, caffè, caffè; giacché col caffè si guadagna il cinquanta per cento, che cosa vogliamo cercar di più?
Scena terza Don Marzio e Ridolfo
RIDOLFO (Ecco qui, quel che non tace mai, e che sempre vuole aver ragione.) (da sé)
DON MARZIO Caffè!
RIDOLFO Subito, sarà servita.
DON MARZIO Che vi è di nuovo, Ridolfo?
RIDOLFO Non saprei, signore.
DON MARZIO Non si è ancora veduto nessuno a questa vostra bottega.
RIDOLFO E' anco buon'ora.
DON MARZIO Buon'ora? Sono sedici ore sonate.
RIDOLFO Oh illustrissimo no, non sono ancora quattordici.
DON MARZIO Eh, via, buffone!
RIDOLFO Le assicuro io che le quattordici ore non sono sonate.
DON MARZIO Eh, via, asino!
RIDOLFO Ella mi strapazza senza ragione.
DON MARZIO Ho contato in questo punto le ore, e vi dico che sono sedici; e poi guardate il mio orologio (gli mostra l'orologio);questo non fallisce mai.
RIDOLFO Bene, se il suo orologio non fallisce, osservi; il suo orologio medesimo mostra tredici ore e tre quarti.
DON MARZIO Eh, non può essere.
(cava l'occhialetto e guarda)
RIDOLFO Che dice?
DON MARZIO Il mio orologio va male.
Sono sedici ore.
Le ho sentite io.
RIDOLFO Dove l'ha comprato quell'orologio?
DON MARZIO L'ho fatto venir di Londra.
RIDOLFO L'hanno ingannata.
DON MARZIO Mi hanno ingannato? Perché?
RIDOLFO Le hanno mandato un orologio cattivo.
(ironicamente)
DON MARZIO Come cattivo? E' uno dei più perfetti, che abbia fatto il Quare.
RIDOLFO Se fosse buono, non fallirebbe di due ore.
DON MARZIO Questo va sempre bene, non fallisce mai.
RIDOLFO Ma se fa quattordici ore meno un quarto, e dice che sono sedici.
DON MARZIO Il mio orologio va bene.
RIDOLFO Dunque saranno or ora quattordici, come dico io.
DON MARZIO Sei un temerario.
Il mio orologio va bene, tu di' male, e guarda ch'io non ti dia qualche cosa nel capo.
(un giovane porta il caffè)
RIDOLFO E' servita del caffè.
(con sdegno)(Oh che bestiaccia!)(da sé)
DON MARZIO Si è veduto il signor Eugenio?
RIDOLFO Illustrissimo signor no.
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