[Pagina precedente]...liane. C'è bisogno di raccomandarti Gaspare Gozzi, maestro di eleganza e di grazia, pieno di buon gusto e di buon senso, e osservatore arguto e finissimo, che in pieno Settecento oppone all'invadente gusto straniero la sua bella prosa castigata, ancora atteggiata della dignità antica? Occorre accennarti la prosa agile, spigliata, scintillante, con la quale Giuseppe Baretti allarga i confini della critica e tratta a ferro e a fuoco le frivolezze e le pastorellerie dell'Arcadia? Ma a lui non t'arresterai per studiare gli effetti prodotti nella prosa italiana dal nuovo mescolarsi della cultura nazionale con la cultura europea contemporanea. Leggerai del Cesarotti, benchè francesizzante, le pagine dove si prefigge di liberar la lingua dal dispotismo dell'autorità e dai capricci della moda [337] e dell'uso per sommetterla al governo legittimo della ragione e del gusto; e non trascurerai il Bettinelli, se vorrai un esempio singolare di prosa battagliera, ribelle alle tradizioni pedantesche, inforestierata, ma viva; nè l'Algarotti, che nello stile foggiato alla francese ha l'arte di render piane con facilità e vivezza quasi di conversazione le verità più difficili della scienza; nè Alessandro Verri, non puro di lingua nè di stile, ma uno dei primi nostri scrittori riusciti efficacissimi nella mozione degli affetti. E arriverai così a Vittorio Alfieri, che con la sua Vita eresse il primo monumento di prosa veramente moderna: e s'intende di quella prosa personale, non calcata su alcun esemplare da tutti imitabile, la quale prende forma e colore dall'indole dell'autore, ed è opera d'arte, ma d'un'arte sua propria, uscita dall'intimo dell'animo suo, e che non si può confondere con quella di nessun altro, come l'espressione del viso e il suono della voce.
Dal Foscolo al Carducci.
E ora una schiera di maestri, mirabilmente vari, nei quali, come nell'Alfieri, parla il nuovo spirito destato dalla rivoluzione e la coscienza nazionale risuscitata dalla dominazione francese; e primo fra questi Ugo Foscolo con quell'Epistolario impareggiabile, in cui egli trasfuse e svelò tutta l'anima sua con un calore, con una sincerità , con una franchezza e vigoria di stile che ti soggiogheranno. Ma non trascurerai però la prosa fluida, chiarissima, sonoramente faconda del suo rivale poetico, Vincenzo Monti, battagliante col diavolo in corpo contro la Crusca [338] e i propri critici. Nè ti spiacerà il ritorno all'imitazione dell'antico in quegli scrittori che tentarono per tal via di salvare le nostre lettere dalla corruzione straniera; chè anzi essi ti gioveranno per questo. Declamazione, ridondanza d'ornamenti, affettazione anticheggiante; ma anche vigor maschio di stile, pagine scultorie e magniloquenti troverai nel Botta. Ammirerai il gusto squisito e "la strettissima fabbrica dei periodi" nel Giordani, benchè per il soverchio studio appunto di legare strettamente le idee e di serbar la lingua purissima, egli abbia qualche cosa di rattenuto, come dice il Capponi, e "non scorra nella sua prosa libera e franca l'onda della parola". E benchè la parola idoleggi, e sia schiavo del suo principio di restringere la lingua al Trecento, ti gioverà il Padre Cesari, prosator gioielliere, tutto eleganze classiche, che fu al tempo suo contro il forestierume linguistico un "antidoto potente" non inutile affatto ai giorni nostri. E lascerai dire chi vuole: leggerai il Colletta, non impeccabile nella lingua e non sempre chiarissimo, ma fiero e gagliardo in quella sua prosa da uomo di guerra, che porta lo stampo profondo dell'animo suo. E non leggerai soltanto, studierai con amore i due prosatori ammirabili che sono nel Leopardi: quello libero, vivo, tutto moderno dei Pensieri inediti, dove s'abbandona all'ispirazione subitanea, quasi parlando più che scrivendo, e quello meno agile, meno colorito, ma di disegno più puro e più fermo, delle Operette morali: prosa originalissima, mista di modernità e di classicismo, magistralmente ordita, d'una "serenità marmorea", d'un'armonia sommessa e delicatissima, e d'una [339] chiarezza "a traverso la quale si vedono i pensieri come per un'acqua limpida le rene e i sassolini del fondo". Quello che il Leopardi non fece, di rinfrescare la lingua alla sorgente dell'uso vivo, troverai nel Tommaseo, che alla propria prosa "diede moto e vita e copia ritraendo giudiziosamente dall'uso fiorentino", poeta e scienziato della parola, qualche volta troppo forzatamente conciso, ma ricco, robusto, proprio, e pittore e scultore e cesellatore, che dice mirabilmente e in modo tutto suo ogni cosa più difficile a dire. C'è bisogno di rammentarti Giuseppe Giusti? Non è a imitarsi la soverchia ripetizione dei modi prediletti, nè l'abuso delle forme vernacole, nè l'affettazione della sprezzatura, in cui cade troppo spesso nell'Epistolario; ma quanta ricchezza di modi famigliari e popolari, che pieghevolezza, che amabile baldanza, che briosa disinvoltura di stile! Non t'avrei neppure da rammentare il Guerrazzi, non scevro di vecchia rettorica, nè d'enfasi romantica, e spesso forzato nello stile; ma ricchissimo di lingua pura, di frasi scultorie e d'immagini ardite, potente nell'espressione dell'ira e del sarcasmo e negl'impeti d'eloquenza patriottica, scrittore originale e grande nelle sue pagine migliori, venate d'oro e scintillanti di gemme, irte di rilievi di bronzo e di punte d'acciaio. Leggi dopo questa, per amor del contrasto, la prosa nobilmente famigliare di Gino Capponi, bella d'una proporzione, d'una discrezione, d'una compostezza patrizia, nella quale, come dice il Carducci, l'anima del lettore si riposa e si contenta come l'occhio dello spettatore nelle linee degli edifizi fiorentini. E non soltanto per dovere di cittadino, ma per interesse di studioso, [340] leggerai la prosa del Mazzini, "lievemente colorita di classicismo", misurata, ma viva, armoniosa, ma senza ridondanza, ora profeticamente solenne, ora squillante come una musica guerriera, e sempre chiara come cristallo. E per prender coraggio da un esempio insigne del come anche un italiano nato ai piedi delle Alpi possa con lo studio riuscire uno scrittore facondo, nobile e ricco, leggi Vincenzo Gioberti: un maestro, benchè vesta troppo ampiamente il pensiero e "faccia sciupìo di metafore e di splendori". Col quale terminerei, non essendo necessario l'accennare i viventi, se d'uno di questi non si potesse in nessun modo tacere, perchè è incominciato per lui il giudizio della posterità . Voglio dire Giosue Carducci, prosatore potentissimo, che dice tutto quello che vuole e come vuole, solennemente e famigliarmente, con un'arte che sgomenta chi studia l'arte; nel quale la conoscenza profonda della lingua letteraria e il possesso perfetto dell'uso vivo, non abusati mai ad alcun proposito, si fondono e si contemperano in un linguaggio di forza straordinaria e d'armonia svariatissima, egualmente bello e potente nella descrizione e nella polemica, nel discorso dottrinale e nel volo lirico, nell'orazione politica e nella fantasia scherzosa, sempre segnato d'un'impronta in cui lo riconosci e lo ammiri.
- Ma, e Alessandro Manzoni? - domanderai a questo punto.
L'ho lasciato ultimo per finire con lui, e volevo finir con lui perchè è lo scrittore che devo raccomandarti con maggior insistenza di studiare, parendomi la prosa dei Promessi Sposi la più vicina a quello che è per tutti oramai [341] il tipo ideale della prosa moderna: moderna e perfettamente italiana. È semplice, in fatti, conforme al linguaggio parlato, e pare spontanea; ma non cade mai nella volgarità , e neppure nell'affettazione della naturalezza. È chiara, limpida come l'aria, ma non per effetto d'una semplicità elementare: ha la chiarezza che deriva dalla precisione e dall'ordine dei pensieri, e dall'arte finissima di ridurre ogni idea, per quanto profonda e complessa, a un'espressione semplice, che la fa parere un portato del senso comune. È sempre stretta al pensiero, ma senza impacciarlo mai; logica, ma senza mostrar lo sforzo delle connessioni e dei legamenti; omogenea, ma pieghevole a tutti gli atteggiamenti del pensiero e alla natura propria d'ogni oggetto o argomento; originale, ma non ribelle alla tradizione, e scevra a un tempo d'ogni imitazione o reminiscenza di stili altrui. È ricca di lingua, e dove il soggetto lo vuole, elegante, ma senza che la forma si faccia mai sentire per sè stessa, senza che alcuna parola o frase distolga mai l'attenzione dal pensiero; ed è variamente colorita, ma senza vistosità , e con una fusione perfetta di tinte; ed è mirabilmente armoniosa, ma senza ricerca evidente del numero, d'un'armonia riposta e delicatissima, che par non venga dalle parole, ma dal pensiero, e nasce infatti dall'equilibrio perfetto delle idee, e suona nella mente quasi senza che l'orecchio la senta. Leggila e studiala con attenzione e con amore. Studiala confrontando le due Edizioni del Romanzo, quella del primo testo, del 1825, e quella corretta, del 1840, e ne intenderai meglio la ragione, l'arte e la bellezza al vedere come del primo testo l'autore [342] ha appianato le scabrosità , addolcito le durezze, sostituito al latinismo o al modo vernacolo la locuzione italiana, all'arcaismo la parola viva, alla pedanteria grammaticale l'anacoluto efficace; per che via, con che norma lucida e costante egli ha rifatto in parte e avvicinato l'opera sua alla forma ideale che gli splendeva nella mente. Studiala, e t'affinerai il criterio e il gusto, e prenderai in avversione per sempre il manierato e il falso, il troppo e il vano, la trivialità e la stranezza, l'orpello e la ciancia. Studiala, e imparerai a fare e a correggere, a condensare e a semplificare, a esser chiaro e sincero, dignitoso e discreto, logico e giusto. Studia il Manzoni e amalo per tutta la vita.
Ma non lo adorare; ti sia maestro, non idolo.
Conclusione.
Voglio dire: non te lo prefiggere modello unico di prosatore, per avere il pretesto, comodo alla pigrizia, di non leggerne altri, come molti fanno; ai quali il maestro unico raffina il gusto, ma lo circoscrive; poichè il Manzoni mostrò ciò che può la lingua nostra, ma non in tutti i campi, nè in ogni forma della letteratura, non avendo trattato ogni argomento, nè tutto detto in tutti i modi possibili neppure nel campo suo. E non lo imitare, per la ragione principalissima, ch'egli non ha imitato nessuno. Ma la semplicità - domanderai - la naturalezza, tutte le qualità mirabili che riconosciamo nella sua prosa, perchè non s'hanno da imitare? - E io ti rispondo che quelle qualità non te le darà l'imitazione, con la quale troppo facilmente la semplicità degenera [343] in sciatteria, la grazia in sguaiataggine e in superficialità la chiarezza. Quelle qualità devono essere in te, come furono nel Manzoni, il frutto maturo d'infiniti studi e letture, e disse stupendamente il più sensato dei manzoniani: che è illusione il credere di potergliele rubare, leggendo lui soltanto, senza rifare in qualche modo il cammino ch'egli fece. Leggi dunque, e studia tutti gli scrittori. Leggi e confronta fra di loro quelli che si rassomigliano e quelli che più si dissomigliano, arrestandoti in special modo a considerare gli effetti simili ottenuti con mezzi diversi. In ciascuno troverai certi ordini di pensieri e di sentimenti ch'essi esprimono con maggior efficacia d'ogni altro; troverai nei più artificiosi espressioni e forme semplici; nei meno eleganti forme elegantissime; nei meno ricchi di lingua locuzioni e costrutti preziosi, da altri non usati, frasi e parole, dalle quali essi soli traggono certi effetti vivi, per il punto e il modo con cui le adoperano, come se quelle forme acquistassero dalla loro penna, incastonate nei loro periodi, un valore particolare. Cerca in tutti, quando sei arrestato da una frase o da una parola che suona falso, o da un'oscurità , o da una slegatura che ti dà il senso d'un vuoto, o da un giro di parole che ti dà un principio di noia, cerca in qual maniera si potrebbe correggere l'errore, chiarire l'oscurità , annodare i pensieri sconnessi, recid...
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