IL PIACERE DELL'ONESTA', di Luigi Pirandello - pagina 3
...
.
Dica, dica...
BALDOVINO.
Signor marchese, che mi parli aperto.
FABIO.
Ah, sì, sì...
Anzi, non chiedo di meglio.
BALDOVINO.
Grazie.
Lei forse però non intende questa espressione (( aperto )), come la intendo io.
FABIO.
Ma...
non so...
aperto...
con tutta franchezza...
E poiché Baldovino, Con Un dito, fa cenno di no,
...E come, allora?
BALDOVINO.
Non basta.
Ecco, veda, signor marchese: inevitabilmente,
noi ci costruiamo.
Mi spiego.
Io entro qua, e divento subito, di fronte
a lei, quello che devo essere, quello che posso essere - mi costruisco
- cioè, me le presento in una forma adatta alla relazione che debbo
contrarre con lei.
E lo stesso fa di se anche lei che mi riceve.
Ma,
in fondo, dentro queste costruzioni nostre messe cosi di fronte, dietro le gelosie e le imposte, restano poi ben nascosti i pensieri nostri
più segreti, i nostri più intimi sentimenti, tutto ciò che siamo per
noi stessi, fuori delle relazioni che vogliamo stabilire.
- Mi sono
spiegato?
FABIO.
Si, si, benissimo...
Ah, benissimo! Mio cugino mi ha detto che
lei è molto intelligente.
BALDOVINO.
Ecco, lei forse crede, adesso, che io abbia voluto darle un
saggio della mia intelligenza.
FABIO.
No, no...
dicevo, perché...
approvo, approvo ciò che lei ha saputo dire così bene.
BALDOVINO.
Comincio io, allora, se permette, a parlare aperto.
- Provo
da un pezzo, signor marchese - dentro - un disgusto indicibile delle abiette costruzioni di me, che debbo mandare avanti nelle relazioni che mi vedo costretto a contrarre coi miei...
diciamo simili, se lei non s'offende.
FABIO.
No, prego...
dica, dica pure...
BALDOVINO.
Io mi vedo, mi vedo di continuo, signor marchese; e dico:
- Ma quanto è vile, ma com'è indegno questo che tu ora stai facendo!
FABIO (sconcertato, imbarazzato).
Oh Dio...
ma no...
perché?
BALDOVINO.
Perché sì, scusi.
Lei, tutt'al più, potrebbe domandarmi
perché allora lo faccio? Ma perché...
molto per colpa mia, molto anche per colpa d'altri, e ora, per necessità di cose, non posso fare altrimenti.
Volerci in un modo o in un altro, signor marchese, è presto fatto.
tutto sta, poi, se possiamo essere quali ci vogliamo.
Non siamo soli! - Siamo noi e ]a bestia.
La bestia che ci porta.
- Lei ha un bel bastonarla: non si riduce mai a ragione.
- Vada a persuader l'asino a non andare rasente ai precipizii: - si piglia nerbate, cinghiate, strattoni; ma va lì, perché non ne può far di meno.
E dopo
che lei l'ha bastonata, pestata ben bene, le guardi un po' gli occhi
addogliati: scusi, non ne sente pietà? - Dico pietà.
non scusarla!
- L'intelligenza che scusi la bestia, s'imbestialisce , anch'essa.
Ma
averne pietà é un'altra cosa! Non le pare?
FABIO.
Ah, certo...
certo...
- Vogliamo dunque venire a noi?
BALDOVINO.
Ci siamo, signor marchese.
Le ho detto questo, per farle
intendere che, avendo il sentimento di quel che faccio, ho anche una
certa dignità che mi preme di salvare.
Non c'é altro mezzo di salvarla, che parlando aperto.
- Fingere, sarebbe orribile, oltre che laido, volgarissimo.
- La verità!
FABIO.
Ecco, sì...
chiaramente...
Vedremo d'intenderci...
BALDOVINO.
E, allora, se permette.
, domanderò.
FABIO.
Come dice?
BALDOVINO.
Le farò qualche domanda, se permette.
FABIO.
Ah, sì, domandi pure.
BALDOVINO.
Ecco.
Trae di tasca un taccuino.
Ho qua gli estremi della situazione.
Dovendo fare una cosa seria.
meglio per lei, meglio per me.
Apre il taccuino e lo sfoglia:.
intanto, comincia a domandare, con
l'aria d'un giudice non severo:
Lei, signor marchese, è l'amante della signorina...
FABIO (scattando per troncare subito quella domanda e quella ricerca
nel taccuino).
Ma no! scusi...
così...
BALDOVINO (calmo, sorridente).
Vede? Lei recalcitra fin dalla prima
domanda!
FABIO.
Ma certo! Perché...
BALDOVINO (subito, severo).
Non è vero? dice che non è vero? - E
allora
Si alza.
mi scusi, signor marchese.
Le ho detto che ho la mia dignità.
-
Non potrei prestarmi a una trista e umiliante commedia.
FABIO.
Ma come! io credo che, anzi, così come vuol far lei...
BALDOVINO.
S'inganna.
La mia dignità (quella che può essere) posso
salvarla solamente a patto che lei parli con me come con la Sua
stessa coscienza.
- O cosi, signor marchese, o non ne facciamo niente.
- Non mi presto a finzioni indecorose.
- La verità.
- Mi vuol
rispondere?
FABIO.
Ebbene...
sì...
Ma non cerchi in codesto taccuino, per carità.
Lei vuole alludere alla signorina Agata Renni?
BALDOVINO (non transigendo, seguita a cercare; trova; ripete).
Agata
Renni, precisamente.
- Ventisette anni?
FABIO.
Ventisei.
BALDOVINO (guarda nel taccuino).
Compiti il nove del mese scorso:
dunque, nel ventisettesimo.
E...
Guarda di nuovo nel taccuino.
ci sarebbe una mamma?
FABIO.
Ma scusi!
BALDOVINO.
E scrupolo, creda, nient'altro che scrupolo da parte mia;
affidamento per lei.
Mi troverà sempre cosi preciso, signor marchese.
FABIO.
Ebbene, si, c'è la madre.
BALDOVINO.
Quanti anni, scusi?
FABIO.
Ma...
non so...
ne avrà cinquantuno...
cinquantadue...
BALDOVINO.
Soltanto? - Ecco, perché...
- dico francamente - sarebbe meglio che non ci fosse.
- La madre è una costruzione irriducibile.
- Ma sapevo che c'era.
Dunque, abbondiamo un poco...
diciamo cinquantatré.
- Lei, signor marchese, avrà su per giù letà
mia...
- Io sono sciupato.
Ne mostro di più.
Ne ho quarantuno.
FABIO.
Oh, ne ho di più io, allora.
Quarantatré.
BALDOVINO.
Ah, mi congratulo: li porta meravigliosamente.
- Sa?
Forse anch'io, rimettendomi un poco...
- Quarantatré, dunque.
- Ora, scusi, debbo toccare un altro tasto molto delicato.
FABIO.
Mia moglie?
BALDOVINO.
Ne è separato.
- Per torti...
- lo so, lei è un perfetto
gentiluomo - e chi non è capace di farne, è destinato a riceverne.
- Per torti, dunque, della moglie.
- E ha trovato qua una consolazione.
Ma la vita - trista usuraja - si fa pagare quell'uno di
bene che concede, con cento di noje e di dispiaceri.
FABIO.
Purtroppo!
BALDOVINO.
Eh, l'avrei a sapere! - Bisogna che ella sconti la sua consolazione, signor marchese! Ha davanti lombra minacciosa d'un
protesto senza dilazione.
- Vengo io a mettete una firma d'avallo,
e ad assumermi di pagare la sua cambiale.
- Non può credere, signor marchese, quanto piacere mi faccia questa vendetta che posso
prendermi contro la società che nega ogni credito alla mia firma.
Imporre questa mia firma; dire.
- Ecco qua: uno ha preso alla
vita quel che non doveva e ora pago io per lui, perché se io non
pagassi, qua un'onestà fallirebbe, qua l'onore d'una famiglia farebbe
bancarotta; signor marchese, è per me una bella soddisfazione: una
rivincita! - Creda che non lo faccio per altro.
Lei ne dubita? ne
ha tutto il diritto.
perché io sono...
- mi permette un paragone?
FABIO.
Ma si, dica, dica,
BALDOVINO (seguitando).
...come uno che venga a mettere in circolazione
oro sonante in un paese che non conosca altro che moneta di carta.
- subito si diffida dell'oro; è naturale.
- Lei ha certo la tentazione di rifiutarlo: no? Ma è oro, stia sicuro, signor marchese.
- Non ho potuto sperperarlo, perché l'ho nell'anima e non nelle tasche.
Altrimenti!
FABIO.
ecco, bene! E allora, questo.
Benissimo! Io non vado cercando
altro, signor Baldovino.
L'onestà! la bontà dei sentimenti!
BALDOVINO.
Ho anche i ricordi della mia famiglia...
- Mi è potuto
costare di sacrifizii d'amor proprio, d'amarezze senza fine, di ribrezzo,
di schifo...
- essere disonesto.
Che vuole che mi costi l'onestà? -
Lei m'invita...
sì, dico, doppiamente a nozze.
Sposerò per finta una
donna ; ma sul serio, io sposo l'onestà.
FABIO.
Ecco, si - e basta! Mi basta questo!
BALDOVINO.
Basta? - Le pare che le basti? - Scusi, signor marchese;
e le conseguenze?
FABIO.
Come? Non capisco.
BALDOVINO.
Eh.
vedo che lei...
- certamente perché soffre davanti a
me e fa a se stesso una grande violenza per resistere a questa situazione penosa, pure d'uscirne, tratta con molta leggerezza la cosa.
FABIO.
No, no: tutt'altro! .
Come, con leggerezza?
BALDOVINO.
Permette? - La mia onestà, signor marchese, dev'essere
o non dev'essere?
FABIO.
Ma sì che dev'essere! E l'unica condizione che le pongo!
BALDOVINO.
benissimo.
Nei miei sentimenti, nella mia volontà, in tutti
i miei atti.
- C'è.
- Me la sento.
- La voglio.
- La dimostrerò.
- Ebbene?
FABIO.
Che ebbene? Le ho detto che mi basta questo!
BALDOVINO.
Ma le conseguenze, signor marchese, scusi! - Guardi:
l'onestà, così come lei la vuole da me - che cos'è? - Ci pensi un
po'.
- Niente.
- Un'astrazione.
- Una pura forma.
- diciamo:
l'assoluto.
- Ora scusi, se io devo essere cosi onesto, bisognerà pure
che io la viva - per cosi dire - quest'astrazione; che dia corpo a
questa pura forma; che io senta quest'onestà astratta e assoluta.
-
E quali saranno allora le conseguenze? Ma prima di tutte, questa,
guardi: .
che io dovrò essere un tiranno.
FABIO - Un tiranno?
BALDOVINO.
Per forza! - Senza volerlo! - Per ciò che riguarda, la
pura forma, intendiamoci! (Il resto non m'appartiene).
- Ma per
la pura forma, onesto come lei mi Vuole e come io mi voglio - di necessità dovrò essere un tiranno glielo avverto.
- Vorrò rispettate
fino allo scrupolo tutte le apparenze, il che di necessità importerà
gravissimi sacrifizii a lei, alla signorina, alla mamma; un'angustiosissima limitazione di libertà, il rispetto a tutte le forme astratte
della vita sociale.
E...
parliamoci chiaro, signor marchese, anche per
farle vedere che sono animato del più fermo proposito - sa che
verrà fuori subito, da tutto questo? ciò che s'imporrà tra noi e salterà agli occhi di tutti? Che, trattando con me, - non si faccia illusioni - onesto com'io sarò - la cattiva azione la commettono loro, non io! - Io, in tutta questa combinazione non bella, non vedo che una cosa sola: la possibilità che loro mi fanno - e che io accetto - d'essere onesto.
FABIO.
Ecco...
caro signore...
- capirà...
- già lei stesso l'ha detto -
non...
non mi trovo in condizione di seguirla bene, in questo momento...
- Lei parla meravigliosamente; ma tocchiamo terra, per carità!
BALDOVINO.
Io? terra? Non posso!
FABIO.
Come non può, scusi? che vuol dire?
FABIO.
Come non può, scusi? che vuol dire?
BALDOVINO.
Non posso, per la condizione stessa in cui lei mi mette,
signor marchese! - Io devo vagare per forza nell'astratto.
Guai se
toccassi terra! - La realtà non è per me: se la riserba lei.
La tocchi
lei.
Parli: io starò ad ascoltarla.
- Sarò l'intelligenza che non scusa,
ma compatisce -
FABIO (subito, additando se stesso).
- la bestia? -
BALDOVINO.
Scusi: conseguenza!
FABIO.
Ma si! ma si! Ha ragione! E proprio così! Dunque,
parlo io, parla la bestia: terra terra, alla buona, sa? lei ascolti e
patisca.
- Proprio per intenderci...
BALDOVINO.
Dice per me?
FABIO.
Con lei, ma si! Con chi dunque?
BALDOVINO.
No, signor marchese! Con se stesso bisogna che lei s'intende Io, per me, ho già bell'e inteso tutto.
- Ho parlato tanto -
(non soglio mica parlare molto io, sa?) - ho parlato perché vorrei
che lei si facesse capace di tutto, bene.
FABIO.
Io?
BALDOVINO.
Lei, lei.
Per me, già ci sono.
E facilissimo.
- che debbo
fare io? - Nulla.
- Rappresento la forma.
- L'azione - e non
bella - la commette lei: - l'ha già commessa, e io gliela riparo ;
seguiterà a commetterla, e io la nasconderò.
- Ma per nasconderla
bene, nel suo stesso interesse e nell'interesse sopratutto della signorina, bisogna che lei mi rispetti ; e non le sarà facile nella parte che
si vuol riserbare! - Rispetti, dico, non propriamente me, ma la
forma - la forma che io rappresento.
l'onesto marito d'una signora
perbene.
Non la vuol rispettare?
FABIO.
Ma sì, certo!
BALDOVINO.
E non comprende che sarà tanto più rigorosa e tiranna,
questa forma, quanto più pura lei vorrà che sia la mia onestà? -
Perciò le dicevo di badare alle conseguenze.
- Non per me, per lei!
Io, guardi: ho buone lenti per la mia filosofia.
E per salvare, in
queste condizioni, la mia dignità, mi basterà vedere nella donna
che di nome sarà mia - una madre.
FABIO.
Ecco, già...
benissimo!
BALDOVINO.
E concepire i miei rapporti con lei a traverso la creaturina
che verrà - cioè, a traverso l'ufficio che mi toccherà d'adempiere:
candido, nobilissimo ufficio, tutto compreso dell'innocenza del nascituro o della nascitura, che sarà.
- Va bene così?
FABIO.
Benissimo, sì sì, benissimo!
BALDOVINO.
Per me, badi, non per lei benissimo! - Lei, signor marchese, più approva e più va incontro a un mondo di guaj!
FABIO.
Come...
perché, scusi? - Io non vedo tutte codeste difficoltà
che vede lei!
BALDOVINO.
Credo mio obbligo fargliele Vedere, signor marchese.
Lei
è un gentiluomo.
Necessità di cose, di condizioni, la costringono
a non agire onestamente.
Ma lei non può fare a meno dell'onestà!
Tanto Vero che, non potendo trovarla in ciò che fa, la vuole in me.
Devo rappresentarla io, la sua onestà: - esser cioè, l'onesto marito
devo rappresentarla io, la sua onestà: - esser cioè, l'onesto marito d'una donna, che non può essere sua moglie; l'onesto padre
d'un nascituro, che non può essere suo figlio.
E vero questo?
FABIO.
sì, si, è vero.
BALDOVINO.
Ma se la donna è sua, e non mia; se il figliolo è suo, e
non mio, non capisce che non basterà che sia onesto soltanto io? - Dovrà essere onesto anche lei, signor marchese, davanti a me.
Per forza! -
Onesto io, onesti tutti.
- Per forza!
FABIO.
Come come -? Non capisco! Aspetti...
BALDOVINO.
Lei si sente mancare il terreno sotto i piedi.
FABIO.
Ma no, dico...
se debbono mutare le condizioni...
BALDOVINO.
Per forza! Le muta lei! Queste apparenze da salvare, signor marchese, non sono soltanto per gli altri! Ce ne sarà una, qua -
anche per voi! una che voi stessi avrete voluta e a cui io appunto
dovrei dar corpo: - la vostra onestà.
- Ci pensa lei? Badi che
non è facile!
FABIO.
Ma se lei sa! -
BALDOVINO.
Appunto perché so! - Parlo contro il mio interesse; ma
non posso farne a meno.
- La consiglio di rifletter bene, signor
marchese!
Pausa.
Fabio si alza e si mette a passeggiare concitatamente, costernato.
Si alza anche Baldovino e aspetta.
FABIO (passeggiando).
Certo che...
comprenderà che...
se io...
BALDOVINO.
Ma sì, creda, sarà bene che lei ci rifletta ancora un poco,
su quanto le ho detto, e lo riferisca - se crede - anche alla signorina.
Guarda appena verso l'uscio a destra.
Forse non ce ne sarà bisogno, perché...
.
FABIO (voltandosi di scatto, con ira).
Che cosa crede?
BALDOVINO (calmissimo, triste).
Oh...
sarebbe in fondo naturalissimo.
- Io mi ritiro.
- Mi comunicherà, o mi farà comunicare all'albergo
le sue decisioni.
Fa per avviarsi; si volta.
Può contare intanto, signor marchese, insieme con la signorina,
su la mia intera discrezione.
FABIO.
Ci conto.
BALDOVINO (lento, grave).
Sono carico, per conto mio, di ben altre
colpe; e qui, per me, non c'è colpa, ma solo una sventura.
- Qualunque sia la decisione, sappia che resterò sempre gratissimo - in segreto - al mio antico compagno di collegio, d'avermi stimato degno d'accostarmi onestamente a questa sventura.
Si inchina.
Signor marchese...
T E L A
ATTO SECONDO
Magnifico salotto in casa Baldovino.
Vi hanno posto alcuni mobili
già veduti nel salotto dell'atto precedente.
Uscio comune in fondo; usci
laterali a destra e a sinistra.
SCENA PRIMA
MARCHETTO FONGI, il MARCHESE FABIO.
Fongi, al levarsi della tela, col cappello e il bastone in mano tiene
coll'altra aperto il battente dell'uscio a sinistra e parla verso l'interno,
a Baldovino.
Fabio sta in attesa, come uno che non voglia farsi né
vedere né sentire di là.
FONGI (verso l'interno).
Grazie, grazie, Baldovino, sì...
Ma figurati se
non vorrò assistere alla candida festa! Grazie.
Sarò qui, sarò qui con gli
amici consiglieri, tra una mezz'oretta.
A rivederci.
Chiude l' uscio.
si volta verso Fabio che gli si appressa in punta di
piedi, strizza un occhio e gli fa un cenno furbesco col capo.
FABIO (piano, con ansia).
Si? Credi proprio?.
FONGI (gli risponde prima col capo, tenendo ancora l'occhio strizzato).
C'è cascato! c'è cascato!
FABIO.
Pare anche a me.
Sono già sei giorni!
FONGI (mostra tre dita d'una mano e le agita).
Tre...
trecento...
trecentomila lire - Te l'ho detto? .
- Non poteva fallire!
Gl'inserisce un braccio sotto il braccio e s'avvia con lui verso la comune,
parlando.
Sarà una scena da commedia.
Ma lasciate fare a me! lasciate fare a
me! Lo piglieremo pulitamente per il bavero.
Via con Fabio.
SCENA SECONDA
BALDOVINO, MAURIZIO.
La scena resta vuota un tratto.
Si apre l'uscio a sinistra e ne escono
Baldovino e Maurizio.
MAURIZIO (guardando in giro).
Ma sai che ti sei messo proprio bene?
BALDOVINO (astratto).
si.
Con un sorriso ambiguo.
Con perfetto decoro.
Pausa.
E dunque...
di' di', dove sei stato? .
MAURIZIO.
Mah! Un po' in giro.
Fuori delle vie ordinarie.
BALDOVINO.
Tu?
MAURIZIO.
Perché? Non credi?
BALDOVINO.
Fuori delle vie ordinarie? Nel senso che non sarai stato a
Parigi o a Nizza o al Cairo.
- Dove sei stato?
MAURIZIO.
Nel paese del caucciù e delle banane!
BALDOVINO.
Al Congo? .
MAURIZIO.
sì.
Nelle foreste.
Oh sai? autentiche.
BALDOVINO.
Ah! E belve, ne hai vedute?
MAURIZIO.
Quei poveri negri delle mehalle.
BALDOVINO.
No, dico belve sul serio: qualche tigre, qualche leopardo!
MAURIZIO.
Che, che! Grazie.
- Perdio, come ti sfavillano gli occhi!
BALDOVINO (sorride amaramente.
piega le dita d'una mano e ne mostra
le unghie a Maurizio).
Vedi dove siamo arrivati? E non ce le tagliamo mica per disarmarci! anzi! Perché paiano più civili, le nostre mani: vale a dire più atte a una lotta ben più feroce di quella che i nostri avi bestioni combattevano, poveretti, con le sole unghie.
- Ho avuto sempre, perciò, invidia delle belve.
E tu, disgraziato, sei stato nelle foreste e non hai veduto nemmeno un lupo?
MAURIZIO.
Via, via! - Parliamo di te.
- Ebbene, come va?
BALDOVINO.
Che cosa?
MAURIZIO.
Ma, dico, tua moglie.
Cioè...
la signora?
BALDOVINO.
Come vuoi che vada? Benissimo.
MAURIZIO.
E...
i tuoi rapporti?
BALDOVINO (lo guarda un po'; poi alzandosi).
Che vuoi che siano!
MAURIZIO (cangiando tono, rinfrancandosi).
Ti trovo benone, però, sai?
BALDOVINO.
sì, mi occupo.
MAURIZIO.
Ah, già! So che Fabio ha messo su una società anonima.
BALDOVINO.
Sì, per mettermi le mani in pasta.
- Fa ottimi affari.
MAURIZIO.
Ne sei il consigliere delegato?
BALDOVINO.
Fa ottimi affari per questo.
MAURIZIO.
Già, già, ho saputo! E vorrei entrarci anch'io; ma...
dicono
che sei d'un rigore spaventoso!
BALDOVINO.
Sfido! - non rubo...
Gli s'appressa, gli posa le mani su ambo le braccia.
Sai, per le mani, centinaj a di migliaj a.
Poterle considerare come carta
straccia; non sentirne più bisogno, minimamente -
MAURIZIO.
- eh, per te dev'essere un gran piacere -
BALDOVINO.
- divino! - E nessun colpo fallito, sai! - Ma si lavora,
si lavora! - E bisogna che tutti mi seguano!
MAURIZIO.
Già...
è questo...
BALDOVINO.
Si lamentano, eh? Di' un po.
strillano? mordono il freno?
MAURIZIO.
dicono...
dicono che potresti essere un po' meno...
meticoloso, ecco!
BALDOVINO.
Eh, lo so! .
- Li soffoco! Soffoco tutti quanti.
Chiunque
mi s'accosti! - Ma tu lo capisci: non posso farne a meno!
dieci mesi non sono più un uomo!
MAURIZIO.
No? E che sei?
BALDOVINO.
Ma te l'ho detto: quasi una divinità! - Potresti in tenderlo!
- Non ho corpo se non per l'apparenza.
Sto tuffato in mezzo alle
cifre, alle speculazioni; ma sono per gli altri; non c'è - e voglio
che non ci sia - un centesimo di mio! Sto qua, in questa bella casa,
e quasi non vedo e non sento e non tocco nulla.
Mi meraviglio io
stesso talvolta d'udire il suono della mia voce, il rumore dei miei
passi; d'avvertire che ho bisogno anch'io di bere un bicchier d'acqua
o di riposarmi.
- Vivo, capisci? de-li-zi-o-sa-men-te, nellassoluto di
una pura forma astratta!
MAURIZIO.
Dovresti sentire un po' di compassione per i poveri mortali!
BALDOVINO.
La sento.
ma non losso fare altrimenti.
Lo dissi però, glielo
feci bene osservare avanti, a tuo cugino il marchese! - Io sto ai patti.
MAURIZIO.
Ma tu ci provi anche un diabolico gusto!
BALDOVINO.
Non diabolico, no! Sospeso nell'aria, mi sono come adagiato su una nuvola: è il piacere dei Santi negli affreschi delle chiese!
MAURIZIO.
Capirai, intanto, che non è possibile durare a lungo così.
BALDOVINO (capo, dopo una pausa).
Ah, lo so! - Finirà.
E forse presto!
- Ma badino! Bisognerà veder come.
Lo guarda negli occhi.
Lo dico per loro.
Apri bene gli occhi a tuo cugino! Mi pare che
desideri troppo di disfarsi al più presto di me.
- Ti turbi? Sai qualche cosa?
MAURIZIO.
No, proprio nulla.
BALDOVINO.
Via, sii sincero.
Compatisco, bada! .
E' così naturale!
MAURIZIO.
T'assicuro che non so nulla.
Ho parlato con la signora Maddalena.
Non ho ancora visto Fabio.
BALDOVINO.
Eh, lo so! Tutti e due, la madre e tuo cugino, avranno
pensato.
- (( La maritiamo pro forma; dopo qualche tempo, con
un pretesto qualsiasi ci sbarazziamo di lui )).
- La cosa più sperabile, difatti, era questa.
- Ma non lo possono sperare! - Sono stati di una deplorevole leggerezza anche in questo.
MAURIZIO.
Lo sospetti tu! .
Chi te lo dice?
BALDOVINO.
Tanto vero che hanno posto come patto fondamentale la
mia onestà!
MAURIZIO.
Ecco, dunque! Vedi bene...
BALDOVINO.
Come sei sciocco! La logica è una cosa, l'animo è un'altra.
Si può per coerenza logica proporre una cosa, e con l'animo sperarne
un'altra.
- Ora, credi, potrei prestarmi, per far cosa grata a lui c
alla signora, a offrire un pretesto perché si sbarazzino di me.
- Ma
non lo sperino, perché io...
- si, potrei farlo - ma non lo farò -
per loro - non lo farò perché loro non possono assolutamente
desiderare che io lo faccia!
MAURIZIO.
Perdio, sei terribile! Neghi loro anche la possibilità del desiderio che tu commetta una cattiva azione?
BALDOVINO.
Guarda.
Supponiamo che lo faccia.
In prima, rifiaterebbero.
Si leverebbero davanti lingombro opprimente della mia persona.
L'onestà, mancata in me, potrà credersi - se non in tutto, almeno
in parte - rimasta con loro.
la signora rimarrà moglie legittima,
separata da un marito indegno; e in questa indegnità del marito,
giovine com'ella è, potrà trovare una scusa di farsi consolare da un
vecchio amico di casa.
Ciò che non era permesso a una signorina,
si può condonare facilmente a una signora assolta da ogni obbligo
di fedeltà coniugale.
Va bene? - Io dunque, marito, potrei essere
disonesto e farmi cacciare.
- Ma io non sono entrato qua soltanto
come marito.
Da semplice marito, anzi, non sarei mai entrato: non
ce ne sarebbe stato bisogno! C'era bisogno di me, in quanto questo
marito doveva tra poco esser padre ; tra poco, dico, in tempo...
quasi
debito.
Qua c'era bisogno del padre.
E il padre...
eh, il padre nell'interesse di lui, del signor marchese, dev'essere per forza onesto! -
Perché se da marito posso andarmene senza recar danno a mia moglie, la quale, lasciato il mio nome, riprenderà il suo; da padre, la
mia cattiva azione danneggerebbe per forza il figlio che non avrà
altro nome che il mio; e più in basso io cadrò e più danno egli ne
avrà.
E questo, lui, non può assolutamente desiderarlo.
MAURIZIO.
Ah, no davvero!
BALDOVINO.
Vedi, dunque? - E per cadere in basso, ci cadrei; tu mi
conosci! Per vendicarmi dell'azione che mi farebbero, cacciandomi
via malamente, vorrei con me il figliuolo, che per legge m'appartiene;
lo lascerei loro qua due o tre anni per farli affezionare a lui; poi
proverei che mia moglie convive da adultera col suo amante, e lo
toglierei loro e lo trascinerei con me, giù...
giù...
Tu sai che ho in
me un'orribile bestia, di cui ho voluto liberarmi, incatenandola in
queste condizioni che mi sono state offerte.
- Conviene a loro soprattutto farmele rispettare, come ne ho ferma volontà; perché, liberato da esse, oggi o domani, non so proprio dove andrei a finire.
Cambiando tono improvvisamente:
Basta, basta...
- Di' un po' ti han mandato loro da me, appena
arrivato? - Su, su, che hai da domandarmi? Sbrigati, per favore.
Guarda l'orologio.
Ti ho accordato più tempo che non avrei dovuto.
Sai che questa mattina c'è il battesimo del bambino? E ho, prima del pranzo, una riunione qua coi consiglieri invitati.
Ti manda tuo cugino? Ti manda la signora madre?
MAURIZIO.
Si, ecco; è appunto per il battesimo del piccino.
- Codesto
nome che vorresti imporgli...
BALDOVINO.
Eh, lo so!
MAURIZIO.
Ma scusa...
- ti pare?
BALDOVINO.
Lo so, povero piccino; è un nome troppo grosso! Rischia
quasi di restarne schiacciato.
MAURIZIO (sillabando).
Sigismondo!
BALDOVINO.
Ma è un nome storico nella mia famiglia.
- Mio padre
Si chiamava così: il mio avo si chiamava così...
MAURIZIO.
Non è una buona ragione per loro, capirai!
BALDOVINO.
Ma neanch'io - tu lo sai - avrei mai pensato...
Scusa,
è mia la colpa? Brutto nome, sì, goffo, specialmente per un piccino...
e...
- ti confesso
Pianissimo .
che se l'avessi avuto - di mio - forse non l'avrei chiamato così...
MAURIZIO.
Ah, vedi? vedi?
BALDOVINO.
Che vedo? - questo anzi deve dirti che non posso, ora.
derogare a questo nome! - Siamo sempre lì! - Non per me; è per
la forma! - Per la forma - tu lo capisci - giacche debbo dargli
un nome - io non posso dargli che questo! - E inutile, sai? è
proprio inutile, che insistano! .
Mi dispiace ; ma non transigo, puoi
dirglielo! - Mi lascino lavorare, perbacco.
Sono futilità, codeste!
Mi dispiace, caro, d'accoglierti così.
- A rivederci, eh? A rivederci.
Gli stringe in fretta la mano e via per l'uscio a sinistra.
SCENA TERZA
MAURIZIO, la SIGNORA MADDALENA, FABIO.
Maurizio resterà come uno che sia lasciato in asso sul più bello.
Poco dopo, dall'uscio a destra entreranno, uno dopo l'altra, la signora
Maddalena e Fabio, mogi mogi, come sospesi alla notizia che attendono.
Maurizio li guarderà e con un dito si gratterà la nuca.
Prima la signora Maddalena, poi Fabio, gli faranno un muto cenno interrogativo col capo quella con occhi pietosi, questi, invece, aggrottati.
Maurizio risponderà con un altro cenno negativo del capo, socchiudendo gli occhi, poi aprirà le braccia.
La signora Maddalena cascherà a sedere, come annientata e resterà li.
Fabio sederà anch'egli, ma tutto aggruppato, con le pugna serrate sui ginocchi.
Sederà anche Maurizio tentennando il capo, e soffierà più di un lungo sospiro per le nari.
Nessuno dei tre avrà forza di rompere il silenzio che li schiaccia.
Ai sospiri soffiati per il naso da Maurizio risponderanno
gli sbuffi a bocca piena di Fabio.
La signora Maddalena non potrà
sbuffare e neanche sospirare.
Scoterà sconsolatamente il capo con
gli angoli della bocca contratti in giù.
A ogni sospiro, a ogni sbuffo
degli altri due.
Gli attori non abbiano timore di protrarre lungamente
questa scena muta.
A un certo punto, Fabio balzerà in piedi e si
metterà a passeggiare, fremente, aprendo e serrando le pugna.
Poco
dopo si alzerà anche Maurizio, si appresserà e si chinerà verso la
signora Maddalena, porgendole la mano per accomiatarsi.
MADDALENA (piano, come se si lamentasse, porgendo anche lei la mano).
Ve ne andate?
FABIO (voltandosi di scatto).
Ma lo lasci andare! Non so con qual coraggio abbia potuto presentarsi qua!
A Maurizio:
Tu non mi guarderai più in faccia!
Si rimetterà a passeggiare.
MAURIZIO (non oserà protestare; si volterà appena a guardarlo, con la
mano della signora Maddalena ancora nella sua, poi dirà, piano).
La
signora?
MADDALENA (piano, come se si lamentasse).
Attende di là al bambino.
MAURIZIO (con la mano della signora Maddalena ancora nella sua, dirà
piano).
Me la ossequi.
Si porterà alla bocca la mano della signora Maddalena e gliela bacerà; poi tornerà ad aprire le braccia.
Le dica che...
che mi perdoni.
MADDALENA.
Oh, lei, almeno.
ha ora il suo bambino!
FABIO (sempre passeggiando).
Si! Si divertirà col suo bambino! .
Appena
egli comincerà a esercitare anche su lui la sua vessazione!
MADDALENA.
E' questo, questo il mio terrore! .
FABIO (sempre passeggiando).
Ha già cominciato col nome!
MADDALENA (a Maurizio).
Credete, da dieci mesi non respiriamo più!
FABIO (sempre passeggiando).
Figuriamoci come lo vorrà educare!
MADDALENA.
E terribile...
- Non possiamo più leggere neanche un
giornale
MAURIZIO.
No? Perché?
MADDALENA.
Mah! Ha certe idee sulla stampa...
MAURIZIO.
Ma...
è duro, in casa? aspro?
MADDALENA.
Che! Peggio...
Garbatissimo! .
- Sa dire le cose per noi
più dure in una maniera...
con argomenti così impensati e che paiono,
stando a sentirlo, così inoppugnabili, che siamo sempre costrette a
fare come vuol lui! - E' un uomo spaventoso, spaventoso, Setti! -
Io non ho più forza neanche di fiatare.
MAURIZIO.
Signora mia, che vuole che le dica? Mi sento proprio annichilito.
Non avrei mai creduto...
FABIO (scattando di nuovo).
Fammi il piacere! Non me ne posso andare
io, in questo momento, perché c'è il battesimo; se no, me n'andrei
subito! Ma vattene, vattene tu! Lo capisci che non posso più sentirti
dire così? Che non posso più vederti davanti a me?
MAURIZIO.
Hai ragione, sì...
Vado, Vado...
SCENA QUARTA
CAMERIERE e DETTI.
CAMERIERE (aprendo l'uscio di fondo e annunziando).
Il signor Parroco
di Santa Marta.
MADDALENA (alzandosi).
Ah, fate entrare.
Il cameriere si ritira.
MAURIZIO.
A rivederla, signora.
MADDALENA.
Ve ne volete proprio andare? Non volete assistere al battesimo? Fareste piacere ad Agata.
- Fatevi vedere, fatevi vedere!
Io spero molto in voi.
Maurizio aprirà ancora una volta le braccia: s'inchinerà, guarderà
Fabio, non oserà neanche salutarlo; e andrà via per l'uscio di fondo,
inchinandosi al Parroco di Santa Marta che nel frattempo, entrerà,
introdotto dal cameriere il quale tornerà a ritirarsi, richiudendo
l'uscio.
SCENA QUINTA
Il PARROCO DI SANTA MARTA, la SIGNORA MADDALENA e FABIO.
MADDALENA.
Benvenuto, s'accomodi, signor Parroco.
PARROCO.
Come sta? come sta, signora?
FABIO.
Reverendo signor Parroco!
PARROCO.
Caro signor marchese! - Son venuto, signora, per prendere
le disposizioni.
MADDALENA.
Grazie, signor Parroco.
Già è stato qui il chierico che lei
ha mandato.
PARROCO.
Ah, bene, bene.
MADDALENA.
Sissignore.
E abbiamo preparato tutto di là.
Anche con
gli arredi che ha portato dalla chiesa.
Ah, è venuto un amore, sa?
Bello! proprio bello! Ora lo conduco a vedere -
PARROCO.
- la signora?
MADDALENA (restando imbarazzata).
Ecco, la faccio chiamare.
PARROCO.
No, se è occupata! Volevo sapere se stava bene.
MADDALENA.
Sì, adesso bene, grazie.
- Capirà, è tutta del suo piccino.
PARROCO.
Eh, me limmagino!
MADDALENA.
Non se ne stacca un momento.
PARROCO.
E il signor marchese, dunque, sarà il padrino?
FABIO.
Già...
si...
MADDALENA.
E io la madrina!
PARROCO.
Ah, questo s'intende...
E...
per il nome? Resta fissato quello?
MADDALENA.
Purtroppo...
Un grosso sospiro.
FABIO (rabbioso).
Purtroppo!
PARROCO.
Però...
sanno...
in fondo...
è un bel santo..
un re! Io mi occupo, modestamente, d'agiografia...
MADDALENA.
Oh, lo sappiamo, lei è un dotto!
PARROCO.
No, no...
per carità, non dica! Studio con passione...
si...
-
Fu re di Borgogna, san Sigismondo, ed ebbe in moglie Amalberga,
figliuola di Teodorico...
Sebbene poi, rimasto vedovo...
disgraziata.
mente sposò una damigella di lei...
una perfida che, per infami
istigazioni, gli fece commettere...
eh, si...
il più atroce dei delitti...
sul proprio figliuolo...
MADDALENA.
Dio mio! Sul proprio figliuolo? E che gli fece?
PARROCO.
Eh...
(gesto delle due mani) - lo strangolò!
MADDALENA (quasi con un grido, a Fabio).
Avete capito?
PARROCO (subito).
Ah, ma si penti, sa? Subito! E si dedicò in espiazione agli esercizi della più rigida penitenza; si ritirò in un'abbazia;
vesti il sajo; e le sue virtù e il supplizio sopportato con santa rassegnazione lo fecero onorare come un martire!
MADDALENA.
Ebbe anche il supplizio?
PARROCO (con gli occhi socchiusi, allunga il collo, lo piega, e poi con
un dito fa il segno della decapitazione).
Nel 524, se non sbaglio.
FABIO.
Non c'è male! Un bel santo! Strangola il figlio...
muore decapitato...
PARROCO.
Ma spesso i più grandi peccatori, signor marchese, diventano
i santi più eccelsi! E questo fu anche un saggio, creda! Si deve a lui
il codice dei Borgognoni, la famosa Loi Gombette! E un'opinione,
veramente combattuta; ma io sto col Savigny che la sostiene...
si si...
si si...
io sto coI Savigny!
MADDALENA.
Per me, Padre, l'unico conforto è che potrò chiamarlo
col suo diminutivo: - Dino.
PARROCO.
Ecco, ecco...
Sigismondo, Sigismodino, Dino...
va benissimo!
Per un bambino - Dino - quadra...
quadra a meraviglia, è vero,
signor marchese?
MADDALENA.
Si! Ma sta a vedere se lui lo permetterà.
FABIO.
Ecco...
appunto...
PARROCO.
Eh, dopo tutto...
se tiene al nome del padre il signor Baldovino...
- bisognerà aver pazienza...
- Dunque, come si resta per l'ora?
MADDALENA.
Ma bisognerà che lo dica lui, anche questo, signor Parroco.
- Aspetti.
Preme un campanello elettrico alla parete.
Lo faremo subito avvertire.
Abbia pazienza un momento.
SCENA SESTA
DETTI, CAMERIERE.
Il cameriere entra dall'uscio di fondo.
MADDALENA.
Avvertite il signore che cè qua il signor Parroco.
Se può
venire un momento...
- Di qua, di qua...
Indicherà l'uscio a sinistra.
Il cameriere s'inchinerà, attraverserà la
scena, picchierà all'uscio a sinistra, aprirà e andrà via.
SCENA SETTIMA
Il PARROCO, la SIGNORA MADDALENA, FABIO, BALDOVINO.
BALDOVINO (entrando, premuroso, dall'uscio a sinistra).
Oh, reverendissimo signor Parroco, onoratissimo della sua visita.
Prego, prego,
stia comodo.
PARROCO.
L'onore è mio.
Grazie, signor Baldovino.
Noi l'abbiamo incomodata.
BALDOVINO.
Che dice, per carità! Sono proprio felice di vederla in casa
mia.
In che posso servirla?
PARROCO.
Favorirmi, grazie.
Ecco...
volevamo accordarci per l'ora del
battesimo.
BALDOVINO.
Ma a sua disposizione, signor Parroco; quando vuole! -
La madrina è qua, il padrino è qua; la comare credo sia di là; io sono
pronto...
la chiesa è qui a due passi...
MADDALENA (con stupore)- Come? .
FABIO (con ira a stento repressa).
Come?
BALDOVINO (voltandosi a guardarli, quasi stordito).
Perché?
PARROCO (subito).
Ecco, signor Baldovino...
si era disposto...
- ma
come? lei non lo sapeva?
MADDALENA.
E tutto pronto di là!
BALDOVINO.
Pronto? Che cosa?
PARROCO.
Per il battesimo! Da celebrarlo in casa, per far più degna!a
festa.
FABIO.
Il signor Parroco stesso ha mandato alcuni arredi della chiesa!
BALDOVINO.
Per far più degna la festa? Mi perdoni, signor Parroco,
non m'aspettavo che lei dovesse dire cosi.
PARROCO.
No, ecco...
intendo.,.
che in città è uso, sa? di tutti i signori
più in vista, celebrare in casa la festa.
BALDOVINO (con semplicità sorridente).
E lei non avrebbe più caro,
signor Parroco, che uno desse lesempio di quell'umiltà, per cui non
c'è signori né poveri davanti a Dio?
MADDALENA.
Ma nessuno vuole offendere Dio, celebrando in famiglia
il battesimo!
FABIO.
Eh via! Scusa...
pare che sia un proposito in te di guastar tutto,
ostacolando sempre ciò che propongono gli altri! - E curioso, via...
che tu...
proprio tu, t'immischi in queste cose e faccia la lezione!
BALDOVINO.
Per carità, caro marchese, non mi far fare la voce grossa.
Vuoi forse la mia professione di fede?
FABIO.
Ma no! non voglio niente!
BALDOVINO.
Se ti pare un'ipocrisia da parte mia...
FABIO.
Non ho detto ipocrisia! Mi pare un puntiglio, ecco!
BALDOVINO.
Vuoi entrare nel mio sentimento? Che ne sai tu? Ma voglio
ammettere tu creda che, secondo il sentimento mio, non dovrei dare
importanza a quest'atto, che voi tutti pure volete compiere...
-
del battesimo! Ebbene; ma tanto più, allora! Se quest'atto non è per
me, ma per il bambino, e io come voi riconosco e approvo che per
lui si debba compiere, intendo che sia compiuto come si deve ; che il
bambino, senz'alcun privilegio che offenderebbe l'atto stesso che
gli si fa compiere, vada in chiesa, al fonte battesimale.
Mi sembra
curioso, piuttosto, che le facciate dire a me, queste cose, davanti al signor Parroco, che non può non riconoscere quanta maggior divozione,
è vero? e solennità abbia un battesimo celebrato, nudamente, nella sua
sede degna.
PARROCO.
Ah, certo! non c'è dubbio!
BALDOVINO.
Del resto, non ci sono soltanto io.
- poiché si tratta del
bambino - che prima di tutto appartiene alla madre - sentiamo
anche lei!
Preme due volte alla parete il campanello
...
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