[Pagina precedente]...egnanti, e in cui parlarono, a dire il vero, con molto brio e con molta arguzia, intesi dire dall'uno: - mi sono sbagliato, - dall'altro: - niente del tutto, - da questo: - gli ho fatto un bacio, da quello: - Mio professore di aritmetica, - da più d'uno: - Che s'immagini! - e: - Mai più! - per: nemmen per sogno; da tutti, e parecchie volte, vizio per vezzo o consuetudine (pover'a noi, se anche il carezzarsi la barba fosse un vizio!) e chiamare (Dio di misericordia!) per domandare. Parlai di mode con la tua Eleonora, e trovai che ha preso da te tutta quanta la terminologia francese che tu hai presa dalla tua sarta, e discorrendo con Alberto dei suoi prossimi esami raccolsi dalla sua bocca non so quante parole e frasi del nefando linguaggio burocratico che tuo marito [46] porta a casa dall'ufficio. In verità , s'io avessi ceduto alla tentazione, udendo parlare italiano a quel modo, avrei fatto alla tua cara prole una continua distribuzione di biscottini e di pacche. E quello che faceva più forte la tentazione era il vedere che straziavano così ferocemente la lingua con una faccia fresca da innamorare, senz'essere arrestati mai dal minimo dubbio, senza dar mai segno di sentire le proprie stonature, tirando via con una speditezza e con un tono, che uno straniero non pratico della nostra lingua, a sentirli, li avrebbe presi per toscani pretti sputati, e di quelli che hanno la parola più pronta e sicura.
Ah no, cara cugina. Codesta non è una scuola di conversazione italiana; ma una baldoria linguistica, dove si fa del vocabolario e della grammatica quello che in certe baldorie bacchiche si fa delle stoviglie e del Galateo. A una scuola così fatta mi par quasi preferibile l'uso del dialetto, col quale i tuoi figliuoli, se non altro, non contrarrebbero abitudini viziose, che è un danno grandissimo, poichè i barbarismi, gl'idiotismi, le frasi errate che il ragazzo s'avvezza a dire in famiglia, dove si parli italiano a vanvera, gli si attaccano alla lingua per modo che gli riesce poi difficile liberarsene anche da uomo. Dicono che Napoleone primo abbia detto per tutta la vita section per session, rentes voyagères per rentes viagères, point fulminant per point culminant, e altri spropositi, per essersi avvezzato da ragazzo a pronunziare in quel modo quelle parole, che in casa sua si pronunziavano male. In certe famiglie, come tutti usano certi intercalari e hanno un certo modo di gestire, così [47] dicono tutti gli stessi spropositi. Io ho osservato che i figliuoli dei padri mal parlanti quasi tutti parlano male, anche se sono più colti dei padri. Conosco un tale che disse per vent'anni scavezzare per scavizzolare, traccheggiare per inseguire e vita libertina per vita libera: un giorno lo chiarii dei tre errori, ed egli mi confessò che erano un'eredità di famiglia, che in casa sua, dove s'era sostituita la lingua al dialetto, egli aveva sempre inteso usar quelle parole in quel senso: alle correzioni che gli erano state fatte da ragazzo, fuor di casa, non aveva badato; poi nessuno non aveva più osato di correggerlo, per timore che se ne vergognasse, e così era andato innanzi fino ai cinquanta, perdendo prima il pelo che il vizio.
Dunque, segui il mio consiglio: o ripigliate il dialetto in casa, o mettetevi d'accordo, tu e tuo marito, per frenare la licenza linguistica dei vostri rampolli, costituite fra voi una commissione di vigilanza e di censura, che non lasci passare nessuno sproposito, che ristabilisca nella vostra famiglia, filologicamente anarchica, l'impero della legge. I ragazzi, sulle prime, s'impazientiranno, tenteranno di ribellarsi; ma finiranno con riconoscere la ragione, e parleranno forse con minor facondia, che non sarà una gran disgrazia, ma con maggior correttezza, che sarà una gran fortuna; e ve ne saranno grati più tardi.
Intanto, ti prego di dar loro qualche avvertimento, in forma canzonatoria, che è la più efficace. Di' a Eleonora che se mi racconterà qualche altra disgrazia arrivata a qualche sua amica di scuola, vorrò sapere una buona volta di dove le disgrazie partono e con che treno arrivano, [48] per potermi regolare. Di' a Enrico che me ne impipo per me ne rido e buggerìo per baccano non sono parole pulite, e che il dire che un ragazzo di sette anni è più vecchio d'uno di cinque, è ridicolo. A Luigina, che mi disse tre volte: - Ho fatto una malattia - di' che mi son dimenticato di domandarle se non aveva di meglio da fare quando le è venuta quella brutta idea. Avverti Mario che il dir che un ufficiale ha tre medaglie sullo stomaco, invece di sul petto, è come dire che le medaglie gli sono indigeste. Dirai anche nell'orecchio a tuo marito che il verbo consumare, in italiano, è transitivo, e che quindi la candela consuma è un piemontesismo, ch'egli non deve tramandare ai suoi discendenti.
E anche a te un'osservazione nell'orecchio: brutto come tutto è brutto di molto. Spero d'averti persuasa. E scusa la franchezza del critico poichè vien dall'affetto del cugino.
Il tuo
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A CIASCUNO IL SUO.
(A UNA SCHIERA DI RAGAZZI DI DIVERSE REGIONI D'ITALIA).
Avete riso dei piemontesismi, non è vero? E non ci ho a ridire. Ma non ne ridete troppo forte, vi prego, perchè quello che dissi della famiglia piemontese, dove si parla un italiano piemontizzato, si può dire a un di presso di migliaia di famiglie d'altre regioni, badando soltanto a sostituire a quelli che citai altri dialettismi e idiotismi; dei quali ciascuna serie vi farebbe rider pure tutti quanti, fuori che uno. Volete che ne facciamo la prova? Desiderate ch'io vi persuada con gli esempi? E io vi contento, nel miglior modo che m'è possibile, così alla lesta.
E comincio da te, piccolo milanese. Ce n'è così anche a Milano di famiglie per bene, nelle quali i ragazzi credon mica di parlar male dicendo porsi giù per "mettersi a letto" e menar su per "condurre in prigione" e su e giù a ogni proposito; e qui dietro per "qui attorno" e andar addietro a fare per "continuare a fare" e aver [50] una cosa addietro per "averla con sè" e si può no, e morir via, e mangiarsi fuori e smaniarsi, e che bello! e che caro! e con più ne vuoi, più te ne metto. Ti basterà questo piccolo saggio, m'immagino.
A noi, piccolo veneziano. A te pure, quando che parli italiano, vien fatto di ficcare il che da per tutto, e non sei buono da liberartene, e dici: non so cosa che voglia dire, non so cosa che ci vorrebbe; e ti scappa detto lasciarsi tirar giù per "lasciarsi indurre" e incapricciarsi in una cosa, e non s'indubiti, e l'aspetta un momento; e ti sfugge ben sovente scampare per "scappare" e balcone per "finestra" e altana per "terrazza" e sgabello per "comodino". E che dire del tuo in fatti che usi così spesso nel senso di "in somma", mettendo nella frase una contraddizione di termini che mi fa spalancare la bocca? - Sarà un capolavoro, come tutti dicono; ma in fatti non mi piace. - Hai ragione di burlarti degli idiotismi altrui; ma in fatti ne dici tu pure.
Sono da lei, caro bolognese. Pensava ch'io la potessi dimenticare? Mo' ci pare! Venga qua, s'accomodi bene. Godo di trovarla in buona salute. E il padre suo di lei? E la ragazzola? E quel bazzurlone di suo cugino, come sta? Fa sempre l'ammazzato con la signorina del terzo piano? Ella riconosce certamente che anche ai bolognesi ne scappano di carine, che è frequentissimo fra di loro il si per il ci, e il faressimo e il diressimo e il questa cosa che qui e che lì; e che non è rarissimo il sentir da loro, anche da gente colta, ghignoso per "antipatico", gnola per "seccatura", benzolino per "panchetto", zucca per "fiasco", chiarle per "ciarle". E, mi perdoni, intesi anche [51] dire qualche volta "ubbriaco patocco" per ubbriaco "fradicio". Questa è patocca! Ma ne ride ella pure, e tutti contenti.
E tu, bel garzonetto genovese, non ti dar l'aria d'impeccabile, se dunque sciorino anche a te una bella lista di dialettismi comici che raccolsi a casa tua.... e in casa mia. Se dunque per "se no" è uno dei più preziosi, non lo puoi negare. Non me ne capisco per "non me n'intendo" non è men peregrino. Scorrere per "rincorrere o inseguire" è un'altra bella perla. E uomo di sua obbligazione per "uomo che sa il fatto suo" è poco bello? Certo, tu non dirai mai mugugnare, frusciare, frugattare, camallare, dar recatto alla casa, in luogo di "brontolare, infastidire, frugacchiare, portar sulle spalle, mettere in ordine", come da non pochi concittadini tuoi intesi dire. Ma sii sincero: non t'è mai scappato angoscia per "nausea" e angoscioso per "molesto" e inversare per "rovesciare"? Non ti scappa proprio mai bugatta per "puppattola", rango per "zoppo", marsina per "giubba"? Pensaci un po', figgio cäo....
Cittadino romano, ti saluto, e mi fo lecito di dirti, rispettosamente, che spesso sento dire dai tuoi concittadini: ce sto, me dà i, ve prometto, te parlo, se dice, e io so' contento, e il tale non vo' venire, e troncare gl'infiniti: anda', sta', di', e dire andiedi e stiedi, e li fiori e li cavalli, e le mela e le pera, e subito che per "poichè" e al contrario per "d'altra parte" e apposta per "appunto per questo" o imbottatore e tiratore e spogliatore e lavatore per "imbuto, cassetto, armadio, acquaio": una quantità d'ore e d'altri idiotismi d'altre desinenze, che si volessi citartene mezzi [52] no me basterebbe du' ora. Lascio stare il magnassimo e il bevessimo per l'indicativo, che a te non c'è caso che sfugga; ma chi sa quante volte tu pure, parlando italiano, esclami: - Guarda sì che bellezza! - o dici che hai rifame o che un Tizio t'ha fatto una vassallata o che non sai se quanto una certa cosa ti convenga. A ciascuno il suo. Non ti stranire, figliolo.
Partenopeo carissimo! Conosco un bravo avvocato napolitano, che tiene due cari figlioli, i quali, parlando italiano con me, chiamano qualche volta, senz'avvertirsene, gradinata la scala, coppola il berretto, cartiera la cartella, borro la brutta copia, spiega la traduzione; che dicono cacciar l'orologio per "tirarlo fuori", abbiamo rimasto per abbiamo "lasciato" l'ombrello a casa, nostro padre è andato a parlare una causa a Salerno, voglio essere spiegato, esser levata questa difficoltà , essere aperto il portone, e non mi fido per "non mi sento" e vado trovando per "vado cercando" e nel contempo per "nello stesso tempo". Stesso il padre, dispiaciuto di quel modo di parlare, li avverte sovente che dicon troppi napolitanismi; ma non serve: lo voglion bene, ma non dà nno retta a lui più che a me, e tiran via. Non ho detto per canzonare a te, bada bene; ma vedi un po' se dei modi citati non ne scappa qualcuno a te pure. Potrebb'essere. Se te ne scappa, sei prevenito; colpisci l'occasione per correggerti, e stammi buono.
O piccolo abruzzese, e tu, non ancor baffuto figliolo della Calabria, non vi fate corrivi se vi dico che sfuggono allo spesso dei provincialismi a voi pure; e il senso lor m'è duro, potrei aggiungere. Come v'ho da intendere quando mi [53] dite scolla, andito, versatoio, coppino, ceroggeno, raschio, quartino, pizzo del tavolino per "cravatta, ponte, acquaio, cucchiaione, candela, sputo, quartiere, canto del tavolino"? e lento per "magro" e sofistico per "discolo" e fanatico per "vanesio"? Quando vi sento di parlare in quella maniera, sospetto che vogliate scherzarmi, e non tanto mi piace. E vada quando vi scappa detto che vi siete imprestato (per "fatto imprestare") un vocabolario, che avete donato gli esami, fatto maturare un compagno permaloso, liberato un pugno a un insolente, o che in mezzo al vostro giardino ci vorrebbe piantato un bell'albero, o che vi par mill'anni di giungere il ferio di Natale: si sorride, e null'altro. Ma che si possa scoprire un canuto nella barba d'un uomo, è incredibile, e mettersi un calzone solo non è decente, e sparare gli uccelli alla caccia è feroce, e dire: - Mio fratello ha picchiato, vado ad aprirlo - è orrendo. Vi raccomando a porre attenzione a questi errori; e perdonatemi la franchezza, perchè, se ve n'avreste per male, ne fossi troppo dolente.
Son da te, caro siciliano. Molte volte, nel t...
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