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per tre vie trar l'anima d'impaccio,
mercé del re, fallace donna, puoi ".
L'empia proposta, che restar di ghiaccio
ogni alma ardente avria fatto fra noi,
nulla mi sbigottÃ, nulla mi mosse,
anzi stimai che in lei mia gioia fosse.
45
Con intrepido core e fronte ardita,
con gli occhi fissi a le mie stelle forti,
presi il ferro, la corda e il tosco. Uscita
fuor d'ogni speme, volsi con tre morti
tormi ad un tratto una noiosa vita,
et mi fecero i cieli ingiusti torti,
non mi lasciando con le mandate armi
appendermi, ferirmi e avelenarmi.
46
Io, mendica di speme, il laccio presi
per richiuder la via del spirto mio;
ruppesi quel tosto ch'a lui m'app[r]esi.
Il tosco bevvi con mortal desio,
né con la vertú sua mio corpo offesi,
che contra quel presi il ripar già io.
Strinsi il coltel per trapassarmi il core,
ma ratto entrò tra 'l ferro e 'l petto Amore,
47
Amor, che in mezzo al mio desio si misse,
non per camparmi, anzi per piú martÃre,
et alzando io la mano: " O Folle ", disse,
" come ti può l'alma e 'l cor soffrire
d'offender l'idol tuo, che a luci fisse
mira la spada che lo vuol ferire? ".
A questo suon restò sospeso il colpo,
che lui e Amor del duol ch'or pato incolpo.
48
Io aveva ritratto al naturale
di serica opra il mio signor nel petto,
in vista dolce, a quella propio eguale
ch'ei mi porgea ne l'amoroso affetto,
e mentre il ferro discendea mortale
di man mi cadde, onde ebbi piú rispetto
a la imagine sua di spirto priva
ch'ei non ebbe a la mia senza cor viva.
49
Allora quel, che ne le notti inferne
nacque, perch'io morissi d'ogni morte
trar femmi in mar; ma l'alme dee eterne
sacre a Nettunno uscir pietose e accorte
da l'ampie, salse et umide caverne,
e lor mercé, non bontà de la sorte,
mi salvaro; e 'l miracolo piú sdegno
crebbe in colui de la mia fede indegno.
50
Ei, per mostrar che 'l mio mal prende a gioco,
con rabbioso, ostinato e inuman zelo
accender fece in sua presenza un foco,
et io a lui: " Sgombra da gli occhi il velo,
ch'a tormi l'alma tal martÃre è poco,
perché farieno a piovere col cielo
questi occhi, e con il mar, ch'entro vi sento,
la fiamma e il foco avrò consunta e spento ".
51
Ma parlo a l'ombra di teatro o loggia:
il fuoco è acceso, e mentre in mezzo a quello
era gittata, ecco una orribil pioggia
ch'avria spento ancor seco Mongibello,
ond'io, ch'ardea d'una piú strana foggia,
non arsi, ond'il mio sposo e amante fello,
per far il fier desio di me satollo,
stender mi fe' l'umÃl tenero collo;
52
poi, chiamato un uom reo, com'egli fero,
disse: " La testa vil tronca a costei ".
Mia morte è in l'aria e giú piomba l'altero
colpo crudele, fin de i dolor rei;
mi trema ancor pensandoci il pensiero,
fa il membrarlo agghiacciar gli spirti miei,
che smarriti nel cor sen fuggir via
quando al collo sentir la spada ria.
53
Il ciel, che tanto mal soffrir non volse
sol perché io sia d'angoscie albergo e nido,
dove il ferro non taglia in me rivolse,
onde s'udà sonare il comun grido,
che da gli animi altrui pietate asciolse,
il qual con pregar dolce, umÃle e fido
dicea, mostrando il cor ne le parole:
" Non die' volersi quel che 'l ciel non vole ".
54
Ma nulla vale. Ove abita un leone
fe' pormi l'inventor di crudeltade,
il qual ebbe di me compassione,
forse onorando la mia nobiltade,
over che la sua alta condizione
con donna afflitta e in giovenetta etade
non si degnò di pur guardarmi appena;
ma gli fui tolta e data a un'altra pena.
55
Dentro il carcer mortal rinchiusa io fui
e viva in crude tenebre sepolta.
Le mie lagrime e 'l duol, caro a colui
di ch'io ragiono, cibarme ogni volta;
quel ch'io soffri' vederlo ora in altrui
mai non potrei, e chi mia sorte ascolta
e non piagne o sospira in luce tetra
è in carne e in ossa una insensibil petra.
56
Stetti in quel nuovo et empio abisso chiusa
la terza parte d'una fredda luna,
tanto a nudrirmi de le mie pene usa
che ne stupia fin la mia rea fortuna.
Ogni cor pellegrin di biasmo accusa
quel monstro uman che non ha pièta alcuna,
anzi al suon de l'oneste alte querele
piú rigido tornava e piú crudele.
57
Le preghiere d'altrui cortesi e pie,
per cui dovea il cor rintenerire,
noiose gli fur sà che notte e die
rinovar meco gli facevan l'ire,
e per saziarsi de le pene mie
molti archi e strali a sé fece venire,
poscia al busto d'un albero legarmi
et inumanamente saettarmi.
58
Ch'il crederà ? Mentre da gli archi uscia
questo e quel strale a tormi l'alma intento,
de le saette il fier nembo partia
per miracol divino il mobil vento,
e quanto il ferro piú dritto venia
per darmi al cor, di quel ferir contento,
tanto piú il pietoso vento in vano
fece il colpo da me cader lontano.
59
Al fine elesse una superba torre,
alta e profonda, perch'io cada giuso,
ond'io mi sento in crude braccia torre
e subito portar, mesta, lassuso.
Tevere et Arno sà ratto non corre
per lo suo letto qua e là diffuso,
qual corse il rio ch'ogni mio ciglio sparse
quando la mia persona in alto apparse.
60
Già le mie care membra non pians'io,
che mi dovean fiaccar le ruine adre:
altamente temea lo spirto mio
d'incontrar l'ombra del mio caro padre,
che certo detto avria con parlar pio
ne la presenzia di mia dolce madre:
" O cielo, o abisso, che puoi legge darne,
costei spogliommi, io le vesti' la carne ".
61
Orsú, io fui gittata de la mole,
che col ciel contendea d'altezza quasi;
corse a veder l'empia ruina il sole
e pianse i miei troppo infelici casi;
sonaro le mie ultime parole:
" Voi, che dopo di me sete rimasi,
con chi viene scusatemi, ch'errai
d'ogni altra piú, che piú d'ogni altra amai ".
62
I panni d'or, gonfi da i venti, fanno
al mortal cader mio vivo sostegno,
tal che senza disconcio e senza affanno,
quasi ch'io fosse di penne, giú vegno.
Questo ultimo miracol d'ogni danno
mi ristorò, perché il mio sposo degno
in tal compassione a un tratto cade
che pianse di stupore e de pietade,
63
e con pianti e sospir le braccie porse
al collo a me con tenerezza tanta
che lo spirito quasi col piè corse
fuor de l'uscio del cor, che mi si schianta
pensando al caso non piú inteso forse;
e fu la non sperata pietà santa
per fare in me, dopo gli strazii e i torti,
quel che far non potero undici morti.
64
Ei, che pur ora al duro core avea
piú ghiaccio che non ha di monte falda
ove il sol mai a stagion buona o rea
penetrando non vien con luce calda,
di me pietoso in tante fiamme ardea
che con meno Cupido arde e riscalda
mille anime gentili e mille cori,
e sol pensando in me par che s'accori.
65
Le piú superbe nozze e le piú rare
fece ordinar con pompa gloriosa
ch'uman pensier si possa imaginare
e di nuovo mi fe' sua donna e sposa.
Venne la notte e quando coricare
mel viddi a lato con gioia amorosa
dissi, volgendo a lui l'anima e 'l viso:
" Io son teco, signore, e in paradiso ".
66
Ei con le nude e preziose braccia
parte cingendo de le membra mie,
chinando umÃle la sua nobil faccia
le luci affisse mestamente pie
ne gli occhi miei, onde l'alma s'agghiaccia
quel sol mirando a le mie notti die,
che mi parea che non so che di male
m'apparecchiasse il suo mirar fatale.
67
Pensosa io 'l guardo et ei con pensier mira
questo viso e mirando immobil fassi.
Chi ha visto un uom quando fuor l'alma spira
vede colui ch'a rimirarmi stassi.
Io dicea col mio cor: " Forse il martira
il mio soffrir, ch'a pièta ha mosso i sassi ";
et era ver che 'l suo pensier gli avea
spiegato in mente ogni mia pena rea.
68
Il pensier gli spiegò ne l'alta mente
mia sola fé, che tal non fu né fia;
gli addita me che gli do puramente
padre, madre e fratel com'ei desia,
e pate quel dolor teneramente
che soffrisce un mentre ch'a vol s'invia
di madre, di fratel, di padre l'alma,
grave a la carne piú d'ogni altra salma.
69
Vede il foco ch'abrucia archi e teatri,
de gli dei e dei re le case e i tempî
e n'ha quel duol ch'avria se de' suoi patri
vedesse in cener gir gli antiqui essempi.
Pensa a la siepe armata di spini atri
che dovea lacerarmi in feri scempi,
et a quella pensando, ogni sua punta
mortalmente ne l'anima gli è giunta.
70
Ecco che dice " ohimè! ", e tremando io
tremare il veggio e al ciel comporre il ciglio,
che vede trappassar dal coltel rio
suo propio cuor come suo proprio figlio;
ma d'assai vinse il suo dolore il mio,
che, mio mal grado, uscà da lui il consiglio
ch'uccise con un ferro a un colpo solo
la sua succession nel suo figliuolo.
71
Innocente mi vede al laccio appesa
e gli par che 'l suo collo il fune prema;
vede bermi il veneno e quella offesa
sente nel core e sbigottito trema;
mira la spada ch'ho ne la man presa
per tormi l'alma, ond'avien ch'ei ne gema,
perché il ferro, ministro al crudo effetto,
si sente fitto nel core e nel petto.
72
Il mar profondo ove gittommi vede
e summerger pargli ivi a poco a poco;
per se stesso mercé piangendo chiede
nel rammentarsi che viva nel foco
fe' pormi a torto, perch'egli si crede
le propie membra abruciare in quel loco;
pargli che 'l colpo nel suo collo cada
nel pensar qual nel mio giunse la spada.
73
Guarda il leon famelico che mira
me misera con orrido sembiante,
e credendo che venga seco in ira
pallido fassi, gelido e tremante;
pensa ch'io stetti ne la prigion dira
senza cibo assai dà con pene tante,
e ciò pensando l'assalgon le brame
di lunga, ingorda e insopportabil fame.
74
Ei seco pensa a le saette dure
che piovevan da gli archi in schiera forte
per rompermi le membra, e le paure
ch'io ebbi alor di cosà fera morte
circondan lui e fa le ciglia oscure,
ch'esser giunto li pare a simil sorte;
e la torre u' fe' trarmi rimembrando
cadde ne le mie braccia sospirando.
75
Ne le mie braccia cadde e ratto al core
si ristrinser gli spiriti vitali
e diventaro un'anima che fore
uscir volendo, aperse ambe due l'ali.
Io il sento molle in gelido sudore,
freddi ha gli estremi de i membri mortali,
e gli fur queste braccia, ahi sorte dura!,
gioia, duol, vita, morte e sepoltura.
76
Non fu nulla il veder mio genitore,
la pia madre, il buon frate e il figlio caro
morir di ferro, e l'incendio e 'l furore
che il mio regno abatté, piú tempi chiaro;
poco fu ogni spezie di dolore
che il mio corpo provò con martÃr raro:
doglia si può chiamar quella partita
che mi tien viva e seco ha la mia vita.
77
Io so ben che il suo fin, d'amanti essempio,
gran giustizia è d'Amor, ma dovea io
patir per lui perché 'l suo cor fece empio
natura no, anzi il peccato mio;
ma il ciel mi face (per cui di duol m'empio)
de l'error piú di lui pagare il fio;
e che sia 'l vero, ei gà del mondo fora
sola una volta et io vi vado ogn'ora -.
78
Seguitava la donna e dir volea
il nome suo e come disperata
partÃ, morto il suo dio, con pena rea
mentre istoria sà dura ha racontata,
ma le parole in bocca le rompea,
facendo a punto ne la selva entrata,
un rumor che direste, o cade il mondo,
o il centro ha fin sotto il terrestre pondo.
FINIS